Usa-Ue, i fronti aperti
Il dataroom di Milena Gabanelli e Danilo Taino “Usa-Ue, i fronti aperti” sul Corriere del 20 gennaio, documenta i grandi temi che sono stati prospettati nel discorso d’investitura di Donald Tramp che sono destinati a diventare materia di conflitto e negoziato con l’Europa. Sono prioncipalmente i dazi, la spesa Nato, il ritorno ai fossili e l’ambiente. Lo scambio commerciale tra Usa e Europa è di 1.540 miliardi, la competività tra le due aree e lo sbilanciamento commerciale che Trump ha promesso di ridurre, comportà rischi per entrambi i fronti.
Così inizia l’articolo << La domanda del momento in Europa: quanto alte saranno le onde dell’atlantico a partire dalle ore 12 di oggi (le 18 italiane) quando Donald Trump assumerà i poteri di presidente? La Commissione europea dice che «la relazione transatlantica è un’arteria chiave dell’economia del mondo».
In effetti, il rapporto tra gli Stati Uniti e l’europa è stato e per molti versi è il pilastro più rilevante dell’egemonia occidentale nel mondo, in termini economici, politici, culturali, sociali, di alleanza militare e per storia. È dunque difficile pensare che Trump possa affossare la relazione transatlantica.
Le banche di Wall Street, le multinazionali Usa, le Big Tech, le università, persino molti sindacati si opporrebbero a un disaccoppiamento del genere. L’europa, con i suoi 450 milioni di abitanti a reddito elevato rappresenta il più ricco bacino di consumi al mondo, al quale nessun Paese e nessun governante può rinunciare, nemmeno Trump.
È vero che gli Stati Uniti sono autosufficienti sul piano energetico, tecnologico, militare, al contrario della Ue che in questi settori dipende molto dalle importazioni e dal rapporto con gli Stati Uniti. Ed è quindi evidente che, in una eventuale trattativa, Washington partirebbe da una posizione di forza. Saranno tempi difficili e forse pericolosi.
Lo scambio commerciale
Nel 2023, gli scambi commerciali di merci e servizi tra Usa e Ue sono stati pari a 1.540 miliardi di euro: quasi il 30% del commercio globale. Sempre nel 2023, la Ue ha esportato verso gli Stati Uniti beni per 502,3 miliardi di euro e ne ha importati per 346,5, quindi con un saldo negativo per gli Usa di quasi 156 miliardi.

Trump odia avere un deficit commerciale: per lui è la prova che il resto del mondo si approfitta della generosità della grande potenza. Se però si considera l’interscambio di servizi (trasporti, assicurazioni, royalties e tutto ciò che riguarda lo scambio di know how), la fotografia è rovesciata: l’export degli europei è stato di 292,4 miliardi di euro e l’import di 396,4 miliardi, quindi con un deficit commerciale europeo di 104 miliardi. Inoltre, secondo la Camera di Commercio americana (Amcham), le filiali europee in America e le filiali americane nella Ue impiegano circa dieci milioni di persone. Mantenere buone relazioni economiche è dunque fondamentale sia per gli americani che per gli europei.
L’import-export italiano
Se guardiamo nel dettaglio dei singoli Paesi, nel 2023 l’italia ha esportato verso gli Usa beni per oltre 67 miliardi di euro e ha importato beni per poco più di 25 miliardi.
Nei primi otto mesi del 2024 c’è stato un leggero bilanciamento con un piccolo calo delle esportazioni e in crescita del 5% le importazioni.
Gli investimenti diretti italiani negli Usa hanno raggiunto un livello di quasi 43 miliardi di dollari nel 2023, quelli americani in Italia di 29 miliardi.
Nello stesso anno la Germania, altro Paese grande esportatore ha venduto in America per 157,7 miliardi di euro, il record da vent’anni, mentre ha comprato merci Usa per 72 miliardi.
La relazione economica, in altre parole, rimane fortissima su entrambe le sponde dell’atlantico. Ciò nonostante, Trump pretende un riequilibrio commerciale.
La partita dei dazi
Il neopresidente ha più volte minacciato di imporre dazi alle importazioni dalla Ue del 10 o del 20%. Non ha però fornito dettagli: potrebbe applicarli su tutta la Ue e su tutti i settori che esportano, oppure potrebbero essere selettivi. Vuol dire che Trump tratterebbe un Paese con un governo che non gli piace peggio di uno con un governo che gli sta simpatico, creando divisioni nella Ue. In questa cornice metterebbe dazi su certi prodotti e non su altri: sul vino, per esempio, se intende colpire la Francia, oppure sulle auto tedesche. E così via.
Sulla base della clausola di «Nazione più favorita» stabilita in sede Wto (Organizzazione Mondiale del Commercio), la media dei dazi nel commercio è del 3,4%, che scendono a una media del 2% nel caso di tariffe industriali. Questo in teoria; in realtà, sulla base di accordi in essere e secondo un’analisi dell’agenzia di rating Fitch, gli europei esportano in America con dazi tra l’1 e il 2,6%, con l’italia che già oggi è colpita con la tariffa più alta in quanto esporta un basket di beni con prodotti di lusso, come calzature e alta moda.(…) >>
Il Dataroom prosegue con questi altri capitoli (con grafici) che potete leggere in allegato
Il rischio inflazione
Sarà guerra commerciale?
La competitività
Il fronte ambientale
Il rapporto politico
L’alleanza militare
L’interesse comune

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