Per la sobrietà digitale

Un Manifesto per la sobrietà digitale – Roberto Cingolani, 59 anni, è uno dei principali fisici italiani ed esperti di nuove tecnologie, dal 2019 responsabile dell’innovazione tecnologica di Leonardo, dopo essere stato dal 2005 al 2019 direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Nel suo articolo “Manifesto per la sobrietà digitale” – su L’Espresso n.7 – sollecita la riflessione su “ Quanto sono verdi le nuove tecnologie? Dispositivi, server e reti producono il doppio di Co2 del traffico aereo… Per salvare l’ambiente dobbiamo cambiare le nostre abitudini compulsive…Nuove disuguaglianze. Debito cognitivo. Sono le sfide di domani….. Postare milioni di foto significa far pagare un costo ambientale alle future generazioni…

Uno dei tanti Centro dati

La prima parte del documento, che contiene alcune considerazioni scientifiche sconosciute alla maggioranza dei cittadini italiani, gravati da un grado di analfabetismo di ritorno superiore a molti  paesi europei, è questa….

La tecnologia digitale è considerata un motore di sviluppo sostenibile perché consente di dematerializzare molte attività (per esempio ridurre l’uso della carta), ridurre gli spostamenti fisici (riducendo i consumi di carburante e l’inquinamento) e migliorare i processi manifatturieri (ridurre uso di energia e materie prima). Come per tutte le tecnologie il suo uso deve essere intelligente ed equilibrato: nessuna tecnologia è “gratis” e l’uso smodato delle piattaforme digitali rischia di vanificare i vantaggi intrinseci della transizione digitale.

D’altro canto in questi anni tutte le società avanzate stanno facendo uno sforzo enorme per raggiungere i valori di decarbonizzazione e di riduzione dell’uso dei carburanti fossili previsti dall’accordo di Parigi. Anche un piccolo aumento del consumo di energia dovuto a nuove tecnologie, come nel caso della digitalizzazione, assume un ruolo importante ai fini del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità globali. Proviamo quindi a rispondere in maniera obiettiva alla domanda “quanto è verde il digitale?”. L’impronta energetica delle tecnologie digitali, cioè l’energia consumata per usare tutte le apparecchiature digitali che sono sul pianeta (server, reti, terminali, dispositivi mobili, etc.) cresce al ritmo del 9% annuo. Tutte le apparecchiature digitali sono alimentate ad energia elettrica e pertanto aumentano i consumi globali di energia. I dati che circolano nella rete sono correnti elettriche che viaggiano su cavi, o onde elettromagnetiche prodotte da antenne alimentate a corrente, o fasci di luce che si propagano in fibre ottiche, prodotti da laser che sono alimentati a corrente.

I grandi server che immagazzinano e processano i dati necessitano di enormi potenze elettriche per funzionare ed essere raffreddati. Gran parte dell’energia elettrica è prodotta da sorgenti fossili e quindi tutte le tecnologie digitali producono automaticamente anidride carbonica che va ad aumentare l’effetto serra. Se si pensa che una email di 1 MegaByte produce la stessa quantità di C02 prodotta da una lampadina da 60 W accesa per circa mezz’ora, si comprende bene come l’aumento del traffico digitale fra il 2013 e il 2018 abbia contribuito per circa 450 milioni di tonnellate di C02 all’effetto serra globale. Proprio in periodo di pandemia Covid-19 abbiamo assistito al formidabile aumento di video streaming e dell’utilizzo di videoconferenze e televisione digitale.

Queste tecnologie ci hanno consentito di andare avanti, ma hanno un costo energetico e ambientale importante: guardare un video in cloud per 10 minuti richiede la stessa energia necessaria ad alimentare 1500 telefonini per lo stesso tempo. Per capire meglio cosa significhi tutto questo cominciamo col definire i principali responsabili dell’impronta ambientale delle tecnologie digitali:…..per proseguire aprire l’allegato

https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Cingolani

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