La base culturale-politica della nostra Costituzione è l’antifascismo sancito dalle parole  dell’articolo 21 sul diritto di tutti i cittadini alla libertà: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure..”. Il regime fascista è stata una dittatura che ha violato questo diritto alla libertà, utilizzando la violenza brutale delle bande armate, poi diventate milizie del partito fascista, emanando leggi speciali per imporre un pensiero unico della Nazione eliminando – anche fisicamente o con il confino – ogni forma di opposizione e di pensiero critico. Questa è stata la caratteristica peculiare del ventennio fascista  – 27-10-1922, la marcia su Roma, 25-6-1943 Mussolini in minoranza al Gran Consiglio – che nei suoi ultimi anni di vita (1938-43) ha deliberato gli atti peggiori come le leggi razziali e l’ingresso nella seconda guerra mondiale a fianco di Hitler, la costituzione della Repubblica di Salò.

Oggi nel nostro paese si condannano, quasi unanimemente, anche nei partiti post-fascisti, gli atti finali di quella dittatura, ma non si fa altrettanto quando si valuta la “matrice nera violenta” dell’intero ventennio fascista, che ha imposto il consenso con “bastone e carota” aggregando il popolo e gli intellettuali. Ignorando, o dimenticando volutamente, questa caratteristica diventa fuorviante ricordare che il fascismo, prima del 1938, ha fatto anche “cose buone”, nel mentre si calava il sipario sulla democrazia parlamentare e per la libertà nella società italiana.

Le inquietanti dichiarazioni di esponenti di primo piano del governo Merloni, e della stessa premier, delle ultime settimane sono foriere di un pericoloso revisionismo storico finalizzato a rivalutare non solo il concetto di Nazione ma con esso il nazionalismo, anche nelle forme e culture più esasperate, che spingono alla scelta scelta del riarmo in ogni paese e con esso il ricorso alle guerre come un “proseguimento della politica” per dirimere conflitti economici o geopolitici. Un revisionismo storico anche utile, per taluni valori identitari delle destre, per costruire uno schieramento politico per le prossime elezioni per il Parlamento europeo del 2024, spostando l’asse politico degli equilibri europei.

Ingresso di Auschwitz: “Il lavoro rende liberi”

Di grande fermezza e fedeltà storica sono state le parole del presidente Sergio Mattarella pronunciate in Polonia dopo aver visitato i campi di sterminio. Davanti a 42 superstiti dell’Olocausto e migliaia di giovani venuti da tutto il mondo quando, nel lager di Birkenau, a conclusione della Marcia dei vivi che dal 1988 ogni anno lì si ripete per ricordare i morti, stronca sul nascere ogni tentativo di cambiare le carte in tavola. Questo il testo integrale, pubblicato su La Stampa del 19 aprile.

“I regimi fascisti aiutarono lo sterminio”

< Rivolgo un saluto caloroso e un ringraziamento alla Marcia dei Vivi, ai suoi organizzatori, a tutti i partecipanti, alle autorità presenti. Un saluto particolare ai sopravvissuti, preziosi testimoni della verità. Siamo qui oggi a rendere omaggio e fare memoria dei milioni di cittadini assassinati da un regime sanguinario come quello nazista che, con la complicità dei regimi fascisti europei, che consegnarono propri concittadini ai carnefici, si macchiò di un crimine orrendo contro l’umanità. Un crimine atroce che non può conoscere né oblio né perdono.

In quattro anni, dal 1941 al 1945, in questo complesso furono assassinate centinaia di migliaia di persone, ben oltre un milione, in ragione della propria appartenenza a una fede, a una cultura, in ragione delle loro convinzioni o della loro condizione. Nei campi nazisti, oltre a milioni di ebrei, bersaglio di quella disumana macchina di orrore, anche oppositori politici, sinti, rom, disabili, omosessuali trovarono la morte nelle camere a gas, o per il freddo, la fatica, la fame e le malattie o, ancora, perché vittime di esperimenti criminali.

Cittadini innocenti di ogni parte d’Europa furono tradotti bestialmente a questo luogo di morte. Un immenso cimitero senza tombe. Possiamo recarci al Muro della Morte ma, se pensiamo alle vittime, dobbiamo alzare lo sguardo ben oltre. «Tu passerai per il camino» minacciavano i kapò e le guardie dei lager. La Polonia si trovò a pagare un prezzo altissimo in termini di vite umane durante l’occupazione nazista. Tra l’autunno del 1943 e gli ultimi mesi del 1944, anche migliaia di italiani furono deportati qui dall’Italia. Per la quasi totalità di loro fu un viaggio senza ritorno.

Non a caso, Polonia e Italia sono tra le Nazioni europee più impegnate a conservare la Memoria dell’Olocausto e a promuoverne la conoscenza tra i giovani. Rincuora vedere che migliaia di ragazze e ragazzi danno vita ogni anno a questa marcia. Quest’anno ci accompagnano in questa esperienza indimenticabile due sorelle italiane sopravvissute agli orrori di Birkenau: Tatiana e Andra Bucci. Con loro, giovani studenti del mio Paese. A Tatiana e Andra va il ringraziamento di noi tutti. Oggi più che mai, nel riproporsi di temi e argomenti che avvelenarono la stagione degli anni ‘30 del secolo scorso con l’infuriare dell’aggressione russa all’Ucraina, la Memoria dell’Olocausto rimane un monito perenne che non può essere evaso.

L’odio, il pregiudizio, il razzismo, l’estremismo, l’antisemitismo, l’indifferenza, il delirio, la volontà di potenza sono in agguato, sfidano in permanenza la coscienza delle persone e dei popoli. Non può essere ammesso nessun cedimento alle manifestazioni di intolleranza e di violenza, nessun arretramento nella tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, base del nostro convivere pacifico.

Chi aggredisce l’ordine internazionale fondato su questi principi deve sapere che i popoli liberi sono e saranno uniti e determinati nel difenderli. Cari sopravvissuti, care ragazze e cari ragazzi, autorità, oggi è il giorno dello Yom HaShoah, la giornata del Ricordo dell’Olocausto.

Ricordare è dimensione di impegno. È dimostrazione che, contro gli araldi dell’oblio, la memoria vince. Per affermare l’orgoglio di voler essere “persone umane”. Per ripetere – e ribadire – “mai più”. >

Due anni fa, l’allora premier Mario Draghi, dopo aver partecipato alla cerimonia all’Altare della Patria, ha visitato il Museo della Liberazione in via Tasso a Roma, da dove pronunciò queste chiare parole «..Nell’onorare la memoria di chi lottò per la libertà dobbiamo anche ricordarci che non fummo tutti, noi italiani, “brava gente”. Dobbiamo ricordare che non scegliere è immorale per usare le parole di Emanuele Artom. Significa far morire, un’altra volta, chi mostrò coraggio davanti agli occupanti e ai loro alleati e sacrificò sé stesso per consentirci di vivere in un Paese democratico.». Parole inedite per un presidente del Consiglio classificato come”tecnico”. Per più dettagli: https://sindacalmente.org/content/quel-vento-daprile/

Giorgio Barberis, in “Il fascismo eterno. Un rilettura di Umberto Eco”, un articolo del 26-1-2022, propone riflessioni di grande attualità per quanto avviene in Italia e nel mondo. Inizia citando il monito di Primo Levi «Ricordate che quello che è stato, in futuro, con il sonno della ragione e la mancanza di memoria, potrebbe ripetersi e verificarsi nuovamente». Proseguire con questo link https://volerelaluna.it/allarmi-son-fascisti/2022/01/26/il-fascismo-eterno-un-rilettura-di-umberto-eco/

Per quanto avviene si avverte la necessità – nelle scuole come sui luoghi di lavoro, per le istituzioni e per l’intero paese – di approfondire cosa sia stato il ventennio-fascista e la Resistenza, per costruire una memoria il più possibile estesa e condivisa, anche se non unanime. Pensiamo che possa essere di gran ausilio il libro dello storico Claudio Pavone Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza”, pubblicato per la prima volta nel 1991. All’epoca suscitò appassionate discussioni – e anche scalpore tra le file dei partiti di sinistra – in quanto la sua analisi interpreta la Resistenza come una triplice lotta armata:quella “patriottica” contro l’invasore tedesco, quella “civile” fra italiani fascisti e antifascisti equella “di classe” fra componenti rivoluzionarie e classi borghesi. Nell’opera l’autore, già partigiano durante la Resistenza, analizza il fenomeno resistenziale nei suoi molteplici aspetti,  con una ricca documentazione bibliografica, concentrando principalmente l’attenzione sulle motivazioni, i comportamenti, le aspettative e gli obiettivi dei combattenti partigiani. https://it.wikipedia.org/wiki/Claudio_Pavone

Marco Polito in ” Le ostilità di troppo”, su Corsera del 22 Aprile, riprende l’analisi di Claudio Pavone e scrive “..Il nodo storico inestricabile sta nel fatto che in quel 25 aprile del 1945 finirono contemporaneamente tre guerre: quella patriottica, quasi un secondo Risorgimento; quella di liberazione (« e come potevamo noi cantare/ con il piede straniero sopra il cuore»); e quella di classe, che sperava di edificare anche qui una società socialista. La sinistra non le vinse tutt’e tre, e questo non è mai stato accettato da una sua parte influente in quanto irriducibile. Nacque così il mito della «rivoluzione tradita», e venne radicata nel senso comune l’equazione «antifascista= democratico ». Che ormai, dopo la fine del comunismo, sappiamo non essere vera: non tutti gli antifascisti erano democratici, anche se tutti i democratici furono antifascisti. Davvero dunque non può stupire che anche l’ultima grande sconfitta elettorale della sinistra abbia riacceso lo scontro sulla Liberazione. Però stavolta c’è dell’altro. E sta nel fatto che è appena andata al potere una Destra che non mostra di avere alcuna voglia di rinunciare a quello stesso residuo identitario che i suoi nemici le imputano. Quasi come se la sua storica «estraneità» al fronte antifascista internazionale che vinse la guerra, e a quello interno che poi scrisse la Costituzione, le tornasse oggi persino utile a ristabilire una simmetria degli opposti: perché le consente a) di continuare a sentirsi sé stessa, nonostante i compromessi necessari per governare, b) di distrarre l’attenzione dalla difficoltà di governare. Così è tutto uno svicolare…. “ per proseguire aprire l’allegato.

https://riflessimenorah.com/perche-il-25-aprile-rischia-di-essere-dimenticato/ Una lunga e bella intervista di Massimiliano Boni allo storico Alberto Caviglion

Gianfranco Fini, In mezz’ora, nella trasmissione Rai di Lucia Annunziata andata n onda Domenica 23 Aprile, ha incalzato a distanza Giorgia Meloni con queste parole:”La destra i conti li ha fatti, Giorgia Meloni dica, perché so che ne è convinta, che libertà e uguaglianza sono valori democratici, sono della Costituzione, sono valori antifascisti. Non capisco la ritrosia a pronunciare questo aggettivo. La capisco, ma non la giustifico». E poi l’affondo: «Fratelli d’Italia dica che si riconosce nei valori antifascisti oggi, come An ieri“.(…) per proseguire aprire l’allegato.

Infine alleghiamo il testo integrale dell’intervento del Presidente Sergio Mattarella svolto a Cuneo il 25 Aprile e la lettera della premier Giorgia Meloni inviata al Corriere della Sera. Sono due importanti atti politici con messaggi e auspici comuni ma con due diverse visioni sul significato del 25 Aprile, della Resistenza e dell’antifascismo che ha ispirato i valori e i principi fondativi della nostra Costituzione. Ritorneremo ancora su questi testi nel prossimo aggiornamento.

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