Vittorio Foa: “...senza la libertà dal bisogno le altre libertà sono precarie”. La realtà ci conferma la verdicità di questa affermazione del grande sindacalista della Cgil che ci ha lasciato nel 2008. Cresce la precarietà del lavoro e con essa l’insufficienza del reddito a far fronte ai bisogni essenziali per sé e per una famiglia.

La recente ricerca “Il disagio occupazionale e la disoccupazione sostanziale nel 2021 in Italia” di  Giuliano Ferrucci e Nicolò Giangrande  (Fondazione Giuseppe Di Vittorio)  evidenzia che sono ben 9 milioni di persone in difficoltà lavorativa e che la disoccupazione sostanziale è stimata al 16%. (vedi allegato)

Questo dovrebbe essere il problema al centro del dibattito politico anziché disperdersi in altri pur importanti temi della vita sociale, ma certamente non così urgenti per le persone e le famiglie, come la mancanza e la precarietà del lavoro. I sindacati confederali unitariamente potevano, e potrebbero ancora, influenzare il dibattito ma hanno scelto diversamente per posizionarsi ognuno con la propria identità. Su questo cruciale problema della precarietà e del lavoro povero nei giorni scorsi è stata inviata una Lettera aperta ai segretari confederali, da Savino Pezzotta a nome di “Prendere parola”, con alcune precise proposte vedi link https://sindacalmente.org/content/chi-sta-peggio/

Sul sito della Cgil è stato postato questo commento < In Italia sono oltre 9 milioni i cittadini in seria difficoltà lavorativa: disoccupati, vittime della precarietà, del lavoro povero e che si trovano di fronte a numerosi impedimenti nella ricerca di occupazione. È quanto emerge dall’ultimo rapporto diffuso dalla Fondazione Di Vittorio dal titolo “Il disagio occupazionale e la disoccupazione sostanziale nel 2021 in Italia”. Secondo una stima, considerata dalla FDV “prudenziale, ma molto realistica”, sono circa 4,3 milioni le persone nell’area della disoccupazione sostanziale. L’indice di disoccupazione sale così al 16,0%, a fronte del dato ufficiale del 9,5%.

Foto:Stefano Corso (da Flickr)

L’indice di disoccupazione sostanziale è sensibilmente più alto tra le donne (18,6%) e tra i giovani fino a 24 anni di età (34,2%), resta sopra il 20% nella classe 25-34  anni. Ma anche fra chi lavora, è in forte crescita un’area di disagio occupazionale che, come spiega il Presidente della Fondazione Fulvio Fammoni “alimenta progressivamente il bacino del lavoro povero, legata all’aumento del tempo determinato involontario ed ai conseguenti vuoti di attività; al part-time involontario, agli occupati sospesi, vale a dire gli assenti dal lavoro per un periodo pari o inferiore a tre mesi”.

Il disagio, come rileva la FDV, è più frequente nell’occupazione femminile (28,4%) che in quella maschile (16,8%); è molto diffuso tra i giovanissimi (15-24) che entrano nel mercato del lavoro (61,7%) e interessa un terzo dei giovani occupati tra 25 e 34 anni; l’indice di disagio decresce con l’età ma è ancora sopra il 20% nella classe 35-44 anni. L’indice di disagio è ampiamente sotto il 20% nelle ripartizioni settentrionali, e si colloca tra il 27% ed il 30% nel sud e nelle isole, decresce con il titolo di studio: dal 32,2% degli occupati con la licenza elementare al 18,1% di quelli con titolo universitario.“

In sostanza – sottolinea Fammoni – sono oltre 9 milioni di cittadini ad avere problemi rilevanti con il lavoro, perché disoccupati, impediti da fattori oggettivi nella ricerca di lavoro o non soddisfatti della propria condizione lavorativa, che subiscono in modo involontario e che troppo spesso colloca queste persone nel bacino del lavoro povero”.

Infine, la precarietà nel lavoro aumenta in modo significativo. Nel 2008 gli occupati erano stimati in circa 23 milioni, ma i tempi determinati erano 2,4 milioni, oggi, con un numero simile di occupati, i precari sono 3,2 milioni (800 mila in più).“La ricerca della FDV – afferma la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti – è la fotografia di un Paese in declino che ha urgenza di investimenti orientati e finalizzati alla crescita dell’occupazione, ma anche di interventi di regolazione del mercato del lavoro per migliorarne la qualità”.

Per la dirigente sindacale “tre i dati su tutti da evidenziare: una crescita dell’occupazione trainata più dal calo demografico che non dalla spinta della crescita del Pil, una fascia di disagio occupazionale che ormai coinvolge quasi due cittadini su dieci. Giovani e donne segnano purtroppo i dati peggiori”.

Per questo, secondo Scacchetti “occorrono nuove politiche industriali che sappiano guidare una giusta transizione e scommettere sull’innovazione digitale; un nuovo ruolo dello Stato che, a partire dal sistema pubblico e dalla garanzia dei diritti di cittadinanza, si ponga l’obiettivo della piena e buona occupazione; interventi che abbiano come obiettivo la crescita dei salari e la rimodulazione e riduzione degli orari di lavoro; un intervento deciso per contrastare la precarietà e favorire la buona regolazione del mercato del lavoro”. Infine, sottolinea la segretaria confederale “la condizione di eterna precarietà e di forte disagio nel mondo del lavoro non solo frena i progetti di vita dei singoli, ma racconta di un modello di sviluppo sbagliato che gioca la sua competitività sul lavoro povero e compressione di diritti. Un modello di sviluppo – conclude Scacchetti – che va cambiato”. >

In allegato articoli di commento alla ricerca della Fondazione Di Vittorio

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