TAGLIARE LE SPESE MILITARI – A.Tridente – globalmondo 9/6/10

Al ventitreesimo posto per salari e pensioni dei paesi Ocse, al diciottesimo dello sviluppo umano (il dato è dell’ottobre 2009,  ed è la graduatoria del benessere economico-sociale delle popolazioni del mondo con più parametri, oltre al Pil); al settimo per pressione fiscale; al decimo per spese militari : l‘Italia di Berlusconi continua ad accumulare record  negativi.

L’iniquità della manovra economica del governo assume dimensioni provocatorie quando si confrontano i  miliardi tagliati alla spesa pubblica,  con l’eccezionale aumento delle spesa militare contenuta nello stesso provvedimento governativo.

L’acquisto di nuovi armamenti per miliardi di euro provoca rabbia perché accentua i già vergognosi record negativi del paese e lo   impoverisce ulteriormente.

Alle tartassate economie delle famiglie italiane, già penalizzate dalla crisi economica, dal blocco dei salari e delle pensioni, dall’aumento della disoccupazione e della cassa integrazione, si infligge un’ulteriore ferita che accentuerà le sempre più profonde  ineguaglianze fra le classi.

Intanto i giovani non trovano lavoro e ne troveranno ancor meno in futuro man mano che l’età lavorativa maschile verrà elevata a settant’anni .

Puntuale, si rifà vivo il vecchio invito rivolto ai giovani dall’industriale marchigiano Guidalberto Guidi: “Giovani, fate le valigie e andatevene dall’Italia!”

E’inammissibile aumento della spesa militare, il solo capitolo della spesa pubblica a non subire tagli. L’aumento della spesa militare è una decisione che non serve a nulla. Un paese che rischia il tracollo economico ha  davvero bisogno di aumentare la spesa militare per l’acquisto di nuove armi? Neanche ci fosse il nemico alle porte! La Germania della Merkel ha tagliato pesantemente la spesa pubblica, ma anche la spesa militare, non comprando armi, e  riducendo di cinquantamila uomini l’organico militare.

Sembra che il ministro la Russa abbia,viceversa, deciso di scommettere ed investire sulle speranza di guerra: 15 miliardi per l’acquisto di caccia F 35; altri 12 miliardi per nuovi sistemi digitali per l’esercito; 1.200 miliardi per 8 aerei senza pilota; 915 milioni per due sommergibili di nuova generazione e 120 milioni per nuovi sistemi anti-carro. Decisioni da “guerra fredda”, in attesa di quella “calda”, sembra essere l’incredibile messaggio che sta alla base della decisione dell’enorme aumento della spesa militare di La Russa e camerati.

Gli acquisti di sistemi d’arma e i conflitti “daranno lavoro alle nostre industrie belliche”, sembrano dire gli esponenti delle cricche “militar- industriali”. Le ricadute produttive per le fabbriche italiane sono in verità del tutto trascurabili. I sindacalisti delle fabbriche italiane, che producono parti degli F35, dicono che i posti di lavoro che si creeranno con l’acquisto di quegli aerei saranno più o meno un migliaio. Un po’ poco per i 15 miliardi di euro di spesa!!!

E del resto non è vero che produrre per la guerra produce molta occupazione: i settori della nuova economia innovativa, di quella verde ed ecosostenibile, producono indubbiamente più occupazione e non corrompono le coscienze dei lavoratori, come sempre avviene, ed è avvenuto, quando si affidano le speranze degli incrementi occupazionali alla speranza di guerre, alla persistenza di conflitti economici e politici, alla sopraffazione degli insopprimibili diritti alla vita.

Avviene ed è avvenuto proprio questo: si manifestava al sabato contro le dittature militari ed i colpi di stato e, poi si producevano e vendevano armi dal lunedì al venerdì a quegli stessi regimi militari assassini contro i quali si era manifestato!

E’ la diversificazione produttiva delle imprese permessa dalla natura dualistica dei nuovi sistemi tecnologici con i quali si producono le armi a mettere al riparo da crisi, sempre possibili e, naturalmente, auspicabili, quando si riducono le disponibilità monetarie dei paesi acquirenti dei sistemi d’arma.

 

  
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