Guerra alla guerra!

Fare “guerra alla guerra” è una parola d’ordine, un’indicazione  di Papa Francesco  che da tempo richiama l’umanità tutta, a prescindere da fedi o opzioni politiche, a risolvere  i conflitti ricercando i necessari giusti  compromessi rinunciando al conflitto armato, alla guerre che anziché risolvere i problemi che le generano aggiungono altre tragedie che si trascinano negli anni. Il ruolo dell’Onu è stato sabotato con uno spregiudicato utilizzo del diritto di veto da parte delle ex-grandi potenze della seconda guerra mondiale, in particlare per iniziativa degli USA e della Russia, le “due nobili decadute”. Al sabotaggio dell’Onu è spesso seguita la falsa retorica al richiamo dei principi della Carta dei diritti universali, mentre nei conflitti armati è il diritto internazionale la prima vittima (con la libertà di cronaca) ad essere travolto dalla legge del più forte, come ha ben stigmatizzato Domenico Quirico nell’articolo pubblicato su La Stampa (vedi allegato).

E’ possibile, nella società occidentale in cui viviamo, fare la “guerra alla guerra”? Nella situazione storica attuale che vede i governi scegliere la “diplomazia delle armi” giustificando o tacendo sulle attività militare anche quando sono gravi crimini di guerra: si accusa l’avversario ma si assolve in qualche modo l’alleato. Rispondiamo con un Sì, non intraprendere questa strada significa non offrire un’alternativa ai tanti che avvertono una “crescente stanchezza, assuefazione o apatia” – così scrivono e dicono molti “maestri del pensiero” sui media  – per le guerre in atto e sulle tragedie collegate.

Nel suo pensiero di pace, papa Francesco ha affermato che non esiste  una guerra giusta, superando le distinzioni del tradizionale orientamento della chiesa cattolica, confermando invece la giustificata  resistenza per contrastare l’aggressore. Quante divisioni ha il Papa a sostegno di questa nobile utopia? Quanti milioni di cittadini si battono in Italia e nel mondo perché questa utopia si trasformi in realtà. La domanda sulle divisioni del Papa richiama una data fondamentale della seconda guerra mondiale. Nel 1945, durante i colloqui di Yalta fra i tre Grandi, Churchill, Roosevelt e Stalin, per la suddivisione delle aree d’influenza nel mondo, divenne famosa la domanda «Quante divisioni ha il Papa?», pronunciata da Stalin che molte divisioni di combattenti aveva immolato per fermare il nazismo nelle battaglie  decisive del fronte orientale.

Oggi serve uscire dal rischio incombente di estraniarci dagli orrori delle guerre, anche a causa di un’informazione ingannevole rispetto a quanto avviene nei teatri di guerra, alimentata dal doppio standard di valutazione su crimini di guerra compiuti dall’alleato o dal nemico, sulla mancata analisi delle “ragioni” di chi ha torto, sui grandi interessi geo-politici e economici alla base dell’insorgere dei conflitti armati, sulla necessità di sperimentare sul campo di battaglia le tante nuove moderne armi di cui i droni sono l’esempio più visibile, sul ruolo delle grandi multinazionali che riempiono gli arsenali che periodicamente vanno svuotati per continuare a distribuire cedole agli azionisti. Notizie che si ritrovano nelle riviste specializzate, cme ad esempio Lines, Dominio e altre ancora, ma poco circolano e poco rimbalzano.

Ha certamente ragione Mattia Feltri, su La Stampa del 13 gennaio. Ma…..L’orrendo massacro di Hamas del 7 ottobre compiuto in poche ore, gli oltre 24.000 morti palestinesi massacrati in 100 giorni con bombe, sono atti di guerriglia terroristica e di guerra terroristica finalizzati entrambi a diffondere il terrore tra i civili. Compiere attività terroristica da parte di uno stato è forse meno grave, perché è di reazione? Disperdere un popolo, eliminando generazioni di giovani, spingerlo fuori dalle terre native, trasformarli in eterni profughi…non è provocarne l’agonia! Seppure diverso dal genocidio-vocabolario, quel popolo disperde la sua identità  e scompare dalla sua terra.

C’è molto da dire sulla “guerra alla guerra” su quanto avviene nelle guerre a noi più vicine (in medio oriente e in ucraina). Ci impegniamo per un’informazione – su questo sito – all’insegna di precisi orientamenti:

  • per la guerra in medio-oriente, dare forza ideale e significato politico al tenere unite e sventolare tre bandiere: quelle dell’Onu, di Israele e della Palestina. Per sostenere con le parole e la documentazione più appropriate l’essere a fianco di quel popolo ebreo (quello che vive in Israele e quello della diaspora)  e di quel  popolo palestinese che – controcorrente all’andata dell’odio e della vendetta –  ricercano la convivenza e pensano al futuro con due stati per due popoli, recuperando lo spirito degli accordi di Oslo I e II (negati da Hamas e da Netanyahu). Recuperare i reportage di alcuni bravi reporter (tra questi certamente Francesca Mannocchi) che raccontano l’invasione della Cisgiordania, che avviene da molti anni, da parte di famiglie ebraiche, prevalentemente della destra ortodossa, protette dall’esercito israeliano per scacciare i palestinesi che vivono da sempre in quelle terre. Non stancarci di distinguere tra governo e popolo, è vero sempre in ogni contesto. Affermare in libertà la nostra contrarietà, il non sostegno al governo Nettanyahu, senza temere di essere accusati antisemiti. Così pure condannare senza riserve Hamas e le milizie che praticano azioni terroristiche senza temere di essere contro la causa dei palestinesi che rivendicano un loro stato;  
  • per la guerra ucraina-russia non c’è alcun dubbio su chi sostenere dopo aver severamente condannato l’aggressione e l’invasione di Puti; ma poi bisogna stare dalla parte delle vittime, (ucraine, russofone del Donbass, russe) come ha sempre fatto papa Francesco pagando un alto prezzo d’incomprensione. Avere il coraggio di sostenere che il perdurare della guerra di logoramento va a discapito del futuro dell’Ucraina e della sua difficile ricostruzione, si perdono generazioni, conseguente una Conferenza internazionale di pace sarà indispensabile, e per un successo della stessa la base di discussione non possono essere certo i 10 punti presentati dal presidente Zelensky che richiedono, nei fatti per il ritiro di ogni soldato russo ai confini del 1991 (quindi Crimea compresa)  la sconfitta e la rotta delle truppe russe. Una condizione inverosimile per come stanno le cose sul campo di battaglia e nello schieramento dei ferventi e tiepidi alleati.  
  • per tutte le guerre, vogliamo recuperare  e far circolare collegare la memoria storica (fatti, eventi, trasformazioni)  che  documenta il contesto in cui esplodono i conflitti e si ricorre alle armi e alle esecrabili azioni terroristiche, sia da parte delle tante milizie sia da eserciti regolari di stato. Richiamare il contesto storico non significa giustificare le azioni di questo o quel belligerante, ma avere più conoscenze per individuare le possibili soluzioni per far cessare un conflitto e definire norme per la convivenza. Ricordiamo che il segretario generale dell’Onu è stato pesantemente contestato, da Israele e altri paesi,  di esprimere tacita tolleranza verso il terrorismo praticato da Hamas per aver ricordato nella sua relazione “..che il 7 ottobre non arriva dal nulla”;
  • riproporre con caparbietà il rilancio dell’Onu, riformato con l’abolizione del diritto di veto, con votazioni deliberative a maggioranze qualificate dei due terzi nel caso di deliberare l’intervento dell’Onu con propri contingenti adeguati per operare, con strumenti e organici di dissuasione, attività di intermediazione tra parti in conflitto, anche armato; creare un esercito europeo in alternativa alla crescita degli armamenti in ogni singolo paese, con finalità analoghe a quanto prescrive l’art.11 della Costituzione, complementare al contingente Onu;
  • diffondere  idee e conoscenze sulle esperienze di azione non violenta, di disobbedienza organizzata civile; sperimentarle anche nei conflitti civili nella consapevolezza che è indispensabile la crescita del senso civico e della partecipazione.(vedi articolo allegato di Gian Giacomo Migone).

Alleghiamo primi articoli per sollecitare queste riflessioni, nel contempo vi invitiamo caldamente a inviarci un commento, integrazioni, osservazioni critiche a quanto proponiamo come nostro impegno redazionale.

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