Gigafactory Stellantis

Gigafactory Stellantis – Gli incontri dei mesi scorsi tra Governo-Stellantis hanno contribuito alla decisione dell’ amministratore delegato Tavares per far nascere uno stabilimento per produrre batterie elettriche in Italia, nello stabilimento di Termoli che produce motori tradizionali Fire e cambi, produzioni da riconvertire . Per il momento, il programma resta francese per almeno un aspetto: il partner scelto per la produzione di batterie è la compagnia petrolifera Total con cui Stellantis ha creato la joint venture, Automotive cells company (Acc). E’ quanto si evince anche dal comunicato del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che ha dichiarato che questo era il risultato per cui il governo aveva lavorato. Al momento non è noto l’ammontare degli investimenti pubblici che accompagneranno il progetto Stellantis. https://www.editorialedomani.it/economia/la-trattativa-stato-stellantis-porta-la-gigafactory-in-molise-gsjgpvs5

Anche i sindacati nazionali metalmeccanici hanno espresso un giudizio favorevole (vedi allegati) e pertanto stupiscono alquanto le rivendicazioni avanzate dai sindacati torinesi per far nascere la gigafactory all’interno degli spazi vuoti di Mirafiori. La Fiom Torinese e Regionale, nei giorni precedenti alla decisione di Stellantis, avevano dato vita ad una riuscita iniziativa, Mirafiori day, con l’adesione di istituzioni accademiche e delle forze politiche cittadine. C’è da chiedersi perché l’iniziativa non sia stata unitaria e cos’è che tutt’ora divide i  principali sindacati metalmeccanici torinesi.

La recente intervista rilasciata dal presidente della Regione Alberto Cirio, a Mario Rossi su La Stampa (v. allegato) sulle le crisi aziendali come Embraco, sul futuro incerto dell’automotive, sulle vocazioni da consolidare e altre da ripensare, sottolinea che il Piemonte e l’area torinese sono territori che, nei momenti che contano, sembrano sempre uscirne perdente. Queste le prime risposte.

Come mai? «Parto da una premessa. Noto, soprattutto a Torino, un atteggiamento rivendicativo e lamentoso che non credo paghi. Spesso alcuni ambienti torinesi accampano pretese guardando a un passato che dovrebbe garantirli. Ma questo non basta, anzi non serve. Il passato non è sufficiente, dobbiamo mostrare che è conveniente stare qui. Con gli universitari e i turisti ci siamo riusciti; con lo stesso atteggiamento dobbiamo guardare alle imprese».

Che futuro vede per l’automotive a Torino e in Piemonte? «Non ci sono crediti da riscuotere con nessuno: le imprese hanno una governance internazionale e strategie mondiali. Poi è chiaro che i governi posso incidere, orientando o favorendo alcune scelte, specie se c’è la mano pubblica nelle politiche industriali. Per questo voglio parlare con Draghi: perché se a Termoli sono in ballo 2.500 posti di lavoro qui ce ne sono 60 mila. Ma anche in questo caso è ora di abbandonare le nostalgie e aprirsi al mercato. In quest’ottica guardo con molto interesse alla gigafactory che sorgerà a Scarmagno».

Un progetto molto discusso. Anzi, a essere discusso è il suo protagonista, il manager svedese Carlstrom. Davvero si fida? «Mi fido della serietà di Confindustria, che con gli enti locali, ha approfondito questo progetto e ha deciso di sostenerlo. Perciò come Regione faremo la nostra parte».   (…)

Per avere più elementi di valutazione è certamente utile leggere i tre articoli pubblicati su Il Sole, dopo l’annuncio della scelta della gigafactory a Termoli, dove si ricorda: che fin dai tempi di Sergio Marchionne FCA aveva scelto di non investire sull’elettrico («Siamo una società povera, non ce lo possiamo permettere»diceva il manager italo-canadese); che a Termoli si costruiscono motori Fire e cambi con tecnologie di trent’anni fa; che l’intero corpo industriale della vecchia Fiat va a benzina e a gasolio, tutti elementi che – con l’adesione europea alla linea della elettrificazione forzata, in cui convergono ideologie verdi occidentali e interessi geopolitici e geoeconomici cinesi – sono appunto fuori dal tempo. 

La Gigafactory di Stellantis, dunque, andrà progressivamente a sostituire la capacità produttiva dello stabilimento di motori di Termoli, nessuna nuova fabbrica, dunque, come tra l’altro è stato anche per gli insediamenti in Germania (Kaiserslautern) e in Francia (Douvrin), poli dove si realizzavano motori termici riconvertiti alla produzione di batterie.  Lo stabilimento molisano è uno dei due principali poli italiani dei motori, insieme a Pratola Serra, con una specializzazione produttiva sui propulsori a benzina, 2.400 addetti e una produzione media di 360mila pezzi all’anno. Quella di Stellantis dunque è un’operazione che guarda al futuro e alla riconversione che gran parte dei produttori di auto dovrà mettere in campo per le fabbriche di motori endotermici con il crescere della quota di elettrico e ibrido sul mercato. 

Produzione Maserati

Il recente report su Mirafiori e Grugliasco della Fim-Cisl Torinese è commentato sul sito lo spiffero in “Stellantis, non basta a Torino la 500″ https://www.lospiffero.com/ls_article.php?id=59848 ; i dati riportati testimoniano il declino del polo di lusso della Maserati (punto strategico di Marchionne per Torino) e l’insufficiente programmazione produttiva di Mirafiori, sostenuta dalla sola 500 elettrica (scelta allora secondaria per Marchionne). Siamo in presenza di livelli record di cassa integrazione…”

Con quanto scritto in questo abstract e leggendo gli allegati si pongono più elementi su cui riflettere e per comprendere che gli stessi sindacati annunciano richieste ma, purtroppo, slegate da una strategia unitaria.

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