Nell’estate le notizie sulla sanità e sul Covid sono state poste in secondo piano, pur avendo registrato molti decessi con il Covid, per dare via libera alla ripresa economica nel settore turistico. E’ assai probabile che il Covd si ripresenterà con le note caratteristiche nell’autunno e nell’inverno, come avvenuto nei due anni passati. La sanità pubblica, in grave affanno su servzi essenziali, è pressoché assente nel dibattitto dalla campagna elettorale nonostante le ferite inferte dalla pandemia. Sulla grave carenza di medici e infermieri (da Nord a Sud) scrive Viviana Daloiso che trovate con questo link https://www.avvenire.it/attualita/pagine/la-sanita-senza-medici-ne-infermieri-ai-partiti-manca-ancora-una-ricetta

Marzio Bartoloni  in “Le sette emergenze da affrontare“, su Il Sole 4-9-22, descrive la gravità strutturale della sanità pubblica. < È la grande assente di questa campagna elettorale. Dopo oltre due anni di pandemia e la retorica degli «angeli» in camice bianco la Sanità è stata dimenticata dalla politica che sembra concentrare i suoi slogan solo su caro bollette, tasse e pensioni. Eppure dopo lo tsunami del Covid le grandi fragilità del Servizio sanitario nazionale sono venute a galla e sono lì davanti agli occhi di tutti. E se il Pnrr rilancia gli investimenti in infrastrutture, manca l’investimento nell’infrastruttura più importante, quella che regge in piedi tutto il Ssn: medici e infermieri. La nuova Sanità territoriale del Pnrr rischia di aprire scatole vuote (case e ospedali di comunità) senza fondi sufficienti per le assunzioni, mentre non si capisce ancora quale ruolo avranno i medici di famiglia, sempre di meno e “marginalizzati” dal Covid. A conti fatti servono oltre 80mila operatori (tra medici e infermieri) che non si possono assumere perché c’è un tetto alla spesa da oltre 15 anni, con gli ospedali sempre più in crisi ora che c’è da recuperare le liste d’attesa e con i pronto soccorso vicini al collasso.

Pronto soccorso – immagini frequenti…

E così c’è chi come la Liguria ricorre alle cooperative o chi come la Calabria ai medici cubani. Senza contare il capitolo formazione: manca una programmazione dei posti mentre si insegue la sirena dell’abolizione del numero chiuso a Medicina e non è chiaro con quali competenze si gestirà la nuova sanità digitale. Insomma l’allarme rosso continua a suonare ma paradossalmente dopo la pandemia nessuno ha più voglia di sentirlo.

1 – La riforma – Sanità territoriale ancora tutta da attuare – Approvata la riforma con gli standard del territorio prevista dal Pnrr che investe 7 miliardi si stanno aprendo i cantieri delle nuove strutture – case e ospedali di comunità – che cominceranno a curare i primi pazienti già dal 2023 con le cure a casa che dovranno raggiungere il 10% degli over 65. Solo che i fondi per assumere il personale non solo ancora non sono stati assegnati alle Regioni (da 8 mesi è atteso un decreto Mef-Salute), ma come ha segnalato anche l’ufficio parlamentare di bilancio in un documento di inizio agosto scorso le risorse per far funzionare la nuova Sanità territoriale sono «incerte».

2 – Gli studi medici – Sos Medici di famiglia: pochi e senza ruolo – I medici di famiglia sono finiti più volte nel mirino durante la pandemia per un ruolo piuttosto marginale nella lotta al virus accresciuto da una grave carenza in alcune aree del Paese. Da più parti, sono arrivate pressanti richieste per modificare il loro rapporto di lavoro (libero professionale) che rende difficile la loro completa integrazione. Il premier Draghi aveva annunciato la riforma anche nel suo discorso a luglio in Parlamento – l’idea era di vincolarli a “spendere” un certo numero di ore dentro le nuove case di comunità – ma con la caduta del Governo è tutto tornato nei cassetti. E ora bisogna ripartirà da zero.

3- Il personale – Medici e infermieri: carenza sempre più grave – Dopo dieci anni di tagli durante l’emergenza Covid è scattata la corsa alle assunzioni per provare a riempire i tanti “buchi” nelle corsie con 15mila nuovi ingressi a tempo indeterminato e un boom di contratti a tempo determinato (oltre 50mila). Solo che ne mancano ancora 20mila per tornare ai livelli di 10 anni fa. Secondo le stime dei medici ospedalieri (Anaao) e degli infermieri (Fnopi) il reale fabbisogno è di 80 mila tra medici (12mila) e infermieri (70mila). Solo che ci sono due ostacoli fondamentali: la difficoltà a trovare operatori già formati visto l’imbuto formativo del passato e il tetto di spesa del personale che prevede che non si superi il costo del 2004 a cui sottrarre l’1,4%.

4 – In ospedale – Pronto soccorso vicini al collasso – Sono la prima trincea degli ospedali e sono al collasso: poco personale, stressato e costretto a turni massacranti. Il ministro Speranza ha previsto da poco una indennità per chi lavora nei pronto soccorso ma la fuga dei medici non si ferma. Anche perché già all’università restano scoperte migliaia di borse di specializzazione in emergenza perché nessuno vuole seguire questa carriera così logorante.

5 – La formazione – Da medicina alle borse senza programmazione – Dopo anni di imbuto formativo (poche borse di specializzazione per i laureati in medicina) da tre anni si è invertita la rotta: ora per il futuro sono previste 12mila posti per specializzarsi a fronte, quest’anno, di 15mila ingressi al corso di laurea in Medicina. Diversi partiti evocano ora l’abolizione del numero chiuso il che potrebbe creare negli anni un fenomeno inverso, quello della pletora di medici. Per questo serve una programmazione pluriennale tra posti in Medicina e borse di specializzazione da calibrare in base alle uscite e ai reali fabbisogni.

6 – La digitalizzazione – La telemedicina parte senza competenze – Il Pnrr investe 1 miliardo nella telemedicina e 1,38 miliardi per far decollare il fascicolo sanitario elettronico che dovrà contenere e rendere disponibile entro il 2025 tutta la storia medica del paziente on line. Ma la svolta digitale rischia di essere messa a repentaglio dalla mancanza di competenze e tecnici per gestire questo passaggio negli ospedali e negli studi dei medici di famiglia.

7 – Il finanziamento – Fondi sul Pil in calo e senza misurare gli esiti – Dopo l’emergenza Covid il Fondo sanitario nazionale è passato da 114 miliardi a 124 miliardi. Ma questa spinta al rifinanziamento del Ssn potrebbe fermarsi. Nell’ultimo Def la spesa sanitaria è prevista decrescere a un tasso medio annuo dello 0,6 per cento, passando al 6,6% del Pil nel 2023 e poi al 6,3% nel 2024 e al 6,2% nel 2025. Saranno sufficienti o si tornerà ai tagli? Anche per rispondere a questa domanda è sempre più urgente un meccanismo per misurare come viene spesa questa ingente mole di risorse da parte delle Regioni (la sanità è regionale). Senza misurare gli esiti è difficile capire qual è il fabbisogno del Ssn.>

Silvio Garattini in ” La buona sanità che serve all’Italia” , su L’Avvenire, pone ai partiti politici queste tre domande

  • Prima domanda: ‘Cosa si propone per fare in modo che il Servizio sanitario nazionale risponda alle richieste di salute della popolazione?’.
  • Seconda domanda: ‘Come si vuol risolvere il problema della mancanza di medici e infermieri ormai preoccupante in molte parti del Paese?’
  • Terza domanda: ‘È chiaro a tutti che la medicina del territorio ha bisogno di una nuova organizzazione. Come fare?’. testo completo con questo link https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/tre-domande-a-tutti-i-partiti

L’Agenda Cisl per il nuovo Governo dedica 18 righe, assai generiche, al capitolo “Una Sanità capillare e moderna”.

< L’emergenza epidemiologica, se per un verso ha evidenziato il grande valore del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), per altro ne ha messo in luce anche alcuni limiti, per lo più strutturali e di vulnerabilità. In particolare, sono emerse significative disparità territoriali nell’erogazione dei servizi, soprattutto in termini di prevenzione e assistenza sul territorio, tempi di attesa e grado di integrazione tra servizi ospedalieri, territoriali e sociali. Da ciò ne discende che la Sanità dovrebbe rientrare tra i settori strategici sui quali focalizzare l’attenzione. Sarà, quindi, fondamentale procedere a una corretta attuazione degli investimenti e delle riforme previste nel PNRR allo scopo di dotare il Paese di un sistema sanitario capillare e moderno mantenendo, al contempo, particolare attenzione rivolta al capitale umano che in esso opera. In questo senso le priorità da perseguire nell’ambito della Sanità, oltre ad un ulteriore implementazione del Fondo Sanitario Nazionale e ai rinnovi contrattuali ormai urgenti, vanno dal superamento del tetto di spesa per il personale, per consentire le improcrastinabili assunzioni, alla stabilizzazione dei precari, dall’attuazione della riforma sull’assistenza territoriale alla costruzione di una concreta sinergia tra ospedale e servizi territoriali, dall’ investimento sulla crescita e formazione del personale sanitario e socio-sanitario all’incremento delle risorse per l’aggiornamento dei LEA e l’abbattimento delle liste d’attesa, fino alla necessaria accelerazione dell’integrazione tra le Missioni 5 (inclusione) e 6 (salute) del PNRR. C’è infine da puntare sulla diffusione della medicina di genere per una salute sempre più a misura di persona.>

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