Facce d’Italia
Nell’editoriale “L’elogio dell’Italia razionale”, il Foglio a commento del 55° Rapporto Censis sottolinea: (…) Da una parte c’è un’Italia in prenda al sonno della ragione dall’altra un’Italia che non s’affida più allo spontaneismo, ma cerca una nuova progettualità. Il Censis quest’anno racconta un paese bipolare, dando troppo peso però all’Italia irrazionale, e il suo stesso rapporto, d’altra parte, si presenta a due facce. La prima mostra un tessuto sociale infiltrato dall’irrazionale. Anche se è un tessuto marginale, tuttavia s’è imposto nelle televisioni, sui giornali, nelle piazze: “Il Covid non esiste per il 5,9 per cento degli italiani, per il 10,9 per cento il vaccino è inutile, il 5,8 per cento è convinto che la Terra è piatta, per il 10 per cento l’uomo non è mai sbarcato sulla Luna, per il 19,9 per cento il 5G è uno strumento sofisticato per controllare le persone”. Una minoranza rumorosa, autoreferenziale, narcisistica e insieme distruttiva.
La seconda faccia emerge se si ha la pazienza di leggere il rapporto oltre i titoli a effetto, ed è quella di un paese che s’è rimboccato le maniche. La ripresa sarà anche “un rimbalzo nella scarsità” come scrive il Censis eppure una crescita del 6,3 per cento quest’anno e del 4,7 per cento l’anno prossimo come stima l’Istat non sono illusioni dell’ottimismo razionale. (…) per proseguire aprire l’allegato
Roberto Ciccarelli in “Democrazia sospesa. Per il Censis tristi passioni crescono “, su Il Manifesto, rimarca “…CHI HA PAGATO il prezzo più salato sono stati, come sempre, le donne e i giovani. Tra il 2019 e giugno 2021 sono state 421 mila le donne ad avere perso o non avere trovato un lavoro. La retribuzione per una donna è inferiore del 18% rispetto alla media, mentre quella di un uomo è del 12% superiore. In base all’età dei lavoratori emerge una differenza di 45 euro tra un under 30 anni e un over 54. In queste condizioni si capisce perché solo il 15,2% degli interpellati pensa che dopo la pandemia la propria situazione economica sarà migliore. Per quasi uno su tre peggiorerà. QUESTA PERCEZIONE è l’effetto di una politica economica. Il drastico ridimensionamento delle tutele del lavoro, ad esempio quelle contro i licenziamenti, non ha portato all’aumento dell’occupazione, ma a un effetto depressivo sulla domanda aggregata. L’altro aspetto, strettamente collegato, è l’istruzione. Nel rapporto emerge la sfiducia dei giovani nelle sue possibilità emancipatrici. A cosa serve studiare se comunque le paghe sono da fame? Mentre il mercato del lavoro è stato tarato sui bassi salari, tutte le «riforme» che hanno cercato di trasformare l’istruzione in un mercato della formazione just-in-time sono fallite. È rimasta la situazione descritta dal Censis: quasi un terzo degli occupati possiede al massimo la licenza media. Anche tra i poco meno di 5 milioni di occupati di 15-34 anni quasi un milione ha conseguito al massimo la licenza media, 2.659 milioni hanno un diploma (54,2%), 1.304 milioni sono laureati (26,6%). Considerando gli occupati con una età di 15-64 anni, la quota dei diplomati scende al 46,7% e quella dei laureati al 24,0%. Sono i dati tra i più bassi in Europa, effetto combinato della rinuncia a una politica sociale, oltre che di una industriale. (…) per proseguire aprire l’allegato con due articoli
Presentazione del 55° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2021 un clic per il video https://youtu.be/NuCem5ggAl0
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