Il riformismo radicale
L’articolo “Fabrizio Barca e il riformismo radicale” di Filippo Barbera e Patrizia Luongo, su Il Manifesto, da notizia della pubblicazione del loro libro (Edizione Donzelli) per il settantesimo compleanno del promotore di tante inziative per portare giustizia e uguaglianza, come documenta il sito https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/
Il Forum diseguaglianzediversità riceve molte adesioni sia di Associazioni sia di sindacati. Ma poi? Alcune adesioni importanti si allentano quando il governo presenta leggi e decreti governativi che vengono considerati come un primo passo verso importanti traguardi e riforme ma tali non sono. Il caso recente più clamoroso è quello della Legge 33/2023 per la non autosufficienza priva delle necessarie risorse finanziarie per tradurla in atti concreti per gli anziani. Per realizzare un processo riformatore è necessario un riformismo radicale, si può anche dire essere “moderati radicali” cosa alternativa al moderatismo o all’essere parolai, populisti di qualsiasi colore. Una mezza riforma, una riforma continuamente annunciata genera la sfiducia e il distacco dalla politica e anche qualunquismo nel popolo.
Di seguito l’articolo pubblicato il 10 marzo sul Manifesto << La più grande vittoria del capitalismo, scriveva Mark Fisher in “Realismo capitalista”, è l’azzeramento del futuro come fatto politico orientato dalla giustizia sociale. L’idea, cioè, che il domani non possa essere diverso e migliore dell’oggi; che un «futuro più giusto» sia non solo impossibile ma anche pericoloso; che la reiterazione del presente sia la condizione necessaria per una società aperta.
Nel nostro Paese, le tesi di Fisher sono particolarmente appropriate. La possibilità di un futuro che tracci una più o meno netta discontinuità politica con l’esistente è oscurata dal cono d’ombra del gattopardismo, dove «tutto deve cambiare perché tutto resti come prima». Anzi, si potrebbe azzardare, è proprio la radicalità della proposta di cambiamento che la espone all’accusa di gattopardismo: più la proposta è netta e radicale, più nasconde la volontà di non cambiare nulla.
L’unica possibilità concessa al riformismo è quella di presentarsi senza obiettivi di trasformazione radicale orientati a un futuro più giusto. Un riformismo che infligge enormi sofferenze alle persone, alle classi e ai luoghi più deboli e «senza voce».
Così è per il mescolarsi dell’idea di riformismo con quella di austerità, che ha reso molto difficile sostenere l’importanza delle riforme senza tagliare contemporaneamente la spesa pubblica. Come nel caso delle politiche concentrate sui luoghi «che contano» e indifferenti ai bisogni e alle potenzialità delle aree marginalizzate. Le riforme, nel Paese del Gattopardo, hanno rinunciato all’idea di giustizia sociale, all’afflato verso un futuro più giusto, per adagiarsi sulla conservazione degli interessi più forti.
Ci sono però biografie individuali e storie collettive che indicano una strada diversa, costellata da un riformismo radicale possibile e realizzato, oltre che auspicabile. A testimonianza che il domani può essere diverso dall’oggi e che la direzione del cambiamento può essere indirizzata da principi e strumenti informati dalla giustizia sociale e ambientale, dalla partecipazione pubblica e dall’innovazione tecnologica ed economica.
Storie che sono un antidoto alla micidiale combinazione tra realismo capitalista e gattopardismo che blocca il Paese sul sentiero delle riforme reazionarie che tutelano solo gli interessi di chi ha più voce. Storie che vale la pena raccontare, come quella di Fabrizio Barca. Per il suo settantesimo compleanno esce per i tipi di Donzelli “L’economia, la politica, i luoghi” (a cura di F. Barbera e P. Luongo).
Il volume è diviso in tre sezioni, che coprono le principali fasi della vita professionale e politica di Fabrizio Barca (Banca d’Italia, OCSE-Europa-Stato, Forum Diseguaglianze e Diversità e cittadinanza attiva). Le tre sezioni corrispondono ad altrettanti campi di analisi, ricerca e azione politico-amministrativa: sviluppo economico/impresa, persone nei luoghi/territorio, mobilitazione politica e cittadinanza attiva.
Anziani non autosufficienti – << Il decreto attuativo del governo tradisce le premesse della Legge Delega 33/2023 che dopo oltre due decenni prometteva una riforma della non autosufficienza che riguarda in Italia 10 milioni di persone tra anziani, familiari e caregiver di professione. “Non ci sono le risorse per rendere concrete le indicazioni normative, si cancella l’accesso universalistico ai servizi, ci si dimentica della riforma dell’assistenza domiciliare integrata, peraltro in coerenza con l’impostazione generale del Governo in materia di welfare: destrutturazione dei servizi di territorio, abbandono delle politiche di prevenzione e prossimità”. Forum Disuguaglianze e Diversità. >>.
Si ripercorre così la sua lunga e articolata biografia politico-professionale, contrassegnata dall’apertura alla diversità delle persone, dei saperi e dei luoghi, così come dalla convinzione – mai venuta meno, neppure nei momenti più bui – che l’azione collegiale e le istituzioni sono strumenti plasmabili al servizio della collettività.
I saggi raccolti – che vanno da Ignazio Visco, Enrico, Giovannini, Piero Ignazi, Amartya Sen, Andrès Rodriguez-Pose, Charles Sabel, sino a quelli di dirigenti ministeriali, rappresentanti di associazioni, politici e collaboratrici di Barca – restituiscono la testimonianza collettiva che un riformismo radicale orientato a un futuro più giusto non è solo auspicabile, ma è possibile.
Saggi scritti «con la testa e con il cuore», non celebrativi, e capaci di restituire metodo, contenuti e prospettive a partire dalla filigrana di un infaticabile impegno nei processi decisionali pubblici, nei contesti territoriali e nella cittadinanza attiva.
Un riformismo ambizioso che trascende l’oziosa dicotomia tra top-down e bottom-up (approccio dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto), che rifiuta l’illiberalismo di chi cerca la risposta nella tecnocrazia o nell’autoritarismo e che, al contrario, si apre all’incertezza delle voci più deboli, di quelle che non hanno potere, di chi è più lontano dai centri di controllo che governano le vite delle persone.
Un riformismo costantemente informato da tanta e buona ricerca, capace di mettere a fuoco i limiti e potenzialità dei mercati, il ruolo dell’intervento pubblico, il rapporto tra dimensione locale e sovra-locale, l’innovazione possibile all’incrocio tra economia, politica e società. Sempre in difesa dell’azione pubblica, ma critico verso il centralismo dello Stato e a favore di un’amministrazione reticolare e aperta, basata su un costante presidio dell’attuazione.
Una storia, quella di Fabrizio Barca, che è individuale e collettiva allo stesso tempo; e che mostra come un futuro più giusto non sia impossibile.>>
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