RIALZA LA TESTA IL SINDACATO SPAGNOLO – A.Tridente – globalmondo
Prime proteste sindacali contro il governo del Partito Popolare (destra) in Spagna. Succeduto al governo socialista(PSOE) di Josè Luiz Zapatero, il primo ministro Mariano Rajoi affronta oggi le prime, forti manifestazioni di protesta che hanno visto la scorsa settimana scendere in piazza oltre 400.000 lavoratori in tutta la penisola. La protesta organizzata dai due maggiori sindacati spagnoli, le Comisiones Obreras (CC.OO) e l’Union General del Trabajo(UGT), è contro la legge che liberalizza il mercato del lavoro e i provvedimenti della chiamata austerità che impone ai soliti noti il peso della crisi economico finanziaria del paese iberico.
Al centro dei provvedimenti il solito pacchetto di riduzione della spesa pubblica e l’aumento delle imposte dell’ordine di 15 miliardi di euro, nel quadro dei 40 miliardi di programmata riduzione del deficit fiscale. Difficile e ambizioso obiettivo che il governo post franchista intende realizzare per rispondere alle sollecitazioni dell’Unione Europea. Ma è la riforma del lavoro che ha scatenato le maggiori proteste. Il provvedimento adottato dall’ultimo consiglio dei ministri del governo di Rajoi, prevede, fra l’altro, di ridurre il costo dell’indennità di licenziamento dai 45 giorni di lavoro all’anno a 33 giorni.
Non solo. Se l’impresa dimostrerà di essere in difficoltà, l’indennità complessiva di fine lavoro potrà essere ridotta al pagamento di soli 20 giorni per anno di anzianità! In ogni caso il massimo dell’indennità, per qualsiasi anzianità lavorativa, non potrà superare i 24 mesi.
Oltre a ciò, il provvedimento deciso dal governo prevede anche maggiori possibilità di licenziamento per giusta causa da parte delle imprese. Una sorta di modifica dell’articolo 18 alla spagnola, per esemplificare analogie con il nostro paese.
I provvedimenti adottati dal governo di spagnolo, quarta potenza economica della zona euro, dovrebbero affrontare le ragioni di una crisi che vede un tasso di disoccupazione di quasi il 30%, con la punta del 48% tra i giovani. “Misure aggressive, volte a flessibilizzare il lavoro”, le qualifica il ministro dell’economia, Luis de Guindos, e, aggiunge il capo del governo Rajoi, che il Partito Popolare ha realizzato più riforme in sette settimane che il governo socialista in sette anni”.
La realtà è che il governo di destra spagnolo, come gli altri in Europa(solo quattro sono i governi di centro sinistra in tutta l’Europa) si muove sull’onda di un consenso che dovrebbe far pentire quegli elettori – anche lavoratori e pensionati – che queste politiche le hanno permesse votando i governi conservatori e di destra. Governi che governano in grande maggioranza l’Europa dei 27 e che ora se li ritrovano sulle spalle subendone i provvedimenti di pesante impronta classista.
E’sotto gli occhi di tutti la polarizzazione tra i bassi salari dei lavoratori e i compensi della classe imprenditoriale privata e pubblica. Berlusconi in Italia, la Francia con Nicolas Sarkozy, la Germania con la Merkel, e tutti gli altri paesi governati dalle destre, sono i responsabili di politiche che negli anni hanno progressivamente creato le attuali condizioni di ingiusta ripartizione della ricchezza prodotta in Europa.
Le lotte in corso in Spagna possono essere finalmente un esempio per tutti i sindacati nazionali europei. E ancor più in Italia, dove in questi giorni si scopre – era ora – che i salari sono tra i più bassi dell’Europa dei 27, e di paesi di minore sviluppo rispetto al nostro.
Dov’era il sindacato, si sente dire da più parti, e da quando è incominciato questo lento e penoso distacco dei nostri salari rispetto ad altri paesi, perfino inferiori a quelli dei lavoratori spagnoli, irlandesi e greci? Mah. Difficile rispondere.
Ciò che è certo è che non potremo accettare a lungo questa assurda differenza che, oltre ad essere ingiusta e ingiustificata, è anche umiliante per il passato di lotte e di conquiste che per anni ci hanno visti attori protagonisti di profondi cambiamenti sociali nel nostro paese.
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