RENZI SOTTO SCACCO – D’Alema e Prodi – per le politiche e la gestione del Pd –

A distanza di 24 ore, D’Alema e Prodi hanno rilasciato due interviste sul PD e sul Governo: critiche molto severe ma di “taglio” nettamente diverse. D’Alema, su Il Corsera,  insiste  sulla separazione degli incarichi tra segretario Pd e premier, sulla collegialità delle decisioni e annuncia il No al referendum. Prodi pone l’accento sulle politiche: i populisti crescono perché c’è troppa ingiustizia. L’ascensore sociale è bloccato e dentro si soffoca. Due anni bastano per logorarsi, necessario cambiare politiche. Prodi e D’Alema non si sono mai “presi”, hanno analisi e proposte molto diverse. Sono due interviste che sollecitano molte riflessioni. Aprire gli allegati.

Allegati

«Così Renzi sta rottamando il Pd. Il referendum? Io voterò no» _ A.Cazzullo_21-6-16

“Due anni bastano per logorarsi necessario cambiare politiche” M.Smargiassi_22-6-16

 

Allegato:
renzi_sta_rottamando_il_pd_dalema_21-6-16.doc
cambiare_le_politiche_prodi_22-6-16.doc

2 commenti
  1. Rodolfo Vialba
    Rodolfo Vialba dice:

    Credo abbia ragione chi dice che il PD ha molti problemi, due in particolare: il primo è il doppio incarico di Renzi, ragione per la quale il PD è identificato con le scelte del Governo, il secondo è la distanza che separa il vertice del PD dalla sua base, e più in generale dall’area centro-sinistra, sinistra. Per quanto ancora nebulosa, questi risultati indicano che una alternativa a Renzi e al PD sta prendendo forma.
    Continuare come se nulla fosse successo vuol dire condannare il PD al suicidio assistito ad opera di rottamatori rottamati dal M5S. Rodolfo Vialba

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  2. Rodolfo Vialba
    Rodolfo Vialba dice:

    Passato il referendum inglese con la vittoria dei sostenitori dell’uscita del Regno Unito dall’Europa che, per quanto possa non piacere è pur sempre una decisione legittima di un popolo sovrano che va rispettata, restano da gestire tutte le conseguenze positive (poche) e soprattutto negative (molte), di una scelta che ha grande rilievo a livello Europeo ma anche nella dimensioni nazionale, se non nel merito sicuramente nel metodo, cioè dello strumento referendario.
    Scrive Ezio Mauro su La Repubblica:
    “Cosa si muove nel sentimento profondo del popolo? Come se la vita fosse senza dubbi, e la vita pubblica senza sfumature, il referendum sembra costruito apposta per questi tempi radicali, radicalizzando i due corni dell’opinione pubblica nelle loro forme estreme, dove c’è spazio soltanto per essere totalmente a favore o definitivamente contro. Rodolfo Vialba

    Sembra il massimo dell’espressione democratica, la parola al popolo, come la scelta tra Gesù e Barabba. E invece è l’espressione basica e universale della democrazia che cerca se stessa, quando i rappresentanti non sono in grado di elaborare una proposta politica convincente, si spogliano della loro responsabilità e delegano la scelta ai cittadini, saltando i parlamenti e i governi per raggiungere una vox populi dove fatalmente si mescola la ragione e l’istinto, l’emozione e la frustrazione, l’individuale e il collettivo. In questo senso, il pronunciamento popolare è il più ricco di contenuto e di ingredienti soggettivi. In un senso più generale, è un’altra prova di abdicazione della politica organizzata nella sua forma storica tradizionale, che oggi rinuncia ad assumersi i suoi rischi e ricorre al popolo per rincorrere in realtà il populismo che la sta mangiando a morsi e bocconi.”
    Mi chiedo quanto questa riflessione, riferita al referendum inglese, non sia valida anche per il nostro Paese chiamato ad esprimersi sulla riforma della Costituzione nei termini di “totalmente a favore o definitivamente contro”. Vero è che il ricorso al referendum per la riforma della Costituzione si rende necessario in quanto questa legge non ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti di ciascuna Camera nella seconda votazione, ma proprio perché questo è vero la domanda resta se quella riforma era l’unica possibile sia nel merito che nel metodo, oppure se non “è l’espressione basica e universale della democrazia che cerca se stessa” di cui anche l’Italia soffre.

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