Investimenti pubblici in Italia

L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani (CPI), diretto da Carlo Cottarelli pubblica l’articolo, qui riprodotto, di tre ricercatori che sintetizzano il quadro sugli investimenti pubblici del recente passato e per i prossimi tre anni. Per visualizzare l’articolo con i tre grafici citati fare un clic su questo link http://osservatoriocpi.unicatt.it/

Riusciremo ad aumentare gli investimenti pubblici?

di Matilde Casamonti, Giulio Gottardo, Stefano Olivari  11 novembre 2020

Negli ultimi anni gli investimenti pubblici in Italia sono stati bassi. Dall’anno scorso il governo ha deciso di rilanciarli, confermando questo obiettivo con l’arrivo della crisi e, per accelerarne l’esecuzione, ha emanato un apposito decreto (il Decreto Semplificazione). Tuttavia, è probabile che le recenti chiusure peseranno sul raggiungimento dell’obiettivo di spesa per investimenti previsto per il 2020. Inoltre, a oggi, mancano ancora 37 decreti attuativi sui 38 previsti dal Decreto Semplificazione. Nel medio termine, le risorse europee consentirebbero di raggiungere obiettivi ambiziosi, ma restano vincolate ad un utilizzo puntuale delle risorse, che il governo dovrà garantire.

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Gli investimenti pubblici negli ultimi anni – In Italia, la spesa per investimenti pubblici si è significativamente ridotta nell’ultimo decennio: la spesa è stata inferiore a quanto necessario per compensare l’erosione del capitale accumulato in passato, con un declino quindi dello stock di capitale pubblico esistente.[1] In particolare, il rapporto tra investimenti della PA e Pil è sceso da un picco del 3,6 per cento nel 2009 al 2,1 per cento nel 2018, con un calo in valori assoluti di quasi 13 miliardi di euro. Questa discesa ci ha portato “in fondo” alla classifica degli investimenti pubblici tra i principali paesi, al disotto della Germania, un paese dove gli investimenti pubblici sono tradizionalmente bassi (Fig. 1).[2]Le istituzioni europee e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) hanno più volte sottolineato la necessità di riallocare la pesa pubblica italiana verso gli investimenti.[3]Di fronte alla crisi attuale, entrambe le istituzioni hanno nuovamente sollecitato una ripresa degli investimenti pubblici, in Italia e altrove. Tra l’altro, l’ultimo Fiscal Monitor del FMI ha sottolineato che nei periodi di recessione ed elevata incertezza il moltiplicatore degli investimenti pubblici più elevato.

La situazione nel 2019-20 – Un’inversione del trend negativo potrebbe essere iniziata nel 2019. L’anno scorso, infatti, gli investimenti pubblici erano saliti al 2,3 per cento del Pil (+0,2 per cento, +3,3 miliardi) e, per il biennio successivo, era stato previsto un loro aumento costante. Lo scorso luglio, il ministro Gualtieri ha reiterato la necessità di raggiungere gli obiettivi di spesa per investimenti pubblici stabilito per il 2020.[4]Non solo: a settembre, la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef 2020) ha indicato l’intenzione di aumentare l’obiettivo dai 42 miliardi originariamente previsti fino a 44,6 miliardi (Fig. 2). Sono stati rivisti anche gli obiettivi per il biennio successivo.

Tuttavia, i dati ad ora disponibili sul primo semestre del 2020 segnalano un rallentamento degli investimenti pubblici. A causa del lockdown, gli investimenti della PA nel primo semestre sono stati inferiori di 1,3 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2019 (19,3 miliardi contro 20,6). Le riaperture estive e la progressiva attivazione delle misure contenute nei decreti che si sono susseguiti da marzo, ad esempio le maggiori dotazioni per la sanità e la pubblica istruzione, potrebbero aver incrementato il livello degli investimenti nel secondo semestre.[5] Sono stati fatti anche stanziamenti aggiuntivi per le infrastrutture, anche se la quota di essi che incrementerà gli investimenti non è ancora chiara.[6] In ogni caso, in assenza di un’accelerazione marcata degli investimenti pubblici nel secondo semestre (+6 miliardi, cioè +31 per cento rispetto al primo e +23 per cento rispetto alla seconda metà del 2019), l’obiettivo per il 2020 non sarebbe raggiungibile (Fig. 3). A questo proposito, potrebbero rivelarsi problematiche anche le chiusure recenti, visto l’effetto negativo delle misure restrittive di aprile sugli investimenti pubblici.

DL Semplificazione, un decreto inattuato – Il basso livello degli investimenti pubblici in Italia non è stato dovuto solo a una mancanza di stanziamenti. Negli ultimi anni, anzi, hanno pesato molto la lentezza con cui si muove tradizionalmente la macchina pubblica italiana. Uno degli elementi centrali della strategia del governo per ridurre i tempi di realizzazione degli investimenti pubblici è il DL Semplificazione (emanato a luglio 2020 e convertito in legge a settembre). In particolare, le norme contenute nel DL Semplificazione consentirebbero procedure semplificate per gli appalti più piccoli, ridurrebbero alcuni procedimenti burocratici (ad esempio il lungo iter della Valutazione d’Impatto Ambientale) e limiterebbero la responsabilità penale ed erariale dei dirigenti che si occupano di questi investimenti. Tuttavia, il decreto richiedeva, per diventare efficace, l’approvazione di 38 decreti attuativi. Al 3 novembre, solo 1 era stato adottato.[7]

Gli investimenti pubblici nel prossimo triennio – Per quanto riguarda il triennio 2021-2023, il governo intende aumentare ancora gli investimenti pubblici, portandoli a circa 50 miliardi all’anno, cioè tra il 2,6 e il 2,7 per cento del Pil (Fig. 2 e 3). Questo obiettivo sembra abbastanza realistico: significherebbe riportare gli investimenti al livello del 2010 in termini assoluti, e poco al di sopra del livello raggiunto nel 2012 rispetto al Pil (Fig. 1). A questo fine contribuirebbero le risorse del Next Generation EU. Il governo intende utilizzare 52 miliardi di sovvenzioni europee (contributi a fondo perduto) tra 2021 e 2023. Di conseguenza, sarebbe possibile raggiungere gli obiettivi per gli investimenti pubblici, destinando solo una piccola parte di queste risorse all’aumento degli investimenti ogni anno (fra l’altro senza incidere sul deficit). La realizzazione di questo scenario dipende in primis dal governo italiano, che deve redigere e presentare alla Commissione Europea il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), contenente le misure da finanziare con le risorse europee, e poi realizzarlo senza ritardi. 

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