CARO BONANNI LE SCRIVO… G.Valentino – sindacato & democrazia 10/9/10

Sull’atto di violenza, con sparo di un fumogeno verso il palco dei relatori, messo in atto da esponenti del Circolo Akatasuna per impedire di parlare, l’8 settembre a Torino,  al Segretario Generale della Cisl Raffaele Bonanni stiamo completando la scelta dei commenti che metteremo presto in rete. Oggi pubblichiamo la lettera aperta a Bonanni inviata dal segretario generale della Cgil di Catanzaro-Lamezia, Giuseppe Valentino per esprimere “..la mia solidarietà per l’atto intimidatorio che l’ha colpita. Abbiamo il compito di rappresentare i lavoratori di questo paese, non solo i nostri iscritti. Un paese in cui un giovane su quattro non ha un lavoro e quando lo trova è precario".  Di seguito il testo tratto da Rassegna Sindacale.

Carissimo segretario,

ho letto del grave atto intimidatorio che l’ha colpita. Anche io, sono addolorato di quanto accaduto. Per questo le esprimo la mia più profonda solidarietà e, se posso permettermi, quella dell’organizzazione che mi pregio di rappresentare.

Sono gesti che lasciano turbati, la violenza non è mai un bene, neanche quando si pensa che sia l’unico modo per cambiare le cose o per esprimere un dissenso.

Un Paese civile dovrebbe essere rispettoso delle opinioni altrui, essere capace di ragionare e dalla ragione trovare la forza per cambiare ciò che appare ingiusto, sbagliato.

L’Italia che gli italiani hanno immaginato con la Carta costituzionale, prima che io nascessi, è un Paese diverso da quello in cui viviamo oggi.

Lo Stato, le istituzioni che si occupano dei cittadini e non li abbandonano. Un’Italia dove la libertà di esprimere le proprie opinioni sia garantita dalla libera informazione. Se non si è informati si è ignoranti e l’ignoranza genera violenza. Lo so bene io, lo sanno altri miei colleghi onesti della mia ed anche delle sua organizzazione, cosa significa vivere nell’ignoranza in Calabria.

Vivere nella paura, sotto la cappa insopportabile della ‘ndrangheta che entra nel cuore dello Stato, inquina la politica, gestiste gli appalti, divorando la nostra economia e ogni possibilità di sviluppo futuro.

Vivere in un Paese in cui le ragioni del lavoro non passano per i mezzi di comunicazione, impegnati a fare gossip quando va bene.

Un Paese in cui un giovane su quattro non ha un lavoro e quando lo trova è precario, come del resto molti padri e madri di famiglia. Un paese nel quale ai propri lavoratori, la propria ricchezza, quelli che pagano per essere rappresentati dalla politica si impongono meno diritti e più sacrifici, mentre gli speculatori finanziari si perdonano.

Io, e lei più di me, abbiamo il compito di rappresentare i lavoratori di questo Paese, non solo i nostri iscritti. Non si spiegherebbe il perché altrimenti la sua organizzazione abbia firmato accordi con questo governo e con Confindustria pretendendo la loro esigibilità a tutti i lavoratori.

E la libertà di garantire ai lavoratori di essere rappresentati, è un valore che non può dividerci. Così come la libertà di esprimere il proprio dissenso ragionevolmente, come previsto nella Costituzione.

Così come non dobbiamo dividerci sulla lotta alla ‘ndrangheta e per questo manifesteremo insieme il 25 settembre a Reggio Calabria.

A quei giovani, avranno all’incirca la mia età, vorrei dire che probabilmente condividiamo la stessa rabbia, nel vivere in un mondo che diventa sempre peggio di come lo stiamo sognando e di come è stato pensato. E’ sbagliato però, ingiusto, tentare di convincere gli altri con la violenza. Si può pensare di cambiare questo Paese ingiusto, anche con la violenza. Ma le rivoluzioni armate lasciano sempre qualche morto dall’altra parte e tanta rabbia, tante ferite da rimarginare. Non si può pensare di poterlo fare da soli scagliando un petardo su un palco. Ci si rovina la vita e basta.

Se proviamo invece a difendere il nostro libero pensiero e proviamo a convincere la gente che se questo Paese e così ingiusto e perché alcune scelte sbagliate di chi ci dovrebbe rappresentare lo hanno ridotto così, forse la smettiamo di pagare sempre noi.

Per questo credo, segretario, che dovremmo provare a parlare ai nostri lavoratori di un Paese diverso che garantisca loro la libertà di esprimersi liberamente sulle scelte di chi li rappresenta, che gli garantisca la libertà di difendere il proprio lavoro, le proprie competenze.

Credo che la stessa cosa debba fare la politica, ma per aiutare la politica a ragionare bisogna prima imparare a rispettarsi e poi provare a ragionare insieme.

Cordialmente,

Giuseppe Valentino

 
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