Folta partecipazione, entusiasmo e caratterizzato dalla prevalente presenza di lavoratori africani; una Rosarno rovesciata, verrebbe da dire. Un solo neo, almeno per chi scrive: l’assenza dei sindacati confederali torinesi. Per la verità qualche dirigente sindacale si è visto; con espressione titubante, incuriosito, si aggirava osservando, forse sorpreso per il successo di folla. Nessuna bandiera di Cgil, Cisl e Uil. Qualcuna dei Cub. Si è forse delegato a questi il compito di organizzare la rappresentanza dei lavoratori immigrati? Perché questa assenza? Eppure sarebbe stato doveroso esserci, invitati o no.
Una manifestazione comunque inedita, a carattere sindacale, beninteso, seppure lontana da ciò a cui eravamo abituati. Evidente tuttavia la differenza con quanto conosciuto nel passato, quasi estranea a quanto accumulato negli anni dalla ricca esperienza sindacale torinese. Eppure qualche ricordo lo proponeva con quanto era avvenuto con le prime esperienze delle massicce partecipazioni agli scioperi dei lavoratori meridionali, giunti da poco nelle grandi fabbriche torinesi.
Tante vecchie conoscenze presenti il primo marzo a Porta Nuova- Piazza Carlo Felice: abituali presenze a questo tipo di manifestazioni, non sempre sindacali, ma che manifestavano generosa testimonianza con qualcosa che non può essere abbandonato, dimenticato. Testimonianza e fedeltà a valori permanenti di solidarietà.
Presente anche qualche politico della sinistra. Dava però la sensazione di essere lì ad osservare, più che a partecipare, a un fatto nuovo, inedito, in parte estraneo al suo vissuto, alla sua tradizione, seppure parzialmente sperimentato, come su ricordato, con le prime esperienze di partecipazione agli scioperi dei compagni emigrati dal sud italiano.
Cosa accadrà ora? Un fuoco di paglia che presto si spegnerà? Continuerà, si svilupperà fino ad affermarsi, da parte dei lavoratori immigrati, una presenza ineludibile, ma visibile, economicamente importante come lo è già in molte regioni del nord?
Saranno Lavoratori che si organizzeranno nei sindacati confederali o al di fuori di essi? Una domanda inquietante a cui è difficile rispondere se Cgil, Cisl e Uil dovessero tardare ad impegnarsi a fondo per difendere con forza la realtà di milioni di esseri umani che rivendicano diritti e uguaglianza di trattamento.
Voler uscire dalla clandestinità, vivere pienamente la cittadinanza e di nuovi italiani, non più criminalizzati, perseguitati, sfruttati, espulsi dopo aver perso il lavoro a la salute a causa dei lavori che altri, gli italiani, hanno da tempo rifiutato di svolgere, è un obiettivo prioritario di grande valore politico per tutti.
Rimane poi un mistero come facciano tanti lavoratori iscritti, e anche credenti, che votano Lega a non ricordare la massima evangelica del “ bussate e vi sarà aperto”, o, addirittura, accettare che venga rovesciato la massima evangelica sostituendola con “bussate e vi sarà sparato!”
Perché è questo quanto è stato più volte dichiarato e che viene spesso ripetuto quando si avvicinano alle coste italiane i barconi dei disperati in cerca di una vita migliore.
Certo, c’è ancora molto da fare, ma il primo di marzo scorso è successo qualcosa di nuovo, che potrà crescere e svilupparsi in unione con il sindacato, e non sarà facile cancellarlo dal cuore e dagli occhi.
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