Partecipare al Lavoro

 “La Partecipazione al Lavoro”: questo il nome della proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori nelle aziende depositata giovedì 20 Aprile mattina dal segretario generale della Cisl Sbarra, insieme ad una delegazione della Confederazione di Via Po, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione. Il testo, su cui la Cisl avvierà da maggio una grande campagna di raccolta firme su tutto il territorio nazionale, punta a dare piena attuazione all’articolo 46 della Costituzione, promuovendo e incentivando la democrazia economica e la partecipazione gestionale, finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori alle imprese.

Iniziativa nel tempo opportuno?

La notizia è stata pubblicata su Conquiste del Lavoro e da alcuni quotidiani relegandola in brevi articoli delle pagine interne. < La proposta – scrive Giampiero Guadagni su Conquiste del Lavoro – si articola in 22 articoli suddivisi in 9 titoli ed hanno l’ambizione di cambiare profondamente il modello economico. Una rivoluzione tutta ”dal basso”, prima con una raccolta di firme su una proposta di legge di iniziativa popolare e poi attraverso la contrattazione. Per promuovere in Italia partecipazione e democrazia economica come ”diritto fondamentale dei lavoratori e dei cittadini, leva per uno sviluppo socialmente sostenibile”. Sarà questa la priorità strategica della Cisl per i prossimi mesi e anni: favorire una svolta nell’economia del Paese, grazie a un diverso rapporto fra lavoratori e imprese pubbliche e private.

Senza imporre nulla per legge, ma valorizzando gli accordi contrattuali, spaziando dalla semplice informazione ai dipendenti alla codecisione sull’organizzazione del lavoro, dalla partecipazione agli utili a quella al capitale dell’azienda, fino all’ingresso dei rappresentanti dei lavoratori nei Consigli d’amministrazione o di Sorveglianza delle società. Capace – grazie anche a investimenti e incentivi fiscali per dipendenti e aziende – di far ”avanzare insieme sviluppo economico e progresso sociale”.

La proposta di legge di iniziativa popolare prevede come riferimenti normativi l’articolo 46 della Costituzione, la Carta sociale europea e tutto il quadro di regolazione comunitaria sul lavoro, sempre però avendo come base i contratti collettivi nazionali e aziendali. Nella presentazione della proposta di legge si citano almeno 40 esempi di gruppi grandi e medi – da Luxottica a Piaggio a Leroy Merlin per fare solo tre nomi – nei quali negli ultimi anni si sono consolidate esperienze le più diverse di partecipazione contrattata tra sindacati e imprenditori.

Per la Cisl ora si tratta di estendere e generalizzare queste esperienze, di farle diventare la normalità delle relazioni sindacali, di spingere verso una partecipazione lavoratori-imprese sempre più efficace e caratterizzante, tale da rendere concreta una maggiore democrazia economica nel nostro Paese. Un processo che il sindacato ritiene si possa innescare appunto con la raccolta di 50mila firme su una legge di iniziativa popolare che, se fatta propria e approvata dal Parlamento, potrà fungere da cornice regolatoria e soprattutto da stimolo potente per raggiungere l’obiettivo.

Sottolinea Sbarra:Il tempo è maturo per far evolvere il rapporto tra impresa e lavoro nel solco di una più solida democrazia economica. Con la nostra proposta di legge intendiamo farlo sostenendo con determinazione relazioni industriali partecipative, che riconoscano alle lavoratrici e ai lavoratori del nostro Paese forte ruolo nelle scelte strategiche e nell’organizzazione del lavoro”. Quella della partecipazione ”è un’opportunità che incrocia tutte le grandi sfide del nostro tempo – continua il leader Cisl -: la via maestra per salari più alti, maggiore valore aggiunto e produttività, difesa occupazionale, buone flessibilità condivise e contrasto alle delocalizzazioni, maggiore sostenibilità sociale. Non c’è sentiero migliore per innalzare i livelli qualitativi e quantitativi di formazione, per elevare l’innovazione di processo e prodotto, per proteggere i piccoli azionisti-lavoratori e orientare sull’economia reale gli investimenti privati. Relazioni pienamente partecipative contribuiscono poi all’aumento dei livelli di salute e la sicurezza nelle aziende, garantendo monitoraggio e vigilanza sul rispetto delle leggi e delle regole”.

Una scelta partecipata?

La proposta di legge depositata dalla Cisl ”risponde a tutte queste esigenze in modo concreto, completo, proponendo innovazioni sostenibili e immediatamente applicabili, coprendo tutte le forme di partecipazione: dalla gestionale all’organizzativa, dalla finanziaria alla consultiva. Lo fa senza impostazioni dirigiste o precettive, ma incentivando il libero incontro negoziale nelle imprese”. Conclude Sbarra: ”È una sfida che crediamo debba essere raccolta dalle associazioni datoriali per innovare le relazioni industriali; ed anche dal Governo, chiamato ad incoraggiare questa pratica attraverso sostegni e incentivi rivolti ad accordi partecipativi. Per questo avvieremo nelle prossime ore incontri con i vertici istituzionali, i leader politici e le rappresentanze sociali”. >


PierLuigi Ossola ha inviato a commentato un impegnativo articolo (5 cartelle) con un eloquente titolo “ Democratizzare – Demercificare – Disinquinare” che così inizia : < Il 9 marzo l’esecutivo della Cisl ha deliberato una proposta di legge di iniziativa popolare sul coinvolgimento dei lavoratori alla gestione, ai risultati ed alla organizzazione delle aziende. In un’intervista rilasciata il 10 marzo al giornale Avvenire, il segretario generale della CISL Luigi Sbarra ha affermato che: « è venuto il momento di concretizzare ciò che è presente nella nostra Costituzione all’articolo 46 poiché la partecipazione è la più grande riforma istituzionale verso una piena democrazia sociale, cosa di cui abbiamo enormemente bisogno per raccogliere le sfide di un’economia in transizione…Promuovere in Italia la partecipazione e la democrazia economica,come diritto fondamentale dei lavoratori e dei cittadini sarà la priorità strategica della Cisl per i prossimi mesi e anni, per favorire una svolta dolce ma decisa nell’economia del Paese, grazie a un diverso rapporto fra lavoratori e imprese pubbliche e private. Senza imporre nulla per legge, ma valorizzando gli accordi contrattuali. »

Quando ho letto queste dichiarazioni del segretario Sbarra, lo ammetto, la mia prima reazione è stata: guarda da che pulpito viene l’esaltazione del valore della partecipazione e della democrazia nelle organizzazioni. Per Sbarra la democrazia è importante in casa d’altri, non nella propria! Mi sono però subito pentito ed un po’ vergognato di questa astiosa reazione e mi sono impegnato a cercare di capire meglio significato e valore della democrazia economica, sulla quale, pur scontando enormi ritardi e insufficienze rispetto ad esempio al modello tedesco della mitbestimmung (sistema duale dei Consigli di sorveglianza), non siamo però neppure all’anno zero.

Sino ad ora ho pensato che solo nelle varie forme di autogestione da parte dei lavoratori, e quindi in primo luogo nelle imprese cooperative, ci siano le condizioni per realizzare davvero la democrazia nel lavoro. Non ho mai preso seriamente in considerazione le varie forme di cogestione (quelle sostenute dalla proposta di legge della CISL) ritenendo che si tratti di forme di partecipazione strumentali e sulbalterne. Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione sono da sempre convinto che c’è molto da cambiare per quanto riguarda la partecipazione ed il controllo dei cittadini sul suo operato, mentre penso che forme di cogestione con i lavoratori che vi operano presentino il forte rischio di rafforzare le spinte corporative già molto presenti nei sindacati della Pubblica Amministrazione.

Partendo da queste idee sono andato a documentarmi e, oihmè, mi sono reso conto di avere una visione quanto meno ampiamente insufficiente per affrontare le trasformazioni intervenute in modo dirompente nell’economa e nella società dopo la crisi del 2008. Mi sembra perciò importante darvi conto, almeno in sintesi, di quanto mi ha convinto a considerare la democrazia economica in tutte le sue forme un tema di grande attualità ed importanza, di cui in questi anni si è discusso troppo poco e che vale perciò la pena di rilanciare ed approfondire.

Lo farò prendendo a riferimento il “Manifesto del lavoro – Democratizzare, Demercificare, Disinquinare” scritto nel 2020 da 12 ricercatrici e docenti universtarie di paesi e discipline diverse e sottoscritto in poche settimane da oltre 3000 docenti e ricercatori/ricercatrici di oltre 650 istituzioni accademiche di tutto il mondo. E’ stato pubblicato in 12 lingue su 43 quotidiani in cinque continenti e dalle Éditions du Seuil con il titolo “Le Manifeste Travail. Démocratiser – Démarchandiser – Dépolluer”, che comprende approfondimenti su parti specifiche del Manifesto scritti dalle ricercatrici che lo hanno redatto. L’edizione italiana del testo delle Edition du Seuil è stata pubblicata nel 2022 da Castelvecchi editore con la la prefazione di Maurizio Landini, segretario generale della CGIL che motiva le ragioni della propria adesione al Manifesto sottolineandone l’importanza. (…)  per proseguire aprire l’allegato che si conclude con queste domande

  • Concordano CGIL CISL e UIL sugli obiettivi proposti a livello mondiale dal Manifesto per il lavoro?
  • Sono questi obiettivi che il segretario Sbarra intende indicare quando dichiara che: “la priorità strategica della Cisl per i prossimi mesi e anni, è favorire una svolta dolce ma decisa nell’economia del Paese, grazie a un diverso rapporto fra lavoratori e imprese pubbliche e private”?
  • Se la risposta alle domande che precedono è affermativa è urgente passare dalle parole ai fatti. Ora
  • tocca ai dirigenti delle tre organizzazioni sindacali tradurre affermazioni di principio in una concreta, forte e coerente azione sindacale unitaria. Ci si può sperare, o questa è solo un’utopia?

Come redazione di Sindacalmente esprimiamo non pochi dubbi sui tempi e sulla modalità dell’iniziativa della Cisl che si sovrappone alla mobilitazione unitaria di primavera per sostenere in un clima politico difficile una impegnativa e onerosa piattaforma rivendicativa unitaria verso il governo Meloni.

  • Su quali fatti si basa l’affermazione di Sbarra che “Il tempo è maturo per far evolvere il rapporto tra impresa e lavoro nel solco di una più solida democrazia economica”? L’imperativo delle aziende quotate è ancora quello della scuola americana di assicurare la creazione di valore all’azionista, poi segue il resto.
  • Tempi maturi anche per un’iniziativa di singola organizzazione? Quando per una  simile impegnativa materia sarebbe più idonea la sede del Cnel per un confronto e per costruire una proposta unitaria tra sindacati e imprenditori.

Temiamo che l’iniziativa Cisl – frettoloso e verticistica – possa trasformarsi in un diversivo rispetto alla piattaforma sindacale unitaria, utilizzabile strumentalmente da un governo che certamente ha nelle sue corde richiami ad antiche esperienze corporative, però lontane dalla partecipazione attiva dei lavoratori.

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