Improvvise ed inattese le rivoluzioni arabe hanno messo l’Europa di fronte alle sue responsabilità e contraddizioni. La più evidente è l’abisso tra la natura degli avvenimenti che avvengono alle sue porte e il tenore delle sue reazioni comprese quelle della prima ora di dirigenti sindacali della CISL con il suo segretario in testa.
Mentre M . Gheddafi reprime nel sangue la rivolta con frasi allucinanti nei suoi discorsi e mentre si gira una pagina nella storia del Nord Africa , l’interesse degli europei ( Italia e Francia in testa ) è tutto preso dai flussi migratori. Franco Frattini , seguito a ruota dal premier, ha brandito la minaccia di un “ esodo biblico”, mentre il presidente francese N. Sarkosy ha messo in guardia contro “ flussi immigratori incontrollabili”.Il Ministro Maroni è arrivato, senza chiedere il permesso né alla UE, né alla Tunisia, ad esaminare la possibilità dell’invio sulle coste tunisine della polizia italiana, prendendosi come risposta del razzista.
La realtà è che nessuno può sapere quanti, tra il 1,7 milioni di stranieri che lavorano in Libia, desiderino fuggire e ci riusciranno ( vedi dichiarazioni del Frontex ufficio europeo con sede a Varsavia per il coordinamento di sorveglianza alle frontiere). Nemmeno quanti tra loro sceglieranno di imbarcarsi verso il Nord mettendo in pericolo la loro vita , piuttosto che ritornare al paese d’origine. Se i combattimenti andranno a vanti anche il numero di libici che emigrano potrebbe aumentare.
Mentre a Bruxelles si discute la possibilità di dividersi “ il fardello” di una ondata di immigrazione, per ora virtuale, L’Unione Europea tarda a portare alla Tunisia , a rischio effettivo di destabilizzazione, il suo aiuto all’afflusso – questo ben reale – di più di 70.000 persone alla frontiera e alla crisi umanitaria che ne deriva. Molti di questi rifugiati sono bloccati perché i loro paesi d’origine – Egitto, Stati africani – non hanno i mezzi per rimpatriarli.
Anche l’amministrato delegato di Impregilo, la multinazionale italiana responsabile tra l’altro del disastro di Napoli, dopo aver affermato che la situazione è “assurda” ( ma che vuol dire ? Quella di prima era forse normale ? ) e che deve farsi carico del rimpatrio di 700 vietnamiti e 500 filippini. La globalizzazione del lavoro a basso costo.
Gli sconvolgimenti in corso mettono a nudo l’imbarazzo di una Europa che ha progressivamente assegnato a regimi totalitari il compito di fare la polizia delle migrazioni. Respingimenti di migranti africani in cambio di agevolazioni commerciali e aiuti finanziari: mercato che si è svolto, tra gli altri, con la Tunisia di ben Alì e la Libia di Gheddafi . Con risultati spettacolari, vantati dal Ministro dell’interno italiano. Gli sbarchi sono diminuiti dopo l’accordo Berlusconi- Geddafhi del 2008. Berlusconi che non ha perso l’occasione , tra l’altro, di fare affari anche per Mediaset, salvo che gli immigrati sono passati da un’altra parte, ben numerosi.
Ma il prezzo è stato umanamente alto : impedendo ai migranti di arrivare alle frontiere dell’Unione si priva coloro che sono perseguitati nel loro paese di richiedere la protezione di rifugiati politici. La chiusura della “ fortezza Europa “ , con l’aiuto di regimi corrotti e violenti, tende a svuotare di senso il diritto d’asilo. Come se la prospettiva della loro libertà, potenzialmente fautrice di nuovi equilibri regionali, facesse paura “ a priori” Le rivolte Mahgrebine sono state immediatamente utilizzate a fini di politica interna per alimentare le paure sull’invasione di clandestini e il pericolo dell’Islam.
La crisi nordafricana ci rivela in ogni caso quella dell’Europa divisa tra i paesi del Sud e quelli dell’Est, indifferenti alle migrazioni africane. Si continua a trattare il problema migratorio in funzione dell’agenda politica nazionale, non come quello che è: una grande sfida diplomatica, economica e sociale comune. Anche il sindacato ha le sue responsabilità. Se la realpolitik e il cinismo , oltre che l’ignoranza, è pane quotidiano per la politica estera del nostro paese. Basti pensare alla dichiarazione di Frattini che è “ fiducioso in positivo” come si potesse essere in negativo.
Anche il sindacato ha la sua realpolitik. Si hanno rapporti diplomatici con i sindacati ufficiali spesso più che conniventi con i Governi autoritari, scarsi o nulli collegamenti con i movimenti sociali, le opposizioni interne e le associazioni che con coraggio si occupano di diritti del lavoro. In Egitto vi sono stati negli ultimi anni numerosi conflitti, scioperi, manifestazioni di lavoratori. Ne avete avuto notizia ? Sono state fatte iniziative in loro sostegno ? Si è manifestata solidarietà ? Quali sono i rapporti con il sindacalismo indipendente ? Salvo alcuni lodevoli casi ben pochi. Ora “ a posteriori “ si fanno dichiarazioni di sostegno unite però al richiamo degli interessi del nostro paese, alle rimesse, etc…
Non siamo molto lontani dai politici giustamente criticati ( naturalmente senza fare nomi ) come ci ha abituato il segretario generale.
T.F
La questione della rivoluzione araba del Mediterraneo segna una sfida molto grande all’Europa divisa fra i suoi particolarismi non riesce ad avere una politica per l’area di questi paesi. La paura indotta dai populismi europei rende quasi estranea questa protesta di civiltà. Non parliamo del ruolo dell’Italia che si aggrappa ora all’Europa dopo che per quasi un decennio l’ha sbeffeggiata anzichè aiutarla nella ricostruzione. Gli slogan fra lega, interessi economici, amcizie pericoloso di Berlusconi e amici, propaganda per infiltrazione terroristiche e paura di aspitare i rifugiati e l’immigrazione, fa si che il nostro paese gioca un ruolo di rimessa anzichè da protagonista. Non comprendo anche i movimenti “pacifisti” del nostro paese che non rendono gloria a questi popoli che desiderano pane e libertà. Per non parlare della Cisl che ha protestato esattamente quindi giorni dopo (senza prendere una posizione immediatamente)a favore dei popoli libici.
Sono d’accordo con l’osservazione fatta a proposito dei pacifisti. Confesso anche il mio disagio di fronte all’estendersi, come altre volte, di un dibattito fatto in nome dei grandi principi. Un giornalista inglese ha scritto un articolo molto interessante a questo proposito ( pubblicato da Repubblica oggi 9 Marzo )dal bel titolo ” La primavera araba e l’inverno occidentale”.
Definisce il regime di Gheddafi “infame”, attributo più che appropriato sulla base delle notizie del comportamento del colonnello e della sua famiglia, manifesta però le sue contrarietà ad un intervento dall’esterno. Lo motiva con cinque ragioni ragioni: non di principio ma politiche. 1) l’amara esperienza dell’Irak: 2)l’importanza dell’autonomia dei movimenti di liberazione arabi ; 3) le accuse all’Occidente di puntare al petrolio che avveleneranno il campo nei rapporti con il mondo arabo; 4) il fatto che due guerre in paesi mussulmani sono sufficenti; 5) la bancarotta morale dell’Occidente rispetto al mondo arabo. Gli arabi non hanno bisogno dei soldati europeio americani per ottenere a libertà.
Di questi quattro motivi solo uno mi convince.L’autonomia dei movimenti di liberazione arabi. Ma cosa rispondiamo se questi “nella loro autonomia” richiedessero un intervento ? Che abbiano fiducia in Chavez come suggerisce Diliberto ? E’ vero sino ad oggi non l’ho hanno fatto. Chiedono però che venga messa in condizione di non nuocere l’aviazione di Gheddafi.
Non ho competenze e conoscenze sufficenti per dire se è possibile rispondere a questa domanda. Non lascerei la risposta solo ad affermazioni di principio o a motivazioni basate su argomenti non solo discutibili ma anche poco esatti. Il pericolo di omissione di soccorso è più reale di quanto si creda. Non ho comunque dato la mia disponibilità a discutere di questi argomenti in tavole rotonde e d’intorni. Mi interessa invece l’approfondimento necessario non solo sulle cause ma su come debbano cambiare le nostre politiche, comprese quelle sindacali. Per evitare le enormi responsabilità passate. Confesso di non essere tanto ottimista.
T.F