AGGIRATA LA COSTITUZIONE PER LE LISTE REGIONALI – redazione- democrazia 8/3/10

La vicenda della presentazione delle liste elettorali in Lombardia e nel Lazio ha destato, e desta, il più vivo allarme sul fatto che questo governo e questa maggioranza di centro-destra siano osservanti dello spirito e della lettera della Costituzione. La situazione che si delineata è un classico italiano che “di fronte alla legge “ non si è tutti uguali. Per la sua applicazione, con attenzioni e deroghe diverse, pesa fortemente se si è ricchi o si e poveri, se si è un grande partito o un a piccola formazione. Se gli errori marchiani di cui si sono resi responsabili coloro che erano incaricati della raccolta delle firme, della loro certificazione e della presentazione delle liste, fossero stati compiuti dai rappresentanti di un partito che raccoglie il 2-3 % dei voti, la vicenda non avrebbe smosso l’interesse di alcuno. Anzi tutti avrebbero detto “le regole sono regole” e vanno osservate, è una questione democratica e di legalità. 

Il decreto interpretativo  delle norme esistenti – che alleghiamo – è stato un brutto espediente della peggior politica italiana. Romani Prodi ha avuto modo di dichiarare che”…questa volta ha paura” per  la democrazia formale e sostanziale che si basa sul rispetto delle regole, delle procedure.

Certo una soluzione doveva essere trovata in quanto una competizione elettorale priva, per vizi di forma, di uno dei principali partiti italiani era “zoppa” e depotenziata di molto per la rappresentatività. In tal senso si erano pronunciati i partiti dell’opposizione.

Una soluzione alta della politica sarebbe ben stata possibile seguendo le dichiarazioni per un verso di Umberto Bossi e per un altro quelle di Emma Bonino oppure di Pier Luigi Bersani, Pierferninando Casini.

Il leader della Lega aveva commentato il comportamento dei rappresentanti del Pdl , incaricati per la presentazione delle liste, con un laconico e perfido giudizio ”..sono dei dilettanti allo sbaraglio..”. Emma Bonino era disponibile a ritirare la sua candidatura e riaprire i termini per la presentazione delle liste nel Lazio.

Sarebbe stato quindi sufficiente che i responsabili del Pdl riconoscessero gli errori di procedura commessi, che Bersani e Casini dessero seguito alle dichiarazioni di “non voler vincere a tavolino” ritirando le loro regolari liste chiedendo il rinvio delle elezioni regionali limitatamente per la Lombardia e Lazio. Dichiarazioni da rendere al Parlamento, magari a camere riunite. Un mese di tempo riaprendo i termini per la presentazione delle liste, quindi anche per coloro – come i radicali in Lombardia o altri – non avevano fatto a tempo di raccogliere le firme. Invece Berlusconi si è permesso di ripetere volgarità politiche, che inquietano, sostenendo che i partiti di opposizioni lanciano insulti e che fare osservare le regole equivarrebbe ad “uno stato di polizia”.

Il decreto varato dal governo non è una mera interpretazione delle norme vigenti che non possono essere modificate con decreto governativo ma solo con legge del Parlamento, come prescrive l’ultimo comma dell’art.72 della Costituzione Italiana che recita: “..la procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ( art.138) ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa (art.76), di autorizzazione a ratificare trattati internazionali (art.80), di approvazione di bilanci e consuntivi (art.8)”. 

 Inoltre si deve sottolineare che la competenza della normativa per il rinnovo dei Consigli regionali e dell’elezione dei Governatori spetta, per norma costituzionale, alle Regioni.

Alleghiamo il testo del decreto legge del governo da cui si evince che non di semplice  interpretazione si tratta ma si definiscono nuove procedure anche di difficile accertamento e verifica.

Il Presidente della Repubblica da parte sua, oltre a controfirmare il decreto suscitando molte polemiche e critiche, ha espresso compiutamente il suo parere in una forma inusuale, rispondendo sul suo sito a lettere di cittadini che qui pubblichiamo.

 

Il Presidente Napolitano risponde ai cittadini

Signor Presidente della Repubblica, le chiedo di non firmare il decreto interpretativo proposto dal governo in quanto in un paese democratico le regole non possono essere cambiate in corso d’opera e a piacimento del governo, ma devono essere rispettate da tutte le componenti politiche e sociali per la loro importanza per la democrazia e la vita sociale dei cittadini italiani. Confidando nella sua serenità e capacità di giudizio per il bene del Paese e nel suo alto rispetto per la nostra Costituzione.

Cordiali saluti Alessandro Magni

Signor Presidente Napolitano, sono a chiederle di fare tutto quello che lei può per lasciarci la possibilità di votare in Lombardia chi riteniamo che ci possa rappresentare. Se così non fosse, sarebbe un grave attentato al diritto di voto.

In fede M. Cristina Varenna

 

Questo è il testo integrale della risposta del Presidente Giorgio Napolitano

Egregio signor Magni, gentile signora Varenna, ho letto con attenzione le vostre lettere e desidero, vostro tramite, rispondere con sincera considerazione per tutte le opinioni dei tanti cittadini che in queste ore mi hanno scritto. Il problema da risolvere era, da qualche giorno, quello di garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici.

Non era sostenibile che potessero non parteciparvi nella più grande regione italiana il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, per gli errori nella presentazione della lista contestati dall’ufficio competente costituito presso la corte d’appello di Milano.

Erano in gioco due interessi o "beni" entrambi meritevoli di tutela: il rispetto delle norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi. Non si può negare che si tratti di "beni" egualmente preziosi nel nostro Stato di diritto e democratico.

Si era nei giorni scorsi espressa preoccupazione anche da parte dei maggiori esponenti dell’opposizione, che avevano dichiarato di non voler vincere – neppure in Lombardia – "per abbandono dell’avversario" o "a tavolino". E si era anche da più parti parlato della necessità di una "soluzione politica": senza peraltro chiarire in che senso ciò andasse inteso.

Una soluzione che fosse cioè "frutto di un accordo", concordata tra maggioranza e opposizioni.

Ora sarebbe stato certamente opportuno ricercare un tale accordo, andandosi al di là delle polemiche su errori e responsabilità dei presentatori delle liste non ammesse e sui fondamenti delle decisioni prese dagli uffici elettorali pronunciatisi in materia. In realtà, sappiamo quanto risultino difficili accordi tra governo, maggioranza e concordata tra maggioranza e opposizioni.

Ora sarebbe stato certamente opportuno ricercare un tale accordo, andandosi al di là delle polemiche su errori e responsabilità dei presentatori delle liste non ammesse e sui fondamenti delle decisioni prese dagli uffici elettorali pronunciatisi in materia.

In realtà, sappiamo quanto risultino difficili accordi tra governo, maggioranza e opposizioni anche in casi particolarmente delicati come questo e ancor più in clima elettorale: difficili per tendenze all’autosufficienza e scelte unilaterali da una parte, e per diffidenze di fondo e indisponibilità dall’altra parte. Ma in ogni caso – questo è il punto che mi preme sottolineare – la "soluzione politica", ovvero l’intesa tra gli schieramenti politici, avrebbe pur sempre dovuto tradursi in soluzione normativa, in un provvedimento legislativo che intervenisse tempestivamente per consentire lo svolgimento delle elezioni regionali con la piena partecipazione dei principali contendenti.

E i tempi si erano a tal punto ristretti – dopo i già intervenuti pronunciamenti delle Corti di appello di Roma e Milano – che quel provvedimento non poteva che essere un decreto legge. Diversamente dalla bozza di decreto prospettatami dal Governo in un teso incontro giovedì sera, il testo successivamente elaborato dal Ministero dell’interno e dalla Presidenza del consiglio dei ministri non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità. Né si è indicata da nessuna parte politica quale altra soluzione – comunque inevitabilmente legislativa – potesse essere ancora più esente da vizi e dubbi di quella natura. La vicenda è stata molto spinosa, fonte di gravi contrasti e divisioni, e ha messo in evidenza l’acuirsi non solo di tensioni politiche, ma di serie tensioni istituzionali.

E’ bene che tutti se ne rendano conto. Io sono deciso a tenere ferma una linea di indipendente e imparziale svolgimento del ruolo, e di rigoroso esercizio delle prerogative, che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, nei limiti segnati dalla stessa Carta e in spirito di leale cooperazione istituzionale. Un effettivo senso di responsabilità dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e istituzionali di non rivolgersi al Capo dello Stato con aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri.

Cordialmente Giorgio Napolitano

Allegato:
decreto_liste.pdf

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