L’Economist ha conferito in questo mese il riconoscimento all’Italia di miglior paese europeo per come ha reagito alla pandemia Covid.  Oltre sessant’anni fa The Financial Times, altro autorevole quotidiano finanziario inglese, assegnò un virtuale Oscar come riconoscimento alla stabilità della lira, per lo sviluppo del PIL e per il contenimento dell’inflazione. Era l’apice del cosiddetto “miracolo economico” italiano. In quell’anno (1960) all’Istituto Tecnico Amedeo Avogadro, di Torino, si andava “in giacca e cravatta”, con un orario di studio e di laboratori di 40 ore, per integrare teoria e pratica, per una professionalità flessibile che richiedeva costante uso del cacciavite e del regolo.

Il 20 luglio 2021 la Camera dei Deputati ha approvato finalmente (con soli 4 voti contrari e 4 astenuti) il disegno di legge sul sistema degli Its, Istituti tecnici superiori (dal titolo “Ridefinizione della missione e dell’organizzazione del Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, Pnrr). E ora il provvedimento è al Senato. Gli ITS assicurano l’85% di occupabilità dopo un anno (come sessant’anni fa l’Itis A.Avogadro)  e creano competenze essenziali per l’innovazione delle imprese e delle organizzazioni. In Italia oggi contano 18.000 allievi circa contro i 900.000 della Germania. Il Piano Next Generation Eu prevede un investimento fino a 1,5 miliardi di euro con due requisiti: generare un aumento esponenziale degli studenti, arrivando a un incremento di 18.000 l’anno; avviare una riforma del sistema Its, svolta in rapporto sia ai sistemi di formazione e istruzione tecnica e sia alla formazione terziaria universitaria. (vedi allegati)

Romano Prodi, anni fa, ha così sintetizzato la sua valutazione sulla scuola tecnica e sui periti industriali all’epoca del miracolo economico. “Il merito del nostro passato successo industriale – argomenta il Professore se lo possono attribuire i periti, gli ingegneri e gli operai specializzati…Ora la scuola tecnica è stata progressivamente emarginata, ha perso centralità sociale e viene sempre più ritenuta una seconda scelta…È quindi urgente impostare una strategia a livello nazionale che si proponga, in primo luogo, di far capire a tutti gli italiani, anche con un’esplicita campagna pubblicitaria, il ruolo chiave dell’istruzione applicata..poi dettare alle Regioni le linee-guida per mettere in atto un grande progetto di rilancio..( Otto punti per la ripresa dell’industria italiana R.Prodi Il Messaggero del 22-6-14)

Com’è nata l’idea di raccontare quel ciclo di studi all’Avogadro di sessant’anni fa.

L’idea per raccontarci un po’ è nata per caso, a maggio 2013, salutandoci al termine dell’incontro per la consegna, nell’Aula Magna dell’ITIS A.Avogadro di Torino, del diploma onorario a distanza di oltre 50 anni da quello originario. Era stato un fatto emotivamente forte rivederci, alcuni dall’anno 1960 del diploma e volevamo rifrequentarci. Così ci siamo dati nuovi appuntamenti, nove ex-compagni della V D elettrotecnici, per raccontare e per raccontarci. Alcuni erano piuttosto scettici sulla riuscita, abbiamo iniziato con le nostre biografie professionali e la ricostruzione del contesto socio-economico (miracolo economico, Oscar alla lira) quando il diploma di perito era un’ascesa sociale -per quanto irta e impegnativa- e non solo un’occupazione certa.

Sono pagine scritte con pause temporali, a più mani, con un continuo rilancio di ricordi, siamo passati dalle nostre biografie professionali al ricordo anche ironico dei nostri “prufé”, per poi mettere insieme un quadro che interessasse anche altri, raccontando come si studiava allora: 40 ore settimanali con ore in aula e tante anche in laboratorio, facendo alcune riflessioni su cosa accadde agli studenti delle generazioni che seguirono.

Abbiamo utilizzato la scansione passato-presente-futuro, per poter scrivere  qua e là nel racconto le nostre riflessioni precedute da un a distanza di oltre cinquant’anni ci sentiamo di dire…”,tenendo presente quell’avvertimento di Alessandro Manzoni che “..non sempre quello che viene dopo è progresso”.

Siamo stati giovani fortunati! Abbiamo compreso e sperimentato “il valore della speranza” come fiducia di poter riuscire a conseguire un obiettivo, la conquista di “quel pezzo di carta”, che a posteriori è risultato ben utile per il lavoro e per la vita.

Abbiamo modificato più volte le nostre bozze per meglio evidenziare le caratteristiche di quella scuola tecnica, quel nesso tra teoria e pratica, tra le ore di lezioni di teoria con presenza in aula e quelle per acquisire abilità professionale con le attività dei laboratori.

Allora, all’Avogadro si andava ancora “in giacca e cravatta”, però mettendo e togliendo la tuta più volte nella settimana. Quella scuola per periti tecnici ci ha dotato di capacità di adattamento a più mansioni teoriche e manuali (emblematicamente rappresentate dal regolo – calcolatore manuale analogico –  e dal cacciavite per operare su calcoli e apparecchiature –  sempre tenuti nel taschino), quindi  esercitare nei luoghi di lavoro la ricerca applicata e altro. Ci ha trasmesso formazione teorica e abilità manuale.

Pensiamo che questo abbinamento teoria-pratica sia sempre utile oggi nell’era delle innovazioni tecnologiche e scoperte scientifiche, mai così rapide, consapevoli che si richiede sempre più conoscenza con aggiornamento costante e tempestivo. Il tempo che allora fu dedicato per “il saper fare” oggi serve anche per aggiungere attività didattiche, per conferire competenze “del saper far fare”, del sapere selezionare e utilizzare notizie e applicazioni per migliorare, per una nuova manualità. Sono interrogativi posti al termine del nostro racconto. In allegato il testo in pdf