Sogno di mezz’estate
Maurizio Landini, alla manifestazione di Roma del 18 giugno, che ha concluso il ciclo delle 200 assemblee territoriali, nel suo intervento ha elencato i principali temi della questione sociale e economica italiana (vedi allegato) sottolineando che “…scriveremo noi la prossima legge di bilancio da presentare alle forze politiche per dire a loro ciò che bisogna fare…”. Luigi Sbarra nell’intervista al Giornale (vedi allegato) afferma “Se vogliamo affrontare questa fase difficile e far progredire il Paese nella coesione, con riforme economiche eque, innovazioni, investimenti, la strada per la Cisl rimane quella di un grande accordo tra governo e parti sociali. Non vediamo alternative. È il metodo positivo utilizzato da Ciampi trent’anni fa e purtroppo messo da parte da quasi tutti i governi successivi…”.
I segretari generali della Cgil e della Cisl elencano molti temi importanti… spesso si fermano ai titoli, un sorta di lungo “elenco della spesa”, presentato tutto come prioritario. Entrambi fanno riferimento a rivendicazioni unitarie – datate – che tali sono nei titoli e ma non sempre nei contenuti e sui tempi per conseguirli. Richieste unitarie datate significa non tenere conto che siamo già entrati in una fase di “economia di guerra” che – in particolare per l’energia – potrebbero ben presto richiedere provvedimenti di razionamento dei consumi.
Il principale motivo delle mancate convocazioni da parte del governo è in gran parte da attribuire a questa disunità strategica delle Confederazioni.
E’ lo stesso premier Draghi che lo ha ricordato recentemente con queste parole (andiamo a memoria) “..gli incontri con le parti sociali risolvono ben poco se le stesse non si presentano con proposte e contenuti unitari…”. I segretari generali della Cgil e della Cisl nei loro comizi e nelle interviste sembrano “smemorati” al riguardo, che non è un “dettaglio” ma bensì, a nostro avviso, la causa principale della caduta di ruolo del sindacato in Italia, sia verso il Governo sia verso i lavoratori.
Un sogno di mezz’estate…
E’ un sogno a occhi aperti, che “vede” un incontro tra Landini e Sbarra impegnati a ritrovare – dopo le vicende del dicembre 2021 – il bandolo della matassa per riavviare una solida unità d’azione tra le tre principali confederazioni italiane, con un franco confronto su merito delle richieste e sul metodo da seguire per definire intese e mediazioni, tralasciando quel “teatrino” che manda in scena identità immaginarie o perlomeno certamente forzate nella realtà italiana, di un sindacato della partecipazione (Cisl) contrapposto ad un sindacato dell’antagonismo (Cgil) ogni qualvolta insorgono valutazioni diverse – tra le confederazioni – rispetto alle decisioni del governo o di altre controparti. Questo “teatrino” è un gioco a perdere per le confederazioni, per i lavoratori con o senza tessera sindacale.
E’ possibile risalire la china? Riscrivere orientamenti di strategia sindacale, per la contrattazione e verso il governo, tenendo conto di come è cambiato il mondo negli ultimi due anni, negli ultimi sei mesi con i drammatici eventi della guerra in Ucraina e le grandi trasformazioni geopolitiche: la globalizzazione muterà in aree geopolitiche meno comunicanti, difficilmente sopravviverà quel tipo di concorrenza a costi decrescenti, alla carenza di materie prime e di energia seguiranno probabili razionamenti e le fasi recessive con picchi di disoccupati e cassaintegrati. La transizione climatica subirà rallentamenti, siccità e carestie saranno più ricorrenti. Infine ritorna, anzitempo, la nuova ondata di contagio con le varianti Omicron con il sistema sanitario nazionale che è rimasto come all’inizio del 2020. Un insieme di cause esogene e endogene che accentuano le disuguaglianza, la crescita del disagio sociale e della povertà. La crisi sociale si estende: ci sono oltre dodici milioni in povertà (5,7 miln poveri assoluti + 7 miln poveri relativi) in un paese di 60 milioni di abitanti, collocato all’ottavo posto per ricchezza su 196 paesi. Ciò accade nonostante 3 milioni e 700 mila persone prendano quel minimo reddito di cittadinanza. Debbono far parte dell’identità sociale di una strategia confederale.
E’ possibile in tale contesto ridare un’anima al sindacalismo confederale? Certamente difficile, ma si può se riflettiamo su quanto scriveva Pierre Carniti alcuni anni fa, quando il quadro generale di riferimento era meno drammatico: “..Per correggere quindi le tendenze in atto è, innanzi tutto, necessario impegnarsi in una unificazione del mondo del lavoro. Oggi diviso e frammentato…. Scopo che diventa praticabile solo se accompagnato da un indispensabile recupero di tensione unitaria. Necessaria per restituire un ruolo essenziale al sindacalismo confederale. Altrimenti avviato alla irrilevanza. Basti pensare ai contratti nazionali. Arrivati ormai alla incredibile cifra di ottocento. Oltre la metà dei quali stipulati da “sindacati gialli”. Circostanza che, a parte ogni altra considerazione, è certamente una delle spiegazioni relative al deprezzamento ed alla svalutazione del lavoro. Infine c’è il problema, particolarmente grave, in Italia dell’occupazione. Il dato incontrovertibile e del quale si dovrebbe prendere atto, è che la coperta del lavoro disponibile è corta. Se copre gli ultracinquantenni, scopre i giovani. E viceversa. Occorre quindi che la contrattazione affronti, nei mille modi possibili, una ripartizione del lavoro disponibile…”. «..Circoscrivendo il compito ed il ruolo del sindacato a salari e condizioni di lavoro il sindacalismo confederale perde gran parte della sua ragione d’essere….Chi, al contrario, ritiene che l’equità, la giustizia sociale, la lotta alle diseguaglianze ingiustificate, siano compiti da perseguire anche nella società contemporanea, e che quindi permangano le ragioni di fondo che hanno storicamente prodotto l’esperienza del sindacalismo confederale, non può non fare i conti con l’esigenza di unità. Infatti, senza unità il sindacalismo confederale, prima ancora che sulla possibilità di soluzione dei problemi, non è nemmeno in grado di influire sull’agenda dei temi da discutere. E se esso si limita a reagire di rimessa alle iniziative che prende il potere politico o quello economico, diventa pressoché inevitabile il rischio che si produca una divisione tra quanti pensano che la sola cosa da fare è organizzare la protesta e quanti pensano invece che occorra, innanzi tutto, lavorare alla “riduzione del danno”. ..».
Contrastare l’inflazione da costi con una strategia confederale? Anzichè contare come scelta prioritaria sulla contratatzione di categoria? La scala mobile è stata abbandonata con l’accordo triangolare del 1992 (governo-sindacati-confindustria), recuperava parzialmente automaticamente dopo sei mesi la perdita del potere d’acquisto causato dall’inflazione. Il Protocollo Ciampi sulla politica dei redditi (1993) – sottoscritto dalle parti sociali – ha definito i livelli di contrattazione affidando ad essi il compito della salvaguardia del potere d’acquisto. Non è andata bene per più motivi. Vedi link https://sindacalmente.org/content/potere-dacquisto/https://sindacalmente.org/content/potere-dacquisto/ – L’inflazione attuale con la quale dobbiamo fare i conti NON E’ sospinta (come negli anni70-80) dalla crescita della domanda e dalla rincorsa salari-prezzi, ma è causata dalla minor disponibilità di merci e ricambi per cause logistiche e stop di produzioni (già iniziata con la pandemia) alimentata in modo esponenziale dalle conseguenze della guerra in Ucraina (sanzioni e contro azioni) che fanno volare i prezzi dell’energia (il prezzo del gas è volato in pochi giorni da 85 a 135 euro per MegaWatt dopo il taglio di fornitura di Gazprom, che potrebbero accentuarsi con il prolungamento della guerra in Ucraina) e dei trasporti-logistica con effetti a cascata. E’ quindi un’inflazione generata da cause esterne, importata, che per quanto definito dopo il Protocollo 1993 non se ne tiene conto (indice Ipca) per l’aggiornamento dei minimi contrattuali in sede di rinnovo. In tale contesto la rincorsa salariale per salvaguardare il potere d’acquisto dei salari (e delle pensioni) si presenta ardua per il persistere di tassi inflattivi elevati, alimentati dai costi energetici, e comunque riguarderebbe SOLO UNA PARTE del mondo del lavoro, quello protetto dalla contrattazione ,meno efficace di un tempo e che riguarda le medie e grandi imprese.
Le bollette del gas e dell’elettricità, come pure la benzina per recarsi al lavoro, tagliano il potere d’acquisto per tutti i lavoratori, in particolare per quel mondo del lavoro – un’arcipelago di precarietà e di frammentazione dimenticato dalla contrattazione – a cui faceva riferimento Pierre Carniti.
Landini e Sbarra, nell’immaginario incontro “faccia a faccia” di mezz’estate – da noi immaginato ma certo possibile – potrebbero trasformare in rivendicazione primaria sindacale quella denuncia pubblica del ministro Roberto Cingolani, di mesi fa, che ha scandalizzato il mondo del “politicamente corretto” e dei tanti riformisti “a parole”. Fu rimproverato perché non toccherebbe ad un ministro denunciare “la truffa degli aumenti sulle bollette dell’energia, e l’iniquità degli extraprofitti” se lo stesso – è stato detto – non dispone di adeguate contromisure. Dopo “quel grido di dolore” anche i sindacati e partiti hanno preso coscienza di quel meccanismo speculativo finanziario che tiene esclusivamente conto del massimo profitto in breve tempo, che si avvale di riferimenti anomali e di algoritmi regolano automaticamente il libero mercato della compra vendita, con tanti future alla borsa di Amsterdam. Prezzi del gas che non fanno riferimento ai costi di produzione dello stesso, ma sono determinati dalla “libera commercializzazione”, senza alcun limite per il suo prezzo massimo (cap price). Oggi questa colossale truffa verso gli utenti è stata resa pubblica dalla drammatica vicenda della guerra Ucraina, dalle sanzioni alla Russia e dalle sue contro reazioni: arrivando meno gas per la chiusura dei rubinetti operata da Gazprom-Putin, il prezzo della quantità ridotta che arriva in Europa vola alle stelle! Articolo correlato https://www.avvenire.it/economia/pagine/previsioni-prezzi-luce-gas-terzo-trimestre-2022
Il governo Draghi delle larghe intese – che spesso producono immobilismo – ha finora varato una serie di provvedimenti tampone: sconti temporanei in bolletta, per determinate categorie; sospensione di accise su carburanti, finanziati con parte degli extra profitti maturati dalle aziende petrolifere e dell’energia. L’azione di Mario Draghi (contrastata da paesi del Centro e Nord Europa) per definire in Europa un cap price (un tetto max) al prezzo del gas non si può vincere solo con l’iniziativa istituzionale se questa non è sorretta da una vasta campagna di mobilitazione UNITARIA dei lavoratori in Italia e in altri paesi Europei. Come si poteva immaginare l’azione di Draghi ha ottenuto un risultato significativo ma per ora molto simbolico: si discuterà di cap price per il gas in un Consiglio Europeo all’inizio di ottobre 2022.
Le confederazioni sindacali sono in grado, hanno il coraggio politico, di avanzare una richiesta unitaria e iniziare una lunga battaglia sindacale (chiamando in causa il sindacato europeo, la Ces) per contestare alla radice e per modificare in via permanente quel meccanismo finanziario speculativo (prezzo del gas) che determina gravi ingiustizie e disuguaglianze sociali, per un verso “ruberie” sui redditi popolari (dai salari alle pensioni ai sussidi di vario tipo), per l’altro gravano sui costi di produzione delle aziende?
Non solo, oltre lo scenario europeo a cui si aggancia il problema del prezzo del gas, il sindacato confederale è chiamato ad agire sullo scenario nazionale dove anche le tariffe elettriche (altra ruberia) non sono determinate in base ai costi di produzione delle diverse fonti (fossili e rinnovabili) ma anch’esse agganciate automaticamente alle variazioni del prezzo del gas, aggiungendo l’impropria voce “oneri di sistema” al momento provvisoriamente sospesa. Il sindacato unitariamente deve rivendicare un nuovo meccanismo per le tariffe elettriche sganciato da quello del prezzo del gas e depurato dagli oneri di sistema per “..raccordare più direttamente il livello delle tariffe ai costi effettivi del servizio…” come stava scritto al punto 5 del Protocollo Ciampi 1993. Ma si è operato al contrario.
Il sindacato confederale possiede le capacità potenziali per dare un senso alle parole “antagonismo” e “partecipativo”. Essere antagonisti – unitariamente – a queste regole deformanti del mercato significa ricostruire un’identità sociale del sindacato confederale verso l’intero mondo del lavoro, da fare valere per tutte le istanze ove sono posti problemi che riguardano l’equità sociale e i di diritti d’uguaglianza (tra questi in cima poniamo la salute e l’istruzione e la formazione) sempre più erosi nel nostro paese e nel mondo. Quanto qui indicato è un percorso alternativo a quello governativo dei tanti e troppi bonus e richiede una diversa strategia fiscale e delle pagamento delle tasse.
Per la prossima puntata “Un sogno di mezz’estate..” sono in definizione QUATTRO capitoli. Il primo, “La pace fiscale e ..non mettere le mani nelle tasche dei cittadini”, motiveremo la nostra aperta contrarietà a questi slogan della destra italiana verso i quali il sindacato confederale italiano esterna una debole, quando esiste, opposizione. Parleremo delle battaglie non date dal sindacato confederale sulla delega per la riforma del Catasto (indispensabile) pe raffrontare con nuove entrate il taglio del cuneo fiscale che tanto grava sui conti delle aziende e dei salari italiani. Il secondo, “Con quali richieste unificare il mondo dei bassi salari, della precarietà e dei tanti invisibili”. Utilizzeremo anche quanto indicato negli incontri di “Prendere parola”. Il terzo. Varianti Omicron: impreparati e recidivi.. anche per il pronto soccorso. Il quarto, Metalmezzadro 4.0 e la siccità. Quattro grandi temi che riguardano l’identità sociale di un sindacato confederale unitario. Seguitici anche se siete in vacanza.
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