Superbonus fa più ricchi i ricchi

Andrea Minuz e Michele Masneri, su Il Foglio, pubblicano in “E con la lotteria del Superbonus i ricchi diventeranno più ricchi” un loro dialogo scanzonato sul “new deal” palazzinaro.

  • Una patrimoniale, sì, ma all’incontrario. Dietro c’è la solita ossessione per il mattone, con “la casa” unico spazio rimasto sacro.
  • Politica e popolo allineati: i grandi scandali in Italia riguardano sempre la casa. Un susseguirsi di affittopoli, rimborsopoli, ville a Montecarlo
Quartiere Santa Lucia a Napoli (Ciro Fusco/ansa)
  • Nel paese in cui Immobiliare.it è più visto di Youporn, ecco la più grande opera di redistribuzione del reddito al contrario mai vista
  • Sono vendutissimi su Amazon i manuali “Guida al Suberbonus”, “Ristrutturare gratis”: vendono un sogno, tipo i self-help americani
  • La cifra: 120 miliardi è metà del Pnrr, più del doppio del bilancio del ministero dell’istruzione, una volta e mezza l’industria della moda italiana
  • Bagno e secondo bagno in assoluto i più ambiti. Perché non osare con portasciugamani Kartell Laufen e lavabi Agape in marmo di Carrara?
  • Se vivi a Roma hai le piramidi di monnezza sotto al portone, ma la casa eco- friendly. Da “U lt im a generazione” a ultima ristrutturazione
  • La direttiva della casa green: la messa a norma vera, reale, fatta bene, si capisce, è roba per paesi ricchi o con una burocrazia meno sovietica
  • Un settore boomerizzato: l’unico modo per avere un tetto è sposarsi un anziano. Ereditare è sempre più difficile, oggi si vive sempre di più
  • Quel 10 per cento in più dà la misura della follia. E poi cosa succederà? Secondo Boeri “quando finirà, l’edilizia cadrà in recessione”

Il Foglio Quotidiano 4 Mar 2023   di Andrea Minuz e Michele Masneri

< Era difficile, è stata dura, il cammino è stato arduo, ma alla fine siamo riusciti a realizzare la più grande patrimoniale che l’Italia abbia conosciuto: solo che è al contrario. Neanche nei sogni più arditi di Trump, nelle fantasie più morbose di un 1 per cento, di un Bilderberg, dei più sfrenati neoliberisti di Davos si poteva immaginare un popolo che, già stremato dal Covid, dalle infinite recessioni, dalle bollette, abbraccia con entusiasmo l’idea di contribuire come un sol uomo a rifare casa ai suoi più ricchi detentori di metri quadri.

MM: L’epopea del Superbonus, 120 miliardi di euro spesi dalla collettività per rifare appartamenti, ville, pure qualche castello, di una minoranza, è la grande nemesi del Romanzo Immobiliare Italiano. Non poteva andare altrimenti: il paese con più case di proprietà, il paese ossessionato dal mattone, il paese in cui i politici crollano regolarmente per case a loro insaputa, in cui Immobiliare.it è più vista di YouPorn, adesso forse andrà finalmente a scatafascio grazie alla più grande opera di redistribuzione del reddito al contrario che si sia mai vista. In nome sempre suo, di lei, della “casa!”

AM: Adesso arrivano i dati: il deficit sfondato di altri 2,4 punti, e con un moltiplicatore molto loffio, meno dello 0,3 per cento. E’ la via italiana al rischio d’impresa, cuore di questo gigantesco “new deal” palazzinaro. Un cantiere diffuso di case, casette, villette unifamiliari, mi rifaccio il bagno, il bagnetto, il terrazzo, il balcone, la veranda, la stanza dei pupi, lo scarico fognario, la cantina, il muretto in giardino. Prezzi di manodopera e materiali gonfiati. Tutto fuori mercato. Bolla pazzesca. La solita normativa esoterica che cambia forma mentre la osservi. La vertigine della Faq di Agenzia delle Entrate (la distinzione tra “interventi trainanti” e “interventi trainati”, i vincoli che sconfinano uno nell’altro, l’ecobonus che cede il passo al Sismabonus, fatta-salva-quindi-l’impossibilità-di, e viceversa). Non a caso son vendutissimi su Amazon i manuali, “Guida al Suberbonus”, “Ristrutturare gratis”, “La mia casa green in detrazione”. Manuali che vendono un sogno, tipo i self-help americani, e accompagnano “passo a passo verso la realizzazione di un traguardo impossibile fino a poco tempo fa: ristrutturare la propria abitazione ottenendo un beneficio fiscale pari al 110 per cento della spesa sostenuta”….> per continuare aprire l’allegato

Articolo correlato Gli effetti del superbonus 110% sull’economia e sul bilancio pubblico di Giampaolo Galli, Francesco Scinetti e Nicoletta Scutifero sul sito Conti Pubblici Italiani con questo link https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-gli-effetti-del-superbonus-110-sull-economia-e-sul-bilancio-pubblico?mc_cid=cf257c5266&mc_eid=eafdbb123e

1 commento
  1. GIULIO COMETTO
    GIULIO COMETTO dice:

    Constato che in questo articolo sul superbonus si dà spazio, solo a una tesi, quella del Foglio, che attacca questa misura perché avrebbe favorito solo i ricchi, detto da un giornale di proprietà della famiglia Berlusconi, mi pare alquanto insolito…..in ogni caso per completezza di informazione mando questo articolo del Fatto Quotidiano che sostiene la tesi opposta;
    Superbonus, così il 110% diventa unicamente per ricchi
    SENZA IRPEF – Il 96% non ha un reddito sufficiente

    DI CARLO DI FOGGIA
    21 FEBBRAIO 2023
    Comments
    Giorgia Meloni ha dato la sua versione domenica: il problema del Superbonus – ha detto nel suo consueto appuntamento video “gli appunti di Giorgia” – è l’aliquota troppo generosa di detrazione (110%) e la possibilità di cedere i crediti maturati dai lavori edilizi. Sarà vero. Quello che la premier ha omesso, però, è che la scelta del governo di bloccare, via decreto, cedibilità e sconto fattura per i crediti futuri, di fatto, consegna il Superbonus alle fasce più ricche della popolazione. Se prima era troppo generoso, ora continuerà a esserlo, ma solo con chi ne ha meno bisogno.

    La questione è semplice. Con la sua prima legge di Bilancio, Meloni ha ridotto dal 110 a 90% l’aliquota del Superbonus per il 2023 (scenderà fino al 65% nel 2025). Senza poterli più cedere o scontare dai lavori direttamente dall’impresa edilizia o dalle banche, i nuovi crediti si potranno solo detrarre dalle imposte. Per farlo però bisogna avere “capienza fiscale”, cioè abbastanza debiti fiscali con lo Stato (come l’Irpef) da poter compensare con i crediti maturati. Sempre in manovra, però, il governo ha ridotto, da cinque a quattro, gli anni in cui la detrazione viene spalmata: insomma serve un bel reddito, che comporti tasse da pagare, per poter usufruire del nuovo Superbonus.

    Qualche esempio: per detrarre 50 mila euro di lavori, nel caso di un lavoratore dipendente serve avere un reddito annuo di almeno 43 mila euro. Come ha evidenziato su lavoce.info l’economista Leonzio Rizzo, solo il 9% dei lavoratori dipendenti sarebbe in grado di fruire pienamente della detrazione. Se la spesa sale a 100 mila, il reddito necessario per detrarla interamente cresce a 70 mila euro, fascia in cui rientra solo il 4% dei lavoratori dipendenti, il restante 96% rimarrebbe fuori. E questo senza considerare che, secondo i dati dell’Enea, la spesa media per il Superbonus per le abitazioni unifamiliari è stata finora di 113 mila euro.

    Questa simulazione, peraltro, ipotizza che l’intera Irpef pagata possa essere detratta, come se non ci fossero altre spese in detrazione (tipo quelle sanitarie) e che il contribuente che effettua i lavori abbia a disposizione la liquidità necessaria per anticiparne il costo, visto che non potrà subito monetizzare i crediti scontandoli dalla fattura dell’impresa edilizia o cedendoli a terzi.

    Seppur in forma minore, questo discorso vale per tutti i bonus edilizi, dall’ecobonus al sismabonus. Dal 16 febbraio restano, ma saranno appannaggio delle fasce medio alte. Il Superbonus, invece, diventerà proprio un affare per pochi benestanti.
    e un altro articolo uscito il 18 aprile sul F.Q.
    UCCIDERE IL SUPERBONUS CI COSTERA’ MOLTO CARO
    Uccidere il Superbonus ci costerà molto caro
    DI GIOVANNI CARROSIO E VITTORIO COGLIATI DEZZA*
    18 APRILE 2023
    Comments
    “La storia ci racconta come finì la corsa / La macchina deviata lungo una linea morta”, così cantava Guccini, e oggi quell’immagine ben si addice alla sorte del Superbonus, finito su un binario morto. Una scelta che farà pagare al Paese un prezzo pesante sugli effetti del cambiamento climatico e sulle condizioni abitative dei vulnerabili, oltre ad allontanarlo dall’Europa.

    In tre mosse (il dl 176/2022 convertito in legge 6/2023, la legge di Bilancio 2023, il dl 11/2023 convertito in legge il 5.4.2023) l’esecutivo guidato da Meloni ha cancellato il Superbonus: stop a cessione del credito, allo sconto in fattura e all’acquisizione del credito da parte degli Enti locali, progressivo rientro nei ranghi della detrazione fiscale da qui al 2025 (90% nel 2023, 70% nel 2024, 65% nel 2025). Ma perché? Le ragioni stanno nel successo della misura, che ha scatenato l’arrembaggio del mercato, con la complicità della gestione del governo Draghi, che non avrebbe previsto l’ovvio, ossia che quella modalità di cessione dei crediti avrebbe ragionevolmente portato a far gravare l’intero importo di ogni credito sul disavanzo pubblico sin dal momento della sua accensione. Per questo vi era la necessità di mettere ordine nelle dinamiche tra disavanzo (esploso a più del 9% nel 2021 e 2022) e debito pubblico, e di placare la preoccupazione, soprattutto di Banca d’Italia, per la circolazione di crediti in un mercato parallelo e per il problema dei “crediti incagliati”.

    Ma perché cancellare in toto il Superbonus? Certo, il disegno della misura non era perfetto: la provvisorietà del provvedimento e le scadenze a breve termine, la timidezza degli obblighi di efficientamento energetico, l’incentivazione prevista anche per le caldaie a gas, la generosità finanziaria anche verso classi sociali che non ne avrebbero bisogno. Questi limiti però non eliminano i pregi. Si è trattato della prima e unica politica energetica che grazie alla trasformazione della detrazione in credito d’imposta cedibile ad altri soggetti e alla copertura totale delle spese, è stata capace di includere gli incapienti e di consentire ai più vulnerabili – quelli su cui incide di più la spesa per le bollette – di fare interventi per ridurre i consumi nelle proprie abitazioni. Nomisma stima un risparmio in bolletta del 30,9% per un salto di 2 classi e del 46,4% per un salto di 3 classi, con un risparmio complessivo di circa 29 miliardi (in media 964 euro all’anno a famiglia). Una misura che ha superato il profilo regressivo delle precedenti: secondo i dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio presentati il 2 marzo 2023, dal 2008 al 2020 (prima dell’entrata a regime del Superbonus) si è passati da 2,6 miliardi di detrazioni fruite a 9,9 miliardi di cui 7,9 per ristrutturazioni e 2 miliardi per efficientamento energetico, con la metà dell’ammontare totale delle detrazioni fruito da poco più del 10% dei contribuenti più ricchi. Secondo Nomisma, 1,7 milioni di italiani con reddito medio-basso hanno beneficiato del Superbonus, mentre è aumentata in modo significativo la fruizione nei Comuni a reddito più basso. E notevole è stato l’impatto in termini occupazionali e di sostegno della domanda. Secondo Bankitalia, tra il 2019 e il 2022 il comparto delle costruzioni ha registrato aumenti del valore aggiunto e dell’occupazione nell’ordine del 27 e del 18%, rispettivamente, con circa un milione di occupati in più, tra edilizia ed indotto, e un contributo del 2% alla crescita del Pil. Ora tutto viene bloccato mentre l’Europa va nella direzione opposta. Il 14 marzo il Parlamento europeo ha approvato la direttiva Energy performance of buildings directive, che deve affrontare il negoziato con il Consiglio per arrivare alla versione finale. Al momento prevede, con la possibilità di qualche deroga, il passaggio alla classe energetica D per tutti gli edifici entro il 2033. Alla luce della direttiva, anche Ance (associazione dei costruttori edili), chiede “strumenti e fondi” per raggiungere gli obiettivi senza lasciare indietro nessuno.

    Quello che serve è una politica strutturale con obiettivi chiari in termini di risultati attesi e di tempistiche, con incentivi stabili per un periodo lungo, con un quadro di regole certo per gli operatori del settore, favorendo i necessari investimenti in formazione del personale e macchinari.

    Dal punto di vista della riduzione delle emissioni, bisogna favorire interventi che consentano il salto di 3 classi energetiche e che escludano l’utilizzo di caldaie a combustibili fossili. Infine il meccanismo dovrebbe prevedere una struttura differenziata per fasce di reddito che consenta di invertire la marcata regressività alla quale si espone il nuovo meccanismo del 90%. Proprio per questo centrale nella nuova politica è mantenere la cessione del credito per le fasce vulnerabili.

    *Forum Disuguaglianze e Diversità

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