LA BANCA CHE VUOLE L’ABI – Alberto Re – disdetta bancari –

Come osserva Nicola Borzi sul Sole 24 ore del 21/9, il passaggio più significativo della lettera di disdetta del CNL dei bancari è dove l’Abi scrive che “le competenze e professionalità” degli addetti “non risultano più coerenti con l’attuale modo di fare banca”. In chiusura l’articolista si domanda, senza formulare risposte, “qual è secondo l’ABI l’attuale, ma soprattutto il futuro modo di fare banca ? Qual è dunque il progetto sul futuro modello di bancario e quindi, a cascata, di cliente ?”.

Già, per oltre quindici anni i dipendenti sono stati, nelle allocuzioni dei vertici alle convention aziendali, “il primo e decisivo asset della banca”, chiamati ad “obiettivi sfidanti” che sarebbero stati senz’altro raggiunti in virtù della “professionalità e dell’impegno della forza di vendita”, alla quale venivano peraltro ricordate l’ampia formazione erogatale e le applicazioni del sistema premiante che sarebbero scattate al raggiungimento del budget annuale.

E’ stato il nuovo modo di fare banca che i manager di formazione McKinseyana, Profumo e Passera in primis, hanno imposto soppiantando la gestione sonnacchiosa e scarsamente redditizia delle vecchie banche IRI e delle Casse di Risparmio; quella era la “banca sociale”, dove una mano lavava l’altra, non solo in termini di spartizione partitocratica delle poltrone, ma anche di connubio tra poteri locali, distribuzione di posti di lavoro, erogazione clientelare del credito.

Alla “foresta pietrificata” succedeva un modello di “banca impresa” vocata alla “creazione di valore”, per gli azionisti, per i clienti, per i dipendenti.

Il successo è stato clamoroso : moltiplicazione degli indicatori di redditività dell’”industria” bancaria, crescita degli attivi a bilancio (i crediti, con correlato aumento della leva finanziaria), soddisfazione degli azionisti (in particolare le fondazioni, assurte al ruolo di novelli mecenati e stampella delle affamate amministrazioni locali), auto distribuzione di compensi stellari ai top managers ed alle figure ritenute “chiave” del successo aziendale.

Quali gli strumenti utilizzati ?

In sintesi : sul lato del credito non è mancato il sostegno al “capitalismo famigliare senza capitali” caratteristico del nostro paese; basti ricordare che le banche sono state “padrone” di gruppi come Fiat, Italpetroli (fam.Sensi), Fondiaria Sai (Ligresti), per citarne alcuni.

Nei confronti del mare magnum della piccola impresa, la forza di vendita delle reti agenziali ha ben adempiuto al compito di affiancare al credito (garantito dai beni dell’imprenditore depositati sui conti titoli della banca), una sofisticata gamma di derivati (di tasso, di cambio, esotici), con il pregio di assicurare all’azienda una entrata di cassa immediata ed alla banca utili ben superiori (ugualmente immediati in termini contabili di esercizio).

Che queste operazioni fossero altrettante bombe ad orologeria, destinate a trascinare al dissesto centinaia di piccole aziende, è storia che non è qui il caso di riprendere.

Stesso giochino con centinaia di pubbliche amministrazioni (comuni e regioni) che “grazie” ai derivati efficacemente proposti dalle banche hanno risolto o camuffato seri problemi di 

spesa urgente e di sforamenti ai limiti imposti alla finanza locale dal patto di stabilità.

E’ stato il trionfo della “asimmetria informativa”: io, banca, so misurare e prezzare correttamente i rischi ed i prodotti, tu, cliente, compra fiducioso, perchè la banca ha al centro dei suoi pensieri il tuo bene.

Approccio non dissimile sul lato della raccolta : bassa remunerazione dei depositi e collocamento presso la clientela di prodotti di investimento finanziario “ad elevato valore aggiunto” (obbligazioni emesse dalla banca stessa, fondi, polizze vita); l’asimmetria qui sta nella difficoltà per il risparmiatore medio di valutare le proposte ricevute dallo sportello e confrontarle con alternative spesso più semplici e convenienti (i titoli di stato), ma prive del carico commissionale a vantaggio della banca…

Il personale delle agenzie bancarie addetto al servizio alla clientela ha giocato in tutto ciò un ruolo determinante.

I managers, incitando gli impiegati al raggiungimento dei budget di vendita individuali e di gruppo, usavano spesso una metafora da formula 1 automobilistica : “dovete scaricare a terra la potenza della nostra banca, della nostra linea di prodotti”.

In altri termini : una vasta e crescente componente degli oltre 300.000 bancari, sono stati sottoposti ad una intensa ed assillante “pressione commerciale”, finalizzata al piazzamento di prodotti finanziari,  per certi aspetti non compresi dagli stessi venditori o direttori di banca (i derivati…), in ogni caso da presentare con l’adeguato uso delle tecniche di vendita apprese nei corsi di formazione.

 Tutto sommato è stato quindi vero per parecchi anni che, accanto agli “ingegneri di fabbrica”, matematici, economisti, fisici, che confezionavano al centro i prodotti, la rete dei venditori ha costituito una risorsa preziosa, un elemento determinante della cinghia di trasmissione dal fornitore al consumatore.

Dal 2008, come sappiamo, il giocattolo è andato progressivamente in frantumi; nella lettera di disdetta del CNL l’ABI evoca la crisi di redditività, di sofferenze creditizie e di carenza patrimoniale nella quale versa oggi il sistema bancario italiano.

Ai lavoratori ed alle organizzazioni sindacali di categoria viene dichiarato brutalmente :  non ci serve più la vostra competenza nell’illustrare abilmente i prodotti, la vostra tenace e paziente capacità commerciale che ha mantenuto fidelizzati negli anni anche clienti insoddisfatti della banca… ora c’è la rete e la banca on line; su questo canale attueremo sempre più le nostre politiche di prodotto, di prezzo ed anche di consulenza, a costi ben inferiori, con progressiva riduzione delle reti fisiche di sportelli, dedicate ad una operatività semplice e dequalificata.

Chi scrive è convinto che nel determinare l’impasse indubitabile nella quale si trovano ora i lavoratori bancari, le responsabilità della politica (della ”sinistra”) siano ben superiori agli errori ed alle carenze del sindacato.

Di più : la sinistra che ha governato o ha “mimato” l’opposizione al berlusconismo è corresponsabile dell’attuale incapacità delle banche a svolgere, pur in situazione recessiva, il compito fisiologico di intermediazione creditizia, tale da assicurare un minimo di efficienza del sistema produttivo.

Negli anni d’oro ci si è compiaciuti che Profumo e Passera fossero convinti “ulivisti” e votassero alle primarie, che alle fondazioni bancarie affluissero cospicui dividendi a beneficio delle “comunità locali” e delle risorse culturali del paese, che le banche intervenissero nei “salvataggi” industriali.

Sui meccanismi retrostanti l’impennata degli utili, sul modello di relazione banca clienti, sulle dimensioni assunte da alcuni gruppi bancari, sull’arricchimento straordinario della casta dei banchieri, in definitiva, sul ruolo giocato nella società italiana di un soggetto così rilevante, chiamato, tra l’altro, ad amministrare il risparmio, bene che la Costituzione ha inteso tutelare, la sinistra è stata, volta a volta cieca, o collusa (MPS…), pilatesca e, qualche volta, insopportabilmente goffa (“abbiamo una banca”…).

Il sindacato ha fatto il suo mestiere di “tenere il tavolo” della contrattazione, ma, privo di una vigile sponda politica, è stata la gestione di una progressiva ritirata, nonostante i tentativi di arginare in qualche modo gli eccessi ricattatori delle pressioni commerciali sui lavoratori.

In particolare i tavoli sindacali sono stati occupati dalle operazioni di ristrutturazione dei gruppi bancari, con esternalizzazione di aree di attività (informatica, servizi tecnici, personale, ecc.) e relativi dipendenti, oltre che, ovviamente, dalla gestione degli esuberi, che hanno alimentato in maniera determinante la platea degli “esodati”.

La disdetta unilaterale del CNL cade, come è noto, in concomitanza con la trasformazione del Fondo di Solidarietà che dal 2000 ha consentito l’accompagnamento alla pensione di oltre 40.000 bancari; c’è la possibilità che ABI punti a modificare la natura del Fondo, al fine di dribblare la legge Fornero per esuberare, con uno “scivolo” portato dagli attuali 5 fino a 7 anni, i 30.000 lavoratori ultracinquantacinquenni che rimangono in servizio.

Mentre si possono quindi formulare alcune risposte alle domande iniziali del Sole 24ore sui progetti ABI a riguardo dei futuri modi di fare banca, dove mi pare ci sia una sconsolante fitta nebbia è : la sinistra, il PD in particolare, ha un’idea su come rimettere in moto l’intermediazione creditizia ed i servizi bancari a fini di sviluppo, lavoro, equità ?

Ad esempio, ritiene il PD (ma anche gli altri “soggetti politici” di sinistra) che il tema di una “banca pubblica” che introduca (nell’economia di mercato!) un reale elemento di concorrenzialità, sia un argomento tabù o vada preso seriamente in considerazione come elemento qualificante di una politica economica progressista ?

 

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