Per la pace perpetua
Rùmine aprile 2022 – Per la pace perpetua – Nel Rùmine di questo mese PierLuigi Ossola propone una sintesi di un breve saggio di Immanuel Kant dal titolo ‘Per la pace perpetua’ ed alcune annotazioni che ha brucato dalla prefazione della prof.ssa Laura Tundo Ferente all’edizione della BUR del 2013 e dall’articolo “Kant filosofo della pace” di Renzo Grassano.
Il titolo del saggio riproduce l’iscrizione satirica presente nell’insegna di un’oste olandese sulla quale era dipinto un cimitero. L’accostamento pace-cimitero in forma aneddotica, era ai tempi di Kant diffuso, anche in ambienti intellettuali, per rimarcare il pessimismo, non solo del pensiero comune, circa le possibilità di realizzazione della pace, congiunto al dileggio riversato sui suoi teorici. Kant con questo titolo sfida apertamente questa concezione per affermare con solide argomentazioni che la pace perpetua non è per i viventi un’utopia ma un obiettivo politicamente e giuridicamente prioritario, possibile e necessario.
Il tema centrale del saggio “Per la pace perpetua” è il conseguimento di una pace duratura e l’esposizione delle condizioni che permettono di giungere ad essa. E’ stato scritto nel 1795, in un contesto storico piuttosto significativo: da una parte la rivoluzione francese con la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, dall’altra quella americana. Kant raccoglie in questo scritto una tradizione che aveva avuto protagonisti pensatori come Erasmo da Rotterdam.
Norbero Bobbio nella prefazione all’edizione di questo saggio degli Editori Riuniti del 1992 ha scritto:
“ Vi sono varie forme di pacifismo, che si distinguono l’una dall’altra sulla base del diverso modo con il quale esse spiegano l’origine della guerra. Il pacifismo di Kant è preliminarmente un pacifismo giuridico, in quanto esso individua la principale causa delle guerre nello stato di anarchia internazionale e di conseguenza affida la loro eliminazione alla istituzione di una comunità giuridica fra gli stati. L’idea razionale di una comunità perpetua pacifica […] di tutti i popoli della Terra che possono vivere tra loro in rapporti effettivi – cosí si esprime Kant – non è tanto un principio filantropico (cioè un principio etico), quanto un principio giuridico”.
Il testo inizia con una premessa in cui con una certa ironia l’autore si chiede se il richiamo alla pace perpetua “riguardi generalmente gli esseri umani o particolarmente i capi di stato che non riescono mai a saziarsi di guerra, oppure forse soltanto i filosofi che sognano quel dolce sogno”, e si risponde che è una questione che “qui possiamo lasciar stare” un po’ a voler dire che la pace è una questione che riguarda tutti.
Completa la breve introduzione l’esposizione della seguente ‘clausula salvatoria’, [clausola contrattuale che permette di conservare la validità della parte restante del contratto, qualora una sua disposizione risulti invalida] motivata con l’intento di premunirsi contro ogni interpretazione malevola: “poiché il politico pratico, nei confronti di quello teoretico, sta in un rapporto tale da guardarlo dall’alto al basso, con grande autocompiacimento, trattandolo come uno scolastico che, con le sue idee vuote, non può arrecar pericolo allo stato che ha da derivare da princípi di esperienza, e che si può lasciar giocare con l’impossibile, senza che l’uomo di stato informato del mondo debba curarsene, egli deve anche procedere, nel caso di un contrasto con lui, in maniera conseguente e non subodorare un rischio per lo stato dietro alle sue opinioni azzardate alla ventura e pubblicamente espresse”.
Nel supplemento che Kant ha aggiunto alla seconda edizione del 1796 egli precisa questa clausola con le seguenti parole: “Compito dei filosofi è non stare a guardare, ma prendere pubblicamente posizione…. Che i filosofi divengano re non c’è da aspettarselo, e neppure da desiderarlo, perché il possesso del potere corrompe inevitabilmente il libero esercizio della ragione. Che però re e popoli regali (che si comandano da sé secondo leggi di uguaglianza) non facciano scomparire o ammutolire la classe dei filosofi, ma la facciano parlare pubblicamente, è ad entrambi indispensabile per la chiarificazione del loro compito”.
E’ una clausola che cito anche a salvaguardia del diritto/dovere di tutti di rùminare e di “prender parola” per socializzare i risultati del proprio rùmine.
Le domande che pongo per il nostro rùmine di questo mese sono dunque due:
- La prima, a cui si può rispondere anche senza leggere lo scritto di Kant è: “Ha senso ragionare sul come costruire una pace perpetua per degli esseri umani vivi e non solo prendere atto di quella di cui godono i morti? ”
- La seconda, a cui si può rispondere solo dopo aver fatto lo sforzo di leggere lo scritto su cui vi propongo di brucare, è: “Ci sono ragionamenti tra quelli proposti da Kant che possono esserci utili anche oggi? Ce ne sono altri che sarebbe opportuno aggiungere ?”
Il presupposto su cui si fonda il saggio ‘Per la pace perpetua’ è la presa d’atto che la convivenza pacifica non è uno «stato naturale» per il genere umano, ma piuttosto uno «stato civile». Occorre, perciò, sottrarre la convivenza umana alla insicurezza e precarietà della condizione di natura, regno della prevaricazione, in cui il conflitto, se non è in atto, è continuamente in agguato, consegnandola, attraverso il contratto sociale, al diritto positivo e ai suoi vincoli, agli istituti e alle leggi.
Dunque, Kant fu prima ancora che un pacifista giuridico, un pacifista razionale con un forte senso della storia. Ci propone di lavorare alla costruzione della pace, non come un’utopia a cui tendere, ma come un insieme di atti realistici che messi uno dietro all’altro possono portare alla vera pace. Non si proponeva di descrivere uno stato di perfezione ma di delineare una teoria dello sviluppo morale, giuridico e politico.
Si può dividere il saggio di Kant in tre parti: la prima in cui l’autore ci propone 6 ‘articoli preliminari’ cioè condizioni da realizzare con tempi più o meno lunghi, ma con la necessaria determinazione e chiarezza di intenti, per rendere possibile ed efficace l’affermazione delle ‘leggi definitive’ elencate nella seconda parte del libro. Nella terza parte del testo ci sono due supplementi, posti a precisare alcuni punti sulla pace perpetua. Il libro termina con una appendice in cui si prende in considerazione la morale degli uomini e la sua possibile discordanza con la politica e sull’accordo necessario tra morale e politica.
I 6 articoli preliminari sono: (…) per proseguire aprire l’allegato ...e poi Vi invitiamo a lasciare un commento
Cosa penso leggendo questa puntata di Rumine? Sono passati oltre 220 anni dallo scritto di Kant. Penso non già alle cause che generano conflitti e guerre ma a cosa fare per fermarli, in attesa di un mondo e di una cultura dell’umanità che sappia anche prevenirli.
Il movimento sindacale italiano e quello europeo perdano di senso se sono privi di una cultura e di atti per orientare milioni di lavoratori contro la guerra e le scelte di riarmo generalizzate, per orientare e costruire la convivenza pacifica pluralista e cooperativa .
Penso che la convivenza pacifica ( che sta un gradino sotto al concetto di pace) sia perseguibile se diamo idee e strumenti alla cosiddetta la neutralità attiva: riconoscere e sostenere sempre la legittima difesa di un paese invaso e aggredito, per consentire l’attuazione all’art.51 della Carta delle Nazioni Unite, sottoscritta a San Francisco il 26 giugno 1945, subito dopo la fine della terribile seconda guerra mondiale, che recita:
Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell’esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale
Per questo vogliamo stare nel movimento pacifista, per rilanciare un ruolo all’ONU, depotenziato negli ultimi trent’anni per opera di due super potenze nucleari vincitrici dell’ultima guerra, Usa e Russia, ora in un ruolo di nobili decaduti, ma pur sempre prepotenti. Per questo il movimento sindacale italiano e europeo deve sostenere l’idea di una nuova Conferenza di Pace, come ad Helsinki 1975, per rilanciare l’Onu abolendo il diritto di veto delle grandi potenze e dotando di autonomia un esercito di caschi blu per l’interposizione ove si aprono conflitti armati e per operazioni di pace nel mondo. Sostenere infine un grande finanziamento europeo e italiano per realizzare “Il servizio universale dei giovani” per attività che rafforzino le iniziative di pace e di convivenza multiculturale, per un sostegno a chi ne ha bisogno.