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LE CAPITAL AU XXI SIECLE – T.Piketty – tassare la ricchezza –

La ricchezza deve essere tassata. Il nuovo quotidiano Pagina99 ha riprodotto, il 17 febbraio, l’intervista all’economista francese Thomas Piketty autore del libro Le Capital au XXI siècle.  L’intervista è stata pubblica su Le Nouvel Observateur. L’autore risponde così alla prima domanda di F.Armanet e JG.Fredet «Sì. In questo libro ho cercato di scrivere la storia del capitale a partire dal XVIII secolo e di trarne insegnamenti per il futuro. Per fare qualche progresso su una questione tanto complessa bisogna procedere con pragmatismo e utilizzare tanto i metodi degli storici, dei sociologi e dei politici quanto quelli degli economisti. In questo lavoro ho cercato di raccogliere fonti storiche più complete possibile sulla dinamica dei redditi e dei patrimoni, prendendo in considerazione tre secoli e più di venti paesi. Questo mi ha permesso di riprendere il filo delle grandi controversie su queste questioni, da Marx a Kuznets passando per Malthus e Leroy-Beaulieu, ma con molti più dati ».

L’intervista è articolata in nove interessanti domande, nell’ultima Tohomas Piketty descrive perché si debbano fare grandi passi nella tassazione della ricchezza e dei grandi patrimoni. La sua conclusione è quella sotto riprodotta.

Lei fa campagna per instaurare un’imposta progressiva sul capitale. Un’utopia?

«L’imposta progressiva sul reddito è stata la grande innovazione fiscale del XX secolo. L’imposta progressiva sul capitale potrebbe giocare un ruolo analogo nel XXI secolo. È l’istituzione adeguata a permettere alla democrazia e all’interesse generale di riprendere il controllo degli interessi privati e delle dinamiche non egualitarie all’opera, pur preservando l’apertura economica e le forze della concorrenza, respingendo i rigurgiti nazionalisti, protezionisti e identitari che condurranno solo a frustrazioni ancora più terribili».

«A dire il vero, esistono già un po’ dappertutto imposte annuali sul patrimonio, in particolare quello immobiliare, attraverso tasse fondiarie. Certi paesi, come la Francia e la Svizzera, hanno anche un’imposta progressiva sul patrimonio globale (immobiliare e finanziario), tipo imposta sulla ricchezza. La Spagna ha ristabilito l’imposta sulla ricchezza che Zapatero aveva soppresso. Monti ha introdotto in Italia una nuova imposta sul patrimonio (sfortunatamente con un tasso otto volte più alto sull’immobiliare che sugli attivi finanziari, che ha provocato un fortissimo senso di ingiustizia). Questa questione adesso è dibattuta attivamente in Germania. Tenendo conto degli altissimi livelli di capitalizzazione patrimoniale osservati attualmente in Europa e della stagnazione dei redditi e della produzione, bisognerebbe essere pazzi per rinunciare a una base fiscale simile: questo va al di là della destra e della sinistra.

«Il problema è che imposte simili non possono essere prelevate correttamente a livello strettamente nazionale: bisogna anche passare su scala regionale, continentale, perfino mondiale. Può sembrare utopistico. Ma in un certo senso è in questa direzione che vanno i progetti attualmente in discussione di trasmissione automatica di informazioni bancarie internazionali. Simili accordi permetterebbero a ogni amministrazione nazionale di realizzare un sistema di dichiarazione dei patrimoni precompilata che raccolga tutti gli attivi immobiliari e finanziari di un dato individuo. Per arrivare a questo, bisognerebbe tuttavia applicare sanzioni molto più pesanti di quelle pensate attualmente (compresa la recente legge americana, che è molto più timida di quanto talvolta si senta dire). In questo campo esiste uno scarto a volte abissale tra le dichiarazioni trionfalistiche dei responsabili politici e la realtà di quello che fanno. Soprattutto, questa questione della trasparenza finanziaria è inseparabile dalla riflessione sull’imposta sul capitale. Se non si sa molto bene che cosa si vuole fare di tutte queste informazioni, allora è probabile che questi progetti facciano fatica ad andare a buon fine.

«Piuttosto che continuare a liberalizzare ancora di più gli scambi commerciali proprio quando non sono mai stati così liberi, ecco un obiettivo molto più utile che il futuro trattato euro-americano potrebbe darsi: un’imposta minima sul capitale basata su un vero catasto finanziario mondiale».

Allegato  il testo completo dell’intervista a Thomas Piketty realizzata da François Armanet e da  Jean-Gabriel Fredet per Le Nouvel Observateur

Allegato:
le_capital_au_xxi_siecle_piketty.doc

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