«Pace, disarmo, giustizia»
«Pace, disarmo, giustizia». Vaticano. Leone XIV parla al corpo diplomatico. « Ridare respiro alle istituzioni internazionali nate per porre rimedio alle contese». Di seguito l’articolo di Luca Kocci sul Manifesto.
<< Rilanciare il multilateralismo e le istituzioni internazionali, fermare la produzione di armamenti: sono i due pilastri per la costruzione della pace indicati ieri mattina da papa Leone XIV nell’udienza agli ambasciatori accreditati presso la Santa sede. Un incontro molto atteso, in cui il nuovo pontefice ha parlato per la prima volta direttamente ai rappresentanti dei 184 Stati che intrattengono relazioni diplomatiche con il Vaticano presentando le linee della politica estera di Oltretevere.

Prevost ha sviluppato il proprio discorso attorno a tre parole – pace, giustizia, verità – che «costituiscono i pilastri dell’azione missionaria della Chiesa e del lavoro della diplomazia della Santa sede».
LA PRIMA, appunto, è «pace», che per il papa non è solo «assenza di guerra e di conflitto» ma – come del resto ha sottolineato più volte in questo inizio pontificato – ha una dimensione spirituale comune a tutte le fedi religiose. È proprio a partire da questo humus che è possibile «sradicare le premesse di ogni conflitto e di ogni distruttiva volontà di conquista», attraverso «una sincera volontà di dialogo, animata dal desiderio di incontrarsi più che di scontrarsi». In questa prospettiva – ecco il passaggio più politico dell’intervento di Leone – è necessario «ridare respiro alla diplomazia multilaterale e a quelle istituzioni internazionali che sono state volute e pensate anzitutto per porre rimedio alle contese che potessero insorgere in seno alla Comunità internazionale. Certo, occorre anche la volontà di smettere di produrre strumenti di distruzione e di morte, poiché, come ricordava papa Francesco nel suo ultimo messaggio Urbi et Orbi – quello letto a Pasqua, il giorno prima di morire – nessuna pace è possibile senza un vero disarmo e l’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo». Con particolare riferimento ai «contesti più provati, come l’Ucraina e la Terrasanta».
MESSAGGIO CHIARO. Chissà se avrà oltrepassato il Tevere e sarà arrivato anche alle orecchie dei partecipanti al “Gruppo dei 5”, il minivertice dei ministri della Difesa di Italia, Francia, Germania, Regno unito e Polonia che contemporaneamente e a pochi chilometri dal Vaticano, al Palazzo dell’aeronautica militare, discutevano di come ampliare e rafforzare gli arsenali europei. Oppure ai capi di Stato e di governo dei «volenterosi» riuniti a Tirana.
«GIUSTIZIA» è la seconda parola evidenziata da Prevost. «La Santa sede – ha detto – non può esimersi dal far sentire la propria voce dinanzi ai numerosi squilibri e alle ingiustizie che conducono, tra l’altro, a condizioni indegne di lavoro e a società sempre più frammentate e conflittuali. Occorre peraltro adoperarsi per porre rimedio alle disparità globali, che vedono opulenza e indigenza tracciare solchi profondi tra continenti, Paesi e anche all’interno di singole società». Non è mancato da parte del pontefice un appello ai governi a «costruire società civili armoniche e pacificate», investendo «sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna» – piuttosto ovvio visto che a parlare è il papa, anche Bergoglio era solito farlo – e favorendo «contesti in cui sia tutelata la dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro all’anziano, dal malato al disoccupato, sia esso cittadino o immigrato».
INFINE «VERITÀ», la terza parola, con l’anticipazione che «quando sarà necessario», la Chiesa parlerà chiaro e utilizzerà «un linguaggio schietto», anche a costo di «qualche iniziale incomprensione», per «affrontare con miglior vigore le sfide del nostro tempo, come le migrazioni, l’uso etico dell’intelligenza artificiale e la salvaguardia della nostra amata Terra».
Intanto viaggia a pieno ritmo la macchina organizzativa per la messa di inizio pontificato domani a San Pietro, per cui sono attese duecentomila persone in piazza e duecento delegazioni estere. E dopo il fallimento dei colloqui di Istanbul fra Russia e Ucraina, il cardinale segretario di Stato Parolin rilancia l’offerta del papa a «mettere a disposizione il Vaticano per un incontro diretto tra le parti».>>. Il Manifesto 17 maggio 2025