Follia e crimini di guerra

“Atomiche e stragi di civili innocenti è follia, non esistono guerre giuste”. Il teologo Antonio Spadaro, sottosegretario in Vaticano, ricorda che ”Papa Francesco è stato chiaro: i conflitti sono ingiustificabili. Anche evocare l’uso del nucleare è criminale. I 30 mila morti a Gaza sono oltre qualsiasi proporzionalità”.

Serve un risveglio delle coscienze per vincere l’apatia e il conformismo sulla ineluttabilità della guerra. Mobilitarsi contro la guerra deve essere al centro del dibattito e delle iniziative del movimento sindacale e popolare. La Cisl, nata con anima laica ispirata ai valori del cristianesimo, deve ritornare in primo piano come protagonista nel contrastare la guerra, distinguendo tra governi belligeranti e popolo. Superando la tiepidezza attuale nel sostenere le parole più coraggiose e controcorrente di Papa Francesco, unica voce a ripudiare la guerra come strumento per risolvere i conflitti.

Foto: Dramma umanitario – Striscia di Gaza – Palestinesi accanto a case distrutte a Deir-El-Balah Per Netanyahu e il governo di estrema destra di Israele anche questi bambini sono potenziali terroristi…possono diventarlo crescendo!

L’intervista a Antonio Spadaro di Domenico Agasso La Stampa 3-3-24 – Città del Vaticano  – << A colpi di bombe e missili «il puzzle del mondo si va scomponendo. Evocare un conflitto nucleare o agire in modo che questa diventi un’opzione è follia». Parola di padre Antonio Spadaro, sottosegretario del Dicastero vaticano per la Cultura e l’Educazione. L’Alto Prelato gesuita definisce «urgente la riforma del Consiglio di sicurezza dell’Onu per riprendere in mano la “governance” della pace».

Il mondo brucia e sanguina a causa delle guerre. «Siamo sull’orlo dell’abisso», come ha avvertito papa Francesco?

«Ci sono due cose che in questi giorni certificano una sorta di follia: si evoca la guerra nucleare e si giustificano le stragi di civili con argomentazioni ritenute “plausibili”. È un delirio. C’è un’espressione di Francesco che mi ritorna spesso in mente: “Il mondo si sta sgretolando”».

Il Pontefice per anni ha messo in guardia dalla «terza guerra mondiale a pezzi», che ora è «un vero e proprio conflitto globale»: perché i suoi appelli sono caduti nel vuoto?

«Il puzzle del mondo si va scomponendo. L’ordine di prima è sconvolto e non si capisce che cosa accadrà dopo. Certo le prossime elezioni potrebbero avere un impatto significativo sulla politica internazionale. Finché si procederà con la logica di Yalta non ne verremo fuori. Serve un approccio diverso. Francesco ha indicato nel multilateralismo e nello spirito degli accordi di Helsinki una strada».

Esiste una «guerra giusta»? Come va considerata la legittima difesa?

«Nella sua enciclica “Fratelli tutti”, Francesco affronta la questione della guerra giusta affermando che oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Il Pontefice si rende conto che, di fronte alla potenza di distruzione delle nuove armi, le situazioni che giustificano la guerra sono davvero eccezionali. Sono saltate le proporzioni. La guerra è diventata ingiustificabile: si può solo sostenere la legittimità di difendersi militarmente se si è attaccati».

A quali proporzioni si riferisce?

«Oggi non è più possibile distinguere le vittime civili e non civili. E poi la “guerra giusta” con la bomba atomica è pura follia. Ero a Nagasaki quando il Papa, cambiando il testo del discorso, condannò non solamente l’uso ma il possesso stesso delle armi nucleari. Fu un momento indimenticabile. E comunque i conflitti non risolvono le situazioni: e questo mi pare sia un dato di fatto».

In generale, con quali principi e messaggi la diplomazia della Santa Sede cerca di intervenire in un conflitto?

«Il criterio è quello del cucire e mai del tagliare. Si tratta di una diplomazia “sartoriale”, che non pretende di avere tutte le soluzioni in tasca. Il suo obiettivo è quello di comprendere le radici del conflitto e di rimanere disponibile come interlocutrice per una possibile riconciliazione delle parti. Per la Chiesa madre tutti, buoni e cattivi, sono sempre figli e fratelli tra di loro: non bisogna mai dimenticare questa prospettiva quando si giudica l’azione della Santa Sede».

Il Pentagono dice: «Se Kiev perde, la Nato combatterà contro Mosca». Putin evoca lo spettro nucleare.La Santa Sede fin da subito ha manifestato fortissimi timori di un’escalation militare: ora è vicina?

«È una pura follia evocare un conflitto nucleare o agire in modo che questa diventi un’opzione possibile. Personalmente, comunque, no, non credo che si arrivi a tanto».

Che cosa pensa della fine di Navalny?

«È una morte che stupisce e addolora. È necessario chiarire cosa sia veramente successo. Non so se sarà possibile».

Ha speranza in una tregua in Ucraina?

«Francamente non vedo elementi che facciano sperare in una tregua, almeno a breve. Nessuna delle parti accetta un negoziato. È stato anche evocato lo scenario di una “coreanizzazione” del conflitto, cioè di un suo congelamento, ma il cessate il fuoco viene inteso come un tempo utile al riarmo. Bisogna portare le parti a un tavolo: non vedo altre strade».

Come descrive la situazione in Israele e Palestina, in particolare dopo il massacro degli affamati a Gaza?

«È una situazione terrificante. È da condannare in modo netto e senza riserve l’azione di Hamas del 7 ottobre. I 30mila morti provocati dalla reazione israeliana vanno al di là di qualunque proporzionalità. La dinamica della strage degli affamati può e deve essere chiarita meglio nelle sue circostanze “tecniche”, ma la tragedia è sotto i nostri occhi sbigottiti: stiamo parlando della morte di gente disperata e ridotta alla fame».

La guerra a Gaza in risposta agli attacchi del 7 ottobre ha diviso gli israeliani? Quali responsabilità ha Netanyahu?

«Non spetta a me dirlo. Registro il fatto che anche all’interno di Israele ci sono opinioni differenti, e questo in una democrazia è normale. Semplicemente mi interrogo: si sta lavorando per un futuro davvero sicuro e pacifico dello Stato di Israele?».

Esiste un problema di rapporti tra Israele e il Vaticano?

«No, non ci sono problemi. Anche un recente fraintendimento è stato chiarito».

Quale può essere la via per placare le ostilità? Hamas che libera i prigionieri e Israele che interrompe i bombardamenti: può avvenire? In tempi brevi? Basterebbe a fermare le violenze?

«Non ho ricette pronte all’uso. I prigionieri devono poter tornare a casa e la strage della popolazione inerme della Striscia di Gaza deve fermarsi. Invece sembra che oggi si riesca solamente a mettere solide basi per un odio stabile e generazionale. Questo è il vero nodo: si è persa la visione di un futuro possibile».

La Santa Sede indica la soluzione dei due Stati come unica meta a cui aspirare per risolvere la questione Israele-Palestina. Che cosa ne pensa?

«Nel 1947 le Nazioni Unite approvarono la Risoluzione 181, che divideva la Palestina in due Stati: uno ebraico e l’altro arabo-palestinese. La Santa Sede auspica questa soluzione. Questo non significa che sarebbe pronta per essere applicata domani. I problemi restano sul tappeto».

Quali sono, a suo parere, gli ostacoli principali?

«Occorre che i palestinesi maturino una classe dirigente solida, credibile ed efficace, che superi i dissensi interni. Poi, se si osserva la realtà sul campo, con i tanti insediamenti ebraici nelle terre occupate durante la guerra del 1967, si comprende che attualmente non è possibile ritagliare due Stati sovrani e sicuri. Infine la realtà demografica oggi ci dice che all’interno di Israele, i cittadini arabi palestinesi, sono in crescita demografica. Secondo i dati di un paio di anni fa costituiscono oltre il 20% della popolazione. D’altra parte circa 700mila ebrei israeliani vivono in Cisgiordania. Nel maggio 2019 l’Assemblea degli Ordinari cattolici in Terra Santa si interrogò così: nel passato abbiamo vissuto insieme in questa terra, perché non potremmo viverci insieme anche in futuro? Il conflitto attuale ha reso questa prospettiva più lontana, e per questo l’idea di due Stati che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza si ripropone, pur con tanti interrogativi».

Come dovrebbe attrezzarsi la comunità internazionale per affrontare le guerre in corso e prevenire quelle future? Quali i pilastri su cui ricostruire dal punto di vista geopolitico un pianeta riconciliato? Multilateralismo? Potenziamento dell’Onu?

«La Santa Sede insiste sull’importanza del multilateralismo nell’affrontare i temi caldi e le situazioni di crisi. Come insiste sulla volontà di non arrendersi alla logica senza uscita dell’escalation militare degli “schemi di guerra”, come li chiama il Papa. Ma propone anche il rifiuto di una politica basata su sfere di influenza, quella stabilita a Yalta, insomma, alla fine della seconda guerra mondiale. Questo però richiede lo sforzo di immaginare un ripensamento dell’architettura delle relazioni internazionali. È uno sforzo immane, che certamente va di pari passo con una possibile riforma delle Nazioni Unite, che in realtà anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, prima di Francesco, avevano auspicato. Le sfide che stiamo vivendo non possono essere affrontate solo dai governi in un sistema “condominiale” troppo litigioso e inconcludente. La riforma del Consiglio di sicurezza è la più urgente per riprendere in mano la “governance” della pace». —>>

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