Pensare a Kabul e all’Ucraina
Pensare all’Afghanistan e all’Ucraina. Laggiù nel lontano medio-oriente dove si sono suseguiti decenni di sanguinose guerre, in gran parte civili sostenute da grandi potenze. Qui nel cuore dell’Europa è iniziata una guerra chedura da sei mesi con la prospettiva di proseguire per logoramento per lunghi anni. Sulle guerre i politici non amano i consuntivi….troppo ingombranti per giustificare le “sacrosanti” ragioni per le quali sono state avviate. Si deve ricorre ai coraggiosi cronisti che vanno sui teatri di queste guerra e con libertà di pensiero scrivono reportage che fanno capire come sia sempre più vero che i problemi che si ritrovano dopo le guerre non sono risolti ma semmai aumentati.
Serve riflettere sull’Afghanistan a distanza di un anno dalla “fuga” ingloriosa e irresponsabile degli Usa e degli alleati Nato che hanno abbandonato al loro destino governi – corrotti – da loro sostenuti per lunghi anni.
La dottrina Usa di esportare il modello occidentale con interventi armati diretti o “per procura” , qua e là nel mondo, nonostante i tanti fallimenti che si sono registrati dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, continua ad essere la scelta di governi repubblicani o democratici che siano, con alti e bassi. Ci identifichiamo con i principi e la cultura dell’Occidente, ma non per questo ci allineiamo a quanto succede da anni, che sempre più intacca – anche negli stili di vita iper individualisti e consumisti – quei sacrosanti principi.
Pubblichiamo alcuni reportage sull’Afghanistan pensando alla guerra in Ucraina, per riflettere quanti saranno in più i problemi dopo la scellerata invasione russa e la scelta Nato di proseguire con la strategia della guerra di logoramento che rimanda ad un dopo indefinito l’iniziativa diplomatica per un compromesso da ricercare dopo lo stop “alla voce delle armi”. Compromesso su cui continua ad insistere – con alcune nuove riflessioni – nell’intervista di metà agosto, Henry Kissinger, 99 anni, archietto nel 1971 del disgelo internazionale e dello stop alla Guerra fredda.(vedi allegato)
Se consideriamo i tanti scenari di guerra che sono seguiti dopo la seconda guerra mondiale e alla nascita dell’ Onu, la realtà ha dimostrato che le tante guerre – denominate in vario modo – quasi mai hanno risolto i problemi per i quali si era richiesta una legittimazione nell’agire con le armi, ma ne hanno aggiunti. Si preferisce non leggere la storia, o semplicemente scegliere di avere la “memoria corta”.
Ed è proprio la “memoria corta” che potrebbe indurre la maggioranza dei candidati alle elezioni del 25 settembre, a considerare una petizione di principio e nulla più l’iniziativa di tante associazioni per un ripudio della guerra. <.. L’appello, «ispirato ai principi costituzionali, agli ideali della “Laudato si’”» e all’azione di tante organizzazioni della società civile, ha come primo firmatario Raniero La Valle, ex parlamentare, scrittore e giornalista da sempre impegnato nel movimento pacifista. Il documento che pubblichiamo qui sotto integralmente e con le firme è stato già sottoscritto da quasi 140 esponenti della società civile e del mondo della cultura. (…) La guerra, maturata nella sfida e nei sospetti reciproci, cominciata sciaguratamente come guerra tra la Russia e l’Ucraina, divenuta inopinatamente guerra tra la NATO e la Russia, pronosticata come guerra tra l’Occidente e la Cina e incombente come guerra mondiale, non si fermerà da sola e senza una straordinaria iniziativa politica che la intercetti precipiterà verso un esito infausto per l’umanità tutta. Questa Iniziativa politica resiliente però sarebbe vana se limitata a sospendere la guerra in atto e non invece a estromettere la guerra dal diritto e da ogni eventualità futura...> Questo Appello oltre ad essere un messaggio etico può ben servire per mobilitare coscienze e iniziative politiche per uno stop alle armi in questo complesso scontro geopolitico. (vedi allegato)
In Afghanistan, dopo lunghissimi anni di guerra, dopo un anno di governo dei talebani l’economia è ferma, povertà e fame aumentano, nell’indifferenza dell’Occidente
Pubblichiamo articoli di Francesca Mannocchi, Lucia Capuzzi, Filippo Rossi, Barbara Schiavulli
Francesca Mannocchi si è spostata a Kabul e nel suo ultimo reportage “Arcipelago Talebano” così inizia.«Le donne costituiscono la metà della popolazione dell’Afghanistan, e sono private del diritto all’istruzione. Dove impareranno le lezioni della sharia le donne?», sono le parole pronunciate tre mesi fa, il 22 maggio, dal viceministro degli Affari Esteri di Kabul, Sher Mohammad Abbas Stanikzai in un’intervista alla televisione afgana. Intervenendo a un incontro per l’anniversario della morte del mullah Akhtar Mohammad Mansour, un ex leader dell’Emirato islamico, Stanikzai ha chiesto garanzie sui diritti alle donne ribadendo che sia responsabilità del governo predisporre le scuole per ammettere le ragazze all’istruzione secondaria, diritto basato sulla cultura afgana e i valori islamici. La stessa posizione l’avevano espressa il religioso talebano Rahimullah Haqqani, e il ministro delle miniere Shahbuddin Delawar. Il primo, che è stato poi ucciso da un attentatore suicida all’inizio di agosto, intervistato dalla Bbc disse che le ragazze e le donne afgane dovrebbero poter accedere all’istruzione perché «non c’è giustificazione nella sharia che dica che le donne non siano autorizzate a studiare, per tutti i libri religiosi l’educazione femminile è lecita perché, ad esempio, se una donna si ammala e ha bisogno di cure, è molto meglio se viene curata da una dottoressa». (…) per proseguire aprire l’allegato
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