Un nuovo triangolo industriale

Stefano Cingolani in “Nuova geografia del capitale”, pubblicato su Il Foglio, descrive un nuovo triangolo industriale che si sviluppa a Bergamo, Brescia e Bologna. Un reportage che documenta e sollecita la riflessione. Si conclude evidenziando problemi che da anni sono irrisolti nel nostro paese.

Così inizia <<La punta meridionale del vecchio triangolo industriale dominava il mar Tirreno: Genova, vele e cannoni, poi acciaio e cannoni. A nord Torino, la capitale dell’auto, la macchina che ha cambiato il mondo secondo il Mit di Boston. Poco più a est collegata con un asse perfetto dall’autostrada della Fiat, Milano, la capitale del Capitale, manifattura, borsa, banche, editoria, cultura, politica, perché dai tempi dell’impero (quello romano) Mediolanum ha sempre invidiato l’Urbe eterna e l’ha più volte sfidata.

Che cosa fosse il triangolo industriale, mito e realtà dell’Italia diventata moderna, non si insegna più nemmeno a scuola. Il porto di Genova ha ceduto il primato a Trieste. Torino non ha ancora consumato il lutto: difficile riprendersi dopo la diaspora della Fiat. Resta Milano, ma non è più la stessa, cambiata in meglio con le sue torri di vetro e acciaio, in peggio con la sua identità multipla sempre in cerca del punto di gravità.

Italcementi di Bergamo (Ansa/michele Maraviglia)

Il triangolo s’è allungato a est e nell’ultimo ventennio del secolo scorso era diventato una fettuccia che arrivava fino a Treviso dove regnavano i Benetton. In una geometria non più euclidea, sono emersi i distretti che, come le linee dei frattali, hanno ripetuto sempre più in dettaglio le curve, le asperità, gli anfratti nell’Italia del piccolo è bello.

Il grande crac finanziario del 2008, che dopo un paio d’anni ha portato il paese sull’orlo del fallimento, ha disegnato una diversa mappa economico-sociale, una carta ancora alla ricerca della sua migliore rappresentazione, anche politica…>>.

Prosegue << Un altro triangolo dell’industria si sta affermando, in parte è il vecchio che si rinnova, in parte qualcosa di inatteso. Potremmo chiamarlo il triangolo delle tre B: Bergamo, Brescia e Bologna la quale sempre più diventa il vertice che, come nella fisica dei conduttori, accumula una carica maggiore e poi la diffonde attorno a sé.

A Bologna e provincia c’è il più alto tasso di occupazione dopo Milano, da lì a Modena si snoda la Motor Valley e da lì a Parma la Food Valley. Bologna con i suoi colossi della distribuzione, della finanza, delle infrastrutture. Bologna la dotta con l’università più antica del mondo occidentale. E Bologna la grassa, quella della mortadella chiamata “bologna” da Milano a New York, che ha da tempo abbandonato la palandrana del pingue dottor Balanzone per indossare la grisaglia degli affari. Un appassionato di musica potrebbe dire che il salto quantico è avvenuto nella cultura popolare prima che nell’economia quando, lasciato sull’aia il ballo liscio è esploso nelle piazze il rock all’italiana. Ma giriamo il dilemma agli studiosi.

Bologna non rimpiazzerà mai Milano, sia chiaro, né Milano vuol farsi rimpiazzare: cambia senza posa, diventa flessibile, persino fluida oggi che tutto si è liquefatto, oggi che entriamo in un universo gassoso dove l’intelligenza è artificiale. In questo mondo a geometria sempre variabile, proprio la sua natura multiforme ha consentito a Milano di sfuggire al destino di Torino. Niente più Alfa Romeo, addio alla vecchia Pirelli, al Tecnomasio italiano (poi Brown Boveri), nato nel 1863 per costruire treni e tram, insomma alle imprese che hanno fatto la storia. E benvenuti a Blackrock, a Kkr e a tutti i loro simili…>>

Cingolani enumera le principali aziende e attività del nuovo triangolo e pone la seguente domanda: Se prendiamo la mappa delle ultime amministrative non può non colpire quel triangolo “rosso”. Prevale il partito delle Ztl? Forse. La sua risposta-riflessione la potete leggere nel testo completo in allegato.

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