EUROPA A 28 CON LA CROAZIA – A.Tridente – globalmondo 8/12/11

Un Europa che teme per il suo futuro, che misura i pericoli di arretramento dell’intera costruzione politica e monetaria, poco influente in un mondo in rapido cambiamento, e con ricorrenti crisi finanziarie e monetarie, che ne hanno fatto temere drammatici e disastrosi arretramenti, venerdì prossimo dovrebbe decidere di porre le basi per un rilancio dell’economia, fronteggiare la crisi generale, decidendo  aiuti ai paesi in difficoltà e consolidare la fiducia dei mercati.

Un colpo di reni salutare per auto convincersi che i passi compiuti sulla strada dell’unione politica non è impossibile. E venerdì 16 dicembre è un giorno che può dare un significativo segnale e cambiare molte cose. In queste riunione il vertice europeo la UE concluderà anche i negoziati con il governo croato per l’ingresso di questo paese nell’Unione.

Con la fine dei negoziati con La Repubblica croata, un dei più importante paesi di questa conflittuale regione adriatica, entrerà così a far parte dell’Unione il 1° luglio del 2013. Venerdì dunque, conclusi i negoziati, la Croazia firmerà il Trattato di adesione ed entrerà a far parte degli organismi comunitari, compreso il Consiglio Europeo, seppure ancora come osservatore fino al definitivo ingresso a pieno titolo in quella data.

 

L’adesione formale sarà però sottoposta al referendum popolare che si svolgerà nel corso del 2012. Tale risultato verrà poi ratificato dai 27 paesi. Con questo atto l’Europa tornerà finalmente a guardare ai Balcani, forse con più attenzione.

 

I sondaggi effettuati in Croazia quest’estate davano poco più del 50% di si all’ingresso(52%), contro il 38%. Non è una grande la maggioranza, ma è sufficiente per procedere. Deve ovviamente migliorare la capacità di iniziativa politica da parte dell’UE perché l’aumento dei paesi associati possa ricevere un ulteriore contributo al rafforzamento e rappresentatività dell’Unione. Zagabria aveva già uno statuto di candidato dal 2004, il negoziato incominciò l’anno successivo ed ora non sembrano esserci altri ostacoli sul cammino della piena adesione.

Rimane in lista d’attesa la Serbia.

 

Controverso l’atteggiamento dei paesi europei. Il riconoscimento dello statuto di candidato a Belgrado incontra ancora gravi difficoltà da parte di molti governi. Va però riconosciuto che negli ultimi anni l’attiva collaborazione del governo serbo ha contribuito, in modo significativo, alla cattura dei criminali di guerra, l’ex presidente Ratko Mladc e Goran Hadzic, responsabili di massacri ed estradati al Tribunale Internazionale dell’Aia nel corso del 2011, affinché  vengano giudicati per gli orrendi crimini e le stragi perpetrate durante le guerre jugoslave degli anni novanta.

 

La Serbia dovrà percorrerlo questo cammino. Ostacoli però si ergono su questo percorso, a causa del rifiuto da parte serba di riconoscere l’indipendenza del Kosovo. Situazione tesa e frequenti scontri con le truppe di interposizione. Soldati germanici ed austriache sono rimasti  coinvolti in frequenti conflitti con numerosi feriti. L’aggressività delle truppe serbe potrebbe impedire la normalizzazione della situazione prima di poter concludere positivamente i negoziati definitivi.

 

Autoproclamatesi indipendente nel febbraio del 2008, il Kosovo non ha ottenuto il riconoscimento dell’ONU, ma degli Usa e solo di parte dei paesi europei, tra cui l’Italia.  Questi paesi chiedono tempo, almeno fino a marzo, prima di decidere se ammettere la Serbia quale candidato all’ingresso all’Unione. In altre parole, vogliono verificare il comportamento delle autorità serbe prima di riconoscerli il titolo di candidato all’adesione.

 

Circa 7.000 i soldati della NATO impegnati ad impedire scontri diretti fra i serbi e kosovari. Solo il miglioramento della situazione, la deposizione delle armi e la necessaria, pacifica convivenza, dovrebbe permettere i necessari passi avanti affinché la Serbia ottenga il riconoscimento di candidato all’adesione all’Unione.

 

Questo è quanto auspicano Spagna e Svezia, paesi che più sostengono la candidatura di Belgrado.Analoga la tesi degli altri paesi favorevoli che chiedono però la rinuncia all’uso delle armi, la normalizzazione e la definitiva, consolidata eliminazione della violenza.

 

Non sarà facile cancellare le pagine delle atrocità, e ci vorrà tempo per guarire le ferite di quei popoli per i quali la Seconda guerra mondiale non è mai cessata.

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