La destra sociale al governo
Quello di Giorgia Meloni è un governo che passerà alla storia per almeno due caratteristiche: per la prima volta il Parlamento concede la fiducia ad una premier donna; questa giovane leader di 45 anni rappresenta una guida esplicitamente di destra ben diversa da quella rappresentata dai governi Berlusconi.
Una destra con quali caratteristiche? Una destra radicale e sociale? Una destra che inquieta per le sue origini che risalgono alla fiammella tricolore del MSI? Di certo la leader di Fratelli d’Italia, partito con il maggior suffragio di voti al 25 settembre, con la sua storia rivaluta il senso antico della politica, del percorso necessario per legittimare la rappresentatività per guidare un partito non di plastica o costruito con i soli twitter e follower. Di certo rivaluta un governo, la cui maggioranza e programma sono legittimate da un voto dei cittadini. Non accadeva dal 2011. E’ un fatto politico di rilievo per il nostro paese ma è normalità in molti altri paesi europei.
Dei tanti profili pubblicati su Giorgia Meloni alleghiamo quelli di Flavia Perina «E “la piccoletta” scalò l’Italia», su La Stampa e di Ilvo Diamanti “Ecco come Meloni ha attraverato il deserto a destra” .
Nel discorso programmatico (vedi allegato) per la richiesta della fiducia alle Camere, Giorgia Meloni ha richiamato i principali riferimenti e i valori sui quali si costruisce l’identità politica della destra: le radici storiche giudaico-cristiane, la nazione, i patrioti, la libertà, la famiglia, l’iniziativa privata, il made Italy, il protagonismo individuale, il freno all’assistenzialismo, lo Stato amico e conciliante, la legalità, il merito, il lasciare fare. Traducibili in slogan come <dio,patria,famiglia> oppure <legge e ordine>, <diritti e doveri>.
Rosi Bindi ha commentato in diretta l’intervento di Giorgia Meloni con queste parole < (…) ho dichiarato più volte di apprezzare la storia politica di Giorgia, è un grande fatto politico e culturale che una donna sia diventata premier… è importante che abbia espresso con grande lucidità e chiarezza cosa sia e cosa persegua la destra….sottolineo l’assenza nelle parole di Giorgia Meloni di un richiamo alla Resistenza che ha consentito di fare nascere la nostra Costituzione, non concordo per nulla su quanto ha detto sia sul Covid-Sanità e sia sulla scuola …Peccato che non ci sia un leader altrettanto capace di fare capire con uguale chiarezza cosa sia la sinistra…>. Rosi Bindi ha sottoscritto un appello, con altri esponenti del campo largo progressista, che al punto 6 recita < 6) – Chiediamo di assumere quale comune stella polare, ideale e programmatica, l’ancoraggio ai valori della Costituzione, la dignità del lavoro, la giustizia sociale e ambientale, la pace e il disarmo, la lotta contro le disuguaglianze, la cittadinanza dei “nuovi italiani”. Convinti come siamo che astensione ed esito del voto sono frutto di un divario profondo tra la vivacità del paese e la sua traduzione nella politica organizzata, consideriamo urgente fornire un solido riferimento politico alle istanze serie e radicali di cambiamento che vengono espresse da tante realtà civiche e sociali, in particolare delle donne e dei giovani…> per leggere il testo un clic qui . https://volerelaluna.it/che-fare/2022/10/04/campo-progressista-imparare-la-lezione-e-ricominciare-insieme/
Dal 25 settembre in poi e più ancora dopo la presentazione del nuovo governo e la ridenominazione di alcuni ministeri, sono fioccati gli interventi di contestazione a quelle scelte, come ad esempio per i ministeri Istruzione e merito e Agricoltura e sovranità alimentare. Al riguardo formuliamo due osservazioni:
- la prima: perché i partiti alternativi al centro-destra hanno atteso la formazione del governo per contestare la definizione “istruzione e merito” descritta al punto 14 del programma del centro-destra (vedi allegato)? Perché non è stato un punto centrale per la loro battaglia elettorale?
- la seconda: perché contestare la “sovranità alimentare” che è un concetto e una proposta nata nel campo progressista, ossia nella straordinaria realtà di Terra Madre e nel slow food? (vedi in allegato due articoli di Petrini)
Molti cittadini non votano più e la gran parte di essi non per un disinteresse qualunquista bensì per la disillusione e la sensazione di tradimento da parte di una politica di partito di questi ultimi decenni ben alimentata da un certo tipo di giornalismo, di talkshow e telegiornali che danno fiato e spazio a questa “brutta politica”. Fare informazione con i titoli su 4-6 colonne che spesso non sono aderenti ai contenuti dello stesso articolo fa parte della “brutta politica”. In allegato potete leggere le prime pagine di 21 quotidiani del 23 ottobre. Sulla responsabilità dell’informazione alleghiamo l’intervista del preside della Scuola di Giornalismo della Columbia University (NewYork), William Jelani Cobb, Senza il vero giornalismo la democrazia muore, rilasciata a Paolo Mastrolilli su La Repubblica.
Per riflettere sull’anima conservatrice-reazionaria o conservatrice-sociale di un partito o coalizione di destra di seguito pubblichiamo l’articolo “Le due destre” di Luca Ricolfi, su La Repubblica .
In allegato potete leggere i seguenti articoli: “Il senso dei nomi” di Antonio Polito e “Da Nilde a Rita le 16 che osarono” di Gianna Fragorosa, su Il Corriere della Sera.. Carmelo Palma in “Vasto programma. La vaghezza del pensiero meloniano e le domande sbagliate dell’opposizione demo populista”, su Linkiesta.it, dopo le dichiarazioni programmatiche, afferma che < Alla Camera e al Senato, la presidente del Consiglio ha omesso, e parzialmente rinnegato, il suo passato politico. Solo il tempo ci dirà se quest’operazione trasformistica è un vero cambiamento o solo un maquillage per rimanere al potere (…) per continuare un clic https://www.linkiesta.it/2022/10/giorgia-meloni-discorso-camera-senato/
Luca Ricolfi < Per le cancellerie straniere è difficile da capire, ma quel che sta avvenendo in Italia è una cosa più complicata, molto più complicata, di quella che sembra. Visto da lontano, l’esito del voto del 25 settembre è semplicemente la nascita del governo “più a destra” di tutta la storia della Repubblica, inopinatamente guidato da un partito post-fascista. Ma, visto da vicino, quel medesimo esito ha un senso assai meno univoco. E solleva semmai una domanda: può la scelta atlantica di Fratelli d’Italia, insieme al complesso di idee di cui il partito di Giorgia Meloni è portatore, produrre un nuovo posizionamento, nonché un affrancamento definitivo dalle sue radici più remote? Quella che si sta compiendo in questi giorni, infatti, è innanzitutto una profonda mutazione delle basi sociali, politiche e culturali del blocco di centro destra. Che è alquanto diverso da quello che è sempre stato nel corso della seconda Repubblica, ed è estremamente differenziato al proprio interno.
Nella coalizione che ha vinto le elezioni, la nuova destra di Giorgia Meloni rappresenta il tassello più atlantista ed europeista, ma soprattutto il tassello più moderato sul versante cruciale della politica economica. Basta una scorsa ai programmi (e alle promesse!) dei tre partiti di destra per rendersi conto che il programma comune (imposto da Giorgia Meloni) è una sorta di barriera frangi-fuoco contro l’azzardo della flat tax e le follie della spesa corrente in deficit, implicita nelle promesse degli alleati Salvini e Berlusconi.
E basta andare un po’ in là nel tempo e nei dettagli per accorgersi che, non da ieri ma almeno dal 2014, la stella polare della politica economica di Fratelli d’Italia è l’occupazione, perseguita mediante gli sgravi contributivi, non certo l’alleggerimento della pressione fiscale sui ricchi. Visto con gli occhi della “teoria economica della democrazia”, secondo cui la variabile politica cruciale è il grado di ostilità alle tasse, il partito più a destra del nostro sistema politico è quello di Salvini (ancora più anti-tasse di Forza Italia), non certo quello di Giorgia Meloni, che ha le sue radici nella destra sociale.
Ed è curioso che le autorità europee, così attente al deficit pubblico e così preoccupate della fedeltà all’alleanza atlantica, fatichino tanto a rendersi conto che un governo a guida Meloni è molto più rassicurante ed europeista di un governo a guida Salvini o Berlusconi, con le loro ambiguità sulla politica estera e la loro indulgenza verso gli sforamenti di bilancio. Ma non sono solo le cancellerie estere e le autorità europee a non cogliere il nocciolo dei cambiamenti in atto. Contrariamente a quanto molti pensano, la base sociale della nuova destra di Fratelli d’Italia non è soggettivamente più “di destra” di quella dei partiti alleati, e se ne differenzia semmai per il maggiore insediamento nei ceti popolari, nel mondo del lavoro, e persino in quello sindacale.
La realtà è che, con il 25 settembre, si chiude un capitolo della storia della destra italiana e se ne apre uno nuovo, che non ha senso leggere con le lenti del passato. Un capitolo che è nuovo non solo perché, per la prima volta nella storia d’Italia, l’elettorato ha voluto dare fiducia a una donna anziché a un uomo, ma perché diversa è la base sociale del partito vincitore, e diverse sono le idee portanti della politica economico-sociale.
Il problema, lo testimoniano le vicende di questi giorni, è che Salvini e Berlusconi, astri in declino della vecchia destra, non paiono pronti – a dispetto della sconfitta elettorale – a fare un passo di lato, e a prendere atto del mutamento. Che non sta solo nel fatto che consenso, età e carisma giocano nettamente a favore di Giorgia Meloni, ma nel fatto che la vincitrice, con la sua fermezza sull’atlantismo e la sua determinazione sulla qualità dei ministri, sta provando a cambiare le regole del gioco, lasciandosi alle spalle un’era in cui (quasi) tutto era negoziabile, e gli alleati minori potevano fare il brutto e il cattivo tempo con il leader della coalizione.
Solo il tempo potrà dirci se la scommessa della giovane premier sarà stata vincente o se, passata la strettoia della formazione del governo, rivedremo l’Italia di sempre.>
Non sono più un sindacalista ma, per deformazione professionale, cerco di valutare quanto accade con gli occhiali di quello che ho imparato in tanti anni.
Su questo, voglio impostare il ragionamento sul discorso della/del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Il centro destra ha vinto le elezioni con grande margine, con un programma e alcune parole d’ordine.
Dopo i primi giorni nei quali sembrava la nipote di Draghi, nell’intervento alle Camere ha confermato quanto declamato in campagna elettorale ( cito solo una parte per brevità):
Flat tax
Abolizione reddito di cittadinanza definito “metadone” ( non è una bella frase perche ‘ equipara un povero ad un tossicodipendente.)
Blocco navale contro la “presunta” invasione di africani o asiatici.
Pensione anticipata con 41 anni di contributi.
Presidenzialismo.
Messa in discussione dei “diritti civili”
Critiche alla gestione del COVID
Mi pare che quasi tutti questi punti non promettano niente di buono ai lavoratori e ai pensionati e non siano in linea con le politiche del sindacato.
La tassa piatta infatti elimina la progressività delle imposte e va a favore dei redditi più alti e non certo dei poveri e della maggioranza dei rappresentati dal sindacato.
Sul reddito di cittadinanza ho già scritto qualche giorno fa e nonostante i difetti della norma, che si possono correggere, è impensabile eliminarlo davanti all’aumento della povertà.
Il blocco navale, inventato per fare concorrenza a Salvini, non solo è inattuabile ma è disumano e contrario al principio di accoglienza perorato da Papa Francesco che la Meloni cita solo quando le conviene. Già i primi provvedimenti del governo contro le Onlus devono preoccupare. Il sindacato è per l’accoglienza degli immigrati.
Pensione anticipata: potrebbe andare incontro alle istanze sindacali, ma sappiamo che non verrà attuata perché mancano le risorse da destinare a bollette e costo dell’energia.
Presidenzialismo: il sindacato è sicuramente contrario perché il principio di sussidiarietà verrebbe messo a rischio.
Sui diritti civili non mi soffermo. Vediamo cosa farà la Meloni.
Sulla gestione del Covid il sindacato è stato favorevole ai provvedimenti del Governo Conte Speranza e aveva addirittura proposto il green pass per i lavoratori. FDI contraria. Anzi vuole fare un’inchiesta.
Proporre quindi un patto sociale con questo Governo dovrebbe presupporre un cambiamento di linea da parte del Governo o da parte del Sindacato.
Non rimane dunque che un’azione sindacale di contrasto a questo programma, al netto dei provvedimenti su bollette e energia, nel tentativo di trovare punti di incontro e successi significativi per lavoratori/lavoratrici e pensionati/pensionate che non potranno che essere parziali. Un patto sociale senza una visione almeno parzialmente comune mi pare inopportuno.
A proposito di assistenzialismo infine vorrei ricordare che quando il governo Conte 2 dava i ristori a 500 euro, la Meloni chiedeva di dare il doppio senza nessun controllo, favorendo irregolarità ed evasione fiscale.
Fabrizio Carta
Via Giardini 149
09127 Cagliari