Sbarra, un sindacalista del Sud?

Luigi Sbarra conosce il nostro Sud certamente di gran lunga di più di scrive. E’ dunque fuori luogo, o irriguardoso, l’interrogativo nel titolo? Per un dirigente sindacale, nato a Pazzano (RC), che ha iniziato l’esperienza sindacale a Locri, come operatore territoriale Fisba Cisl, la Federazione dei braccianti agricoli, che ha perfezionato la sua formazione al Centro Studi Cisl di Taranto. Poi ha ricoperto incarichi di vertici sindacali nelle strutture sindacali della Locride, della Provincia di Reggio Calabria e poi della Regione, prima di essere chiamato a Roma, da Raffaele Bonanni.

Pensiamo che l’interrogativo serva a riflettere su dove sta andando la Cisl? Che c’azzecca la sintonia tra Sbarra e Salvani? Tra la Cisl e questo governo di destra? Tra un sindacalista del sud e un ministro con il cuore e la mente della “padania”. Seguendo le loro esternazioni, le loro interviste si può legittimamente affermare che li unisce, di certo, la priorità per costruire ora il ponte di Messina. Pur essendo entrambi consapevoli che le risorse finanziarie sono carenti, insistono che i miliardi dello stato e quelli delle regioni del Sud (Calabria e Sicilia) debbono essere indirizzati in quell’opera, tanto decantata quanto discussa criticamente, anziché alla sanità (emergenza sociale)  e alla siccità (emergenza territoriale). A quale parte della società, a quali classi sociali interessano più il ponte anziché la sanità e la siccità del sud?

Ci sono tanti mondi nel sud, a quali di essi si richiama Luigi Sbarra? Fare un lungo elenco delle priorità com’è solito fare il segretario generale della Cisl – quando fa risuonare la sua potente voce nelle piazze (ahinoi, sempre meno) e nelle assemblee dei dirigenti a pieno tempo – significa affidare le scelte ad altri, ovvero alla diatriba e alle mediazioni che animano questa litigiosa maggioranza del governo, che porta avanti politiche corporative e di destra.

Il Sud da anni è attanagliato da periodi di siccità che sempre più si dilatano, a cui si collegano incendi. Da anni prosegue l’abbandono delle aree e dei Comuni, in particolare delle zone interne, che determinano un secondo tipo di desertificazione. E poi…. ci fermiamo, per proporvi la lettura di tre articoli sulla SICCITA’ pubblicati il 28 luglio sul Corriere della Sera. Raramente abbiamo sentito parole simili da Luigi Sbarra e dai tanti dirigenti Cisl che gli conferiscono una sorta di delega in bianco “a pensare e decidere per loro”. Un po’ simile a quanto avviene con il metodo Lega-Salvini. Si vota a Congresso un leader, sempre più capo, e poi per coesione si allinea. Un metodo di democrazia rappresentativa che si afferma sempre più qua e là. Per quanto possiamo la contestiamo e avanziamo proposte di significative innovazioni.

Sicilia e l’acqua che non c’è «Agire su dighe e rete idrica» – di Fabrizio Caccia e Fulvio Fiano Cavallaro su Corrire della Sera del 28 luglio 2024.

  • Impianti in disuso – A Trapani, Gela e Porto Empedocle i sistemi di desalinizzazione sono stati abbandonati
  • Emergenza siccità, un’autobotte costa il 250% in più. Il viaggio da Catania a Caltanissetta: bruciati grano, fieno e alberi da frutto. «L’agricoltura sta sparendo»

«Riparare la rete per ridurre le perdite. E agiremo anche sulle dighe». Sull’emergenza siccità in Sicilia interviene il nuovo capo della Protezione civile Fabio Ciciliano. Che ricorda come il problema sia anche di natura culturale. Il caso dei dissalatori chiusi da 12 anni.

CALTANISSETTA Passate da poco le 14 il cielo sopra Enna e Caltanissetta si fa scuro. Nuvoloni in apparenza pieni di pioggia che però i nisseni neanche guardano. Dal 23 dicembre, giorno dell’ultima acqua caduta dal cielo, anche la speranza è sparita assieme alle illusioni. E, nel giro di qualche ora, l’azzurro torna piatto come i campi senza coltivazioni sotto di sé.

Il business dell’acqua – Quanto è grave la crisi idrica, con la quale da anni, ma questa estate con ancora più sofferenza, convivono i siciliani? Intanto qualche numero: il costo di un approvvigionamento da un’autobotte da 8 mila litri è passato in pochi mesi da 50 a 160 euro. Nel solo mese di maggio la Regione ha finanziato altri 109 mezzi, tra acquisti, conversioni, recuperi di cisterne esistenti, e altrettante richieste sono pendenti. La domanda d’acqua in una regione che consuma 181 litri d’acqua procapite al giorno a fronte dei 215 di media nazionale ma «stressa» all’80% le sue dighe (malmesse) perché sperpera il 51% delle proprie risorse, è enorme. Con il conseguente fiorire dell’illegalità: cisterne di privati che vendono acqua di provenienza incerta e salubrità ancora meno verificata sono all’ordine del giorno.

Distribuzione a zona – Ieri,27 luglio,  a Caltanissetta, secondo il calendario di Caltaqua, era il giorno in cui toccava alle vie Due Fontane, Poggio Sant’Elia e Luigi Monaco ricevere l’approvvigionamento che arriva però con cadenza sempre più dilatata e incerta.  Dai due giorni di intervallo si è passati a quattro, poi alla settimana e alle volte di più. Gran parte del centro storico, fatto di viuzze assai malmesse e inaccessibili alle pompe, vive di espedienti e precarietà. La differenza tra una settimana «normale» e una di gravi difficoltà a compiere le più banali azioni quotidiane, può farla l’altezza di un tetto o l’ampiezza della vasca di accumulo.

Agricoltura sparita – Ma il vero dramma, con conseguenze di lungo periodo, è quello dei campi di tutta l’area centro-orientale dell’isola. In autostrada da Catania verso Palermo il verde è un colore rarissimo e il giallo del grano, una volta abbondante, è quello senza luminosità delle stoppe che si alzano a pochi centimetri dal suolo e che si sbriciolano al primo calpestìo delle pecore. Se in media da un ettaro di terreno si ricavavano 12 balloni di fieno, quest’anno si arriva a poco più di uno. E quelli che ci sono, vanno a ruba. Dal punto più panoramico del Riviera Hotel, sulle sponde del lago di Pergusa, l’invaso d’acqua simbolo di questa crisi è, per dimensioni, poco più di una pozzanghera. Il fiume Salso, che scende dalle Madonie, è talmente fermo ed essiccato che in alcuni tratti tende al colore rosa perché il sale è prevalente sull’acqua. La diga di Troina, sul lago d’Ancipa, più a nord, dai suoi 80 metri di salto è scesa quasi al livello del suolo.

La conseguenza è che le coltivazioni orticole sono sparite, gli alberi da frutto sono morti, il bestiame è in grave sofferenza, tanto che molti ne macellano una parte per abbassare il fabbisogno d’acqua. «L’agricoltura siciliana sta scomparendo», dice senza giri di parole Licia Guccione, vice presidente regionale di Confagricoltura donna e in prima linea con le sperimentazioni nelle sue coltivazioni biologiche. «Stiamo lavorando sul dna delle piante per trovare quelle più resistenti, abbiamo ragionato su programmi di rimboschimento, sperimentiamo nuove colture, ma sono tutti programmi di lungo termine. Nell’immediato, per far rendere i terreni economicamente, bisogna inventarsi percorsi enogastronomici, esperienze per turisti, degustazioni».

Il caso dissalatori – Tra tutti gli interventi possibili, ritardati, se non del tutto mancati, quello sui dodici dissalatori dell’isola è il più emblematico. Poche settimane fa la Regione ha finanziato con 20 milioni di euro i progetti di efficientamento e miglioramento delle infrastrutture idriche. Un milione è destinato al dissalatore di Porto Empedocle, nell’agrigentino, la zona più colpita dalla siccità. Un intervento di grande impatto se non fosse che l’impianto di prelievo e trasformazione dell’acqua marina è fermo da 12 anni per i suoi costi elevati e nel frattempo non è stata fatta nessuna manutenzione, come se le precedenti siccità fossero episodi destinati a non ripetersi. Quest’anno l’emergenza è stata ufficialmente dichiarata ad aprile, ma da allora gli interventi strutturali portati a termine sono pochi: «Ho trovato una struttura commissariale in cui da 20 anni nessuno si occupa di manutenzione e completamento delle dighe (sono 46 in Sicilia, solo 23 funzionanti, ndr)», dice il governatore Renato Schifani, annunciando ulteriori 70 milioni di fondi contro l’emergenza. Nel piano annunciato rientrano 100 nuovi pozzi, l’approdo (venerdì a Licata) della nave cisterna della Marina Militare “Ticino” e altri due dissalatori, a Gela e Trapani.>> In allegatogli altri due articoli pubblicati su Corsera: l’intervista al nuovo capo dipartimento della Protezione civile Fabio Ciciliano e l’intervista a Roberto Alajmo, palermitano, scrittore, giornalista e drammaturgo.

Articoli in allegato e link correlati per più informazione

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