ANNI SPEZZATI E DISPREZZATI – M.Dellacqua – fiction -Torino –
Ho visto in TV il programma “Gli anni spezzati. L'ingegnere” su terrorismo, 61 licenziati e 35 giorni alla Fiat di Torino. Sono rimasto sorpreso, cosa che di solito non mi capita da anni. Il film è costruito in modo tale da contrapporre l'umanità dei quadri, degli operai e della città fedele agli Agnelli all'assedio congiunto ed eversivo del terrorismo e del movimento sindacale. Il terrorismo non è rappresentato come una emanazione ultima e obbligatoria della conflittualità (secondo la nota tesi dei demolitori del sindacalismo consiliare), ma come il regista occulto del movimento sindacale. Il salto interpretativo offerto al telespettatore è notevole.
Mi sono sempre illuso che anche nel cinema potesse valere la regola che governa il romanzo storico, un misto di storia e di invenzione, laddove l'invenzione, cioè la fiction è un espediente utile a meglio comprendere lo spirito della realtà. Ma la finzione dovrebbe esplorare la realtà, non scavalcarla con tanta disinvoltura. Non c'è solo, come già segnalato da Piero Baral * l'anticipazione arbitraria dell'assalto alla scuola di amministrazione aziendale che seguì e non precedette il licenziamento dei 61.
C'è anche la trasformazione della marcia dei cosiddetti quarantamila in manifestazione "trasversale" contro il terrorismo, quando invece fu un'azione di rottura consapevole del fronte sindacale in sciopero e di sostegno della posizione aziendale: pur di mescolare il terrorismo con i 35 giorni si posticipa l'esecuzione del sorvegliante della Framtek Ala risalente al gennaio 1980. Per tutto il mese dei presidi i gruppi della lotta armata non mossero un dito.
Aggiungo poi che la diffusione del questionario antiterrorismo e il dibattito che lo accompagnò risale alla primavera del 1979. Durante i presidi era un pallido ricordo e le preoccupazioni erano altre.
Del fascino della violenza non ci siamo ancora liberati. La lotta contro la violenza ci accompagnerà sempre, fin quando vorremo lottare. E' chi non vuole lottare a cercare nella violenza lo sbocco risolutivo delle ingiustizie sociali che subisce e delle infelicità private che lo tormentano. Negare la violenza che serpeggia tra le nostre debolezze è, a mio avviso, un puntuale regalo ai nostri avversari.
Ciò non deve impedirci di combattere le manipolazioni che offendono le lotte sindacali, offuscano le buone ragioni degli sconfitti e riducono gli operai a fantasmi muti e terrificanti.
Mario Dellacqua
* Nota – Vedi anche l'allegato di Piero Baral con un suo più ampio commento su la Fiction L'Ingegnere. L'assalto alla scuola di amministrazione aziendale di Torino (11dicembre) viene messo prima del licenziamento dei 61 (8 ottobre). I 61 sono presentati come contigui al terrorismo (linea Fiat). Nella seconda parte si parla dei 14000 licenziamennti ma non della conclusione coi 23mila in CIG o ore e della marcia dei capi come contro il terrorismo (invece che contro lo sciopero sindacale). Sono solo alcuni dei temi che invitano a una denuncia per diffamazione. Piero Baral
Allegato:
dopo_aver_visto_la_fiction_baral.doc
Condivido quanto scrive Mario: raramente sono rimasto così nauseato e incavolato per una fiction televisiva…..Confesso che non amando la Tv non ho visto le due precedenti puntate, delle quali peraltro avevo letto commenti poco lusinghieri. Ma la rappresentazione di quegli anni e di quegli avvenimenti, che ho vissuto in prima persona, vengono stravolti e distorti sia nella successione storica dei fatti sia nella confusione più totale dei temi e dei soggetti coinvolti. Mi piacerebbe conoscere da quali fonti ha attinto lo storico curatore della puntata……Non è solo una questione di interpretazione di parte…. bastava che lo storico leggesse i libri e le interviste dei dirigenti Fiat (da Annibaldi a Callieri a Romiti)….Invece si dà in pasto ai giovani un racconto falso e fuorviante che offende la memoria e la storia. Vergogna RAI 1! Gianni VIzio
Delle tre fiction ho visto la prima (Il Commissario) e la seconda parte della terza (L’ingegnere). Sulla prima ho pensato che sarebbe stata tutt’altra Italia se il rapporto tra il Commissario Calabresi e Pinelli (l’ala utopica dell’anarchia) fosse stato come raccontato da Rai 1. Sull’ingegnere? ho seguito con curiosità l’invenzione dei personaggi (il rapporto tra un padre con figlio/a terrorista riguardava la poltica – Carlo DonatCattin – non il responsabile Fiat dele relazioni industriali) ed anche la manomissione degli avvenimenti come sequenza temporale. Pensavo che fosse una libetà – per quanto eccessiva – della fiction per creare il pathos di allora che in quei tempi da molti non era ben percepito.
Sono stati i tre muniti finali della fiction ha lasciarmi sbalordito, tanto da esclamare a voce alta ” No, così no, non si può trasformare Arisio, i quadri Fiat in una sorta di “Giovine Italia” di Giuseppe Mazzini. Quell’organizzazione fondata a Marsiglia nel 1831 con l’obiettivo di trasformare l’Italia in una repubblica democratica unitaria, secondo i principi di libertà, indipendenza e unità. Non sono stati i capi Fiat e dintorni l’argine di massa alla penetrazione e alla propaganda delle Brigate Rosse e di Prima Linea alla Fiat ed a Torino. E’ storicamente provato che per costruire quell’argine il sindacto torinese profuse energie notevoli pur nella difficoltà di salvare il movimento. Quel sindacato torinese contro il quale si scagliarano Arisio ed i quadri.
Quei tre minuti finali fanno a pezzi la storia che una fiction dovrebbe sempre salvagurdare al di là del maneggio disinvolto di personaggi e date. Adriano Serafino