Stefano Massini, crittore e drammaturgo,  pubblica su La Repubblica del 29 luglio, un vadecum in dieci punti per le prime elezioni politiche italiane che si svolgono in estate. Di seguito il curioso e interessante articolo “Elezioni sotto l’ombrellone un decalogo per sopravvivere tra bermuda e Miss Pareo

Una donna anziana piegata dal peso della spesa, un uomo in canottiera alla fermata del bus, una mamma con tre bambini sotto la canicola… Mi fisso a guardarli, e dentro di me si fa strada una domanda: ma cosa sta capendo la gente, fra agende Draghi e collegi ridisegnati, fra diaspore di forzisti e vizi del Rosatellum? Cosa sente, la gente vera, di questa imboscata estiva che promette slogan elettorali a raffica da Rimini a Maratea?

Stefano Massini (Photo Ernesto Ruscio)

Se agosto è il mese delle ferie, quello in cui amiamo percepire come una cappa di torpore, da siesta messicana, che scende sulle città sospendendone i rumori e rimandandone i quotidiani duelli, come si concilierà tutto questo con gli strali della contesa elettorale, con i suoi colpi incrociati, ma soprattutto con l’urgenza dell’ascolto, impossibile nel caos?

Temo che l’unico metodo per penetrare la coltre della generale distrazione balneare sarà, per assurdo, accordare la campagna elettorale sullo stile della chiacchiera fra sdraio, riducendo il tutto ai minimi termini, prestandosi a dibattiti da bagnasciuga, intonando frasi fatte purché siano orecchiabili come il tormentone su Spotify, ma soprattutto azzerando le criticità, memori che nessuno vuol inquinarsi le sacre vacanze con i presagi del rientro.

Quasi tre secoli sono passati da quando Goldoni immortalava le villeggiature nostrane nel suo capolavoro, ma identica è rimasta quell’illusione di un tempo altrove, in cui simularsi diversi, in cui giocare, in cui chiudere la normalità fra parentesi, regalandosi ad ogni costo un’evasione.

Ecco, il più alto rischio è che l’evasione si traduca in mantra, con una campagna elettorale che nel tripudio di bermuda e tanga perderà ogni residuo di argomentazione, ogni contatto con il reale, e piuttosto che definire impegni e soluzioni, si tramuterà volentieri nel concorso di Mister Simpatia e Miss Pareo. Tentiamo allora, ai nastri di partenza, di formulare un decalogo, che – come un manuale di “Elezioni sotto l’ombrellone” – valga come promemoria ogni qual volta doveste percepire che il tono del dibattito toglie l’ancora dei problemi veri e spaccia la nave Italia come un qualunque pedalò.

1) Quali sono le urgenze del Paese – Direte che come inizio sembra una domanda fin troppo generica. E invece no, non lo è affatto. Anzi, è più che mai concreta, perché stiamo per ricevere la manna dal cielo (pardon, da Bruxelles) dei fondi PNRR, programmati per giungere entro tre anni, e comunque da spendere non oltre il 2026. Significa che chiunque vincerà le elezioni si troverà a ricevere e gestire un fiume di denaro, tale da mutare del tutto il profilo dell’Italia. La posta in palio, dunque, è altissima. Ma dove abbiamo bisogno di investire? Scuole?Energia? Sanità? Infrastrutture? Oppure in sicurezza? Spese militari? Rafforzamento delle frontiere? Si chiama dibattito. O almeno dovrebbe.

2) Cosa fare in Ucraina – Ai confini dell’Europa c’è in corso una guerra (sia detto nel caso in cui l’Ucraina fosse già retrocessa fra le ex notizie a cui ci siamo assuefatti). Mai finora era successo che la pace nel Vecchio Continente diventasse un bene a rischio, ed è evidente che i partiti italiani hanno posizioni e punti di vista divergenti sullo stesso coinvolgimento oltre che sui livelli di adesione al fronte anti-Putin. Certo, parlare di guerra e di bombe non sarà garanzia di ameno relax mentre prendi il sole, ma in vista del voto ignorare il problema è pericoloso se non devastante.

3) Se il virus ricompare – Velocissimi ad archiviare, siamo stati lieti ben lieti di collocare il Covid fra i capitoli chiusi e sigillati. Peccato solo che la biologia non assecondi sempre l’umano percepire, e si ostini a combattere la sua lotta per la sopravvivenza, simmetrica alla nostra. Normale dunque che nel valzer delle varianti ci sia spazio per ennesime ondate e nuovi appelli al vaccino. Quali sono le posizioni di chi si candida a governare? Gli Usa e il Regno Unito hanno scelto di ignorare il virus, la Cina persegue ancora la strategia dura dei lockdown: noi come ci poniamo? Potremo anche far finta di nulla, ma ciò non toglie che nel frattempo il virus si vada riorganizzando, del tutto indifferente su chi siederà al dicastero della Salute.

4) L’ambiente è un tuo problema – C’era una volta un tempo in cui potevamo illuderci che l’ecologia fosse solo appannaggio degli ecologisti. Erano bei tempi, quando ancora credevamo che batterci per l’ambiente fosse un hobby carino cui dedicare cortei domenicali e scampagnate nel verde. Nel 2022 tutto è mutato: il caldo estivo si è mutato in un microonde, i fiumi si prosciugano, zone intere si desertificano, mentre i tornado sono ormai ospiti consueti anche alle nostre latitudini. Cosa fare? Adottare politiche di emergenza sembra vitale, ma ci sono punti di vista diversi se non addirittura minimizzazioni. Chi vuol governare è tenuto a dirci se sarà nemico o complice della catastrofe già in atto.

5) Lavorare è ancora un diritto – Dopo la pandemia che ha bloccato, mutato e ridefinito i perimetri del mondo del lavoro, assistiamo a un Far West senza precedenti in cui la giungla del precariato si è popolata di piante carnivore e centinaia ci rimettono la vita. Il mondo del lavoro è sempre meno una comunità e sempre più un rodeo, le garanzie e i diritti si trasformano in lussi, e le diseguaglianze si moltiplicano. A chi spetta tutto questo se non a chi vuol governare? Quale è la rotta che immaginano? La libertà a tutti i costi o regole per proibire che sul posto di lavoro si vada magari a morire?

6) Italia è femminile singolare – Per la prima volta ci troveremo con una candidata premier donna, per il partito che rappresenta le istanze dell’estrema destra. Si ripete insomma il copione francese, con Marine LePen che annunciava «sono la prima donna a poter salire all’Eliseo». Fermo restando il ritardo del centrosinistra (che adesso diviene imbarazzo a cui dare risposte chiare, riequilibrando la contesa), sarebbe interessante che ogni candidato si esprimesse su molti temi inerenti l’asimmetria uomo-donna, a partire dal femminicidio fino al fatto che la grande maggioranza dei posti di lavoro saltati con il Covid era di donne (e chi invece ha salvato il posto, è pagato comunque meno di uomo a parità di funzione). Ne parliamo?

7) Chi sono gli italiani – Nella vita, si dice, è sempre saggio tenere il passo del tuo tempo che cambia. Non è così diverso per un paese. L’Italia oggi è una comunità che nasce più che mai (lo è in realtà da secoli) dall’incontro fra culture e provenienze, tali da creare un’idea completamente nuova di identità. La politica tuttavia è rimasta ferma, cristallizzata in uno ieri anacronistico e antistorico, lontano dall’evidenza di ciò che vive e freme intorno a noi. Chi si candida come si pone davanti a questa chiara trasformazione? Arroccandosi ancora sui recinti dei trisavoli o accettando la revisione dei diritti, da quelli di cittadinanza alle tutele contro le violenze omofobe e le discriminazioni di genere?

8) Dopo il 25 settembre tutti liberi – Chiamare le cose con il loro nome evita ipocrisie: la legge elettorale a impianto proporzionale permette che ognuno lotti per accaparrarsi i voti col proprio simbolo, ben sapendo che poi in Parlamento sarà un’altra storia. L’ultima legislatura non per nulla si aprì con un governo fra M5S e Lega, poi ribaltato in una maggioranza giallorossa e infine in un (quasi) tutti-dentro. Forse a questo giro avremmo diritto di anticipare la sorpresa, ponendo finora la domanda su cosa ci aspetta davvero. E sottolineo: davvero.

9) Chi in quale ruolo – Curiosa contraddizione è quella per cui mentre la politica si faceva sempre più fenomenologia del leader e apoteosi del personaggio, viceversa le campagne elettorali sceglievano la reticenza sui nomi di chi si occuperà di cosa. Come dire: votami, ma a carte coperte. Stavolta, memori delle bizzarrie precedenti, gradiremmo però procedere con un metodo diverso, ovvero conoscendo nomi e cognomi. Chi portereste ministro degli Interni? Chi si occuperebbe di Sanità? Chi di Affari Esteri? E non ultimo: qualora se ne desse il caso, chi votereste al Quirinale, visto e considerato che centinaia di grandi elettori stavano per confluire su Berlusconi Silvio?

10) Dove sta la via d’uscita – Nella loro spietata oggettività, i numeri ci parlano di un paese che non fa più figli, effetto di un clima che credo percepiamo tutti da molto tempo: abbiamo perso fiducia, entusiasmo, abbiamo smarrito quella sete di futuro che fa accettare un rischio e lo rende anzi vitale. Terrorismi, uragani, guerre e cataclismi economici hanno fatto il resto, condannandoci al loop di un eterno presente in cui è già un trionfo sopravvivere, figuriamoci vivere. Ecco, la politica dovrebbe occuparsi in teoria proprio di questo, di concepire, attuare e indicare una nuova speranza. Anche di questo è lecito chiedere. Anzi: soprattutto.

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