DIVISIONE SINDACALE E AZIENDE – G.Berta – sindacato & rappresentanza 27/4/11

I Sindacati divisi diventano un problema per le aziende. Il movimento sindacale appare oggi spaccato in due tronconi, in contrasto l’uno con l’altro non meno che ai tempi, pur ormai lontani, della Guerra Fredda. Dal 1° Maggio dell’anno scorso a quello che si sta per celebrare, le divisioni si sono ancora più accentuate, a causa della lacerazione introdotta dai due referendum che hanno coinvolto gli impianti di Fiat Auto di Pomigliano e Mirafiori, mentre se ne attende a giorni un terzo altrettanto controverso, quello che interesserà i lavoratori dell’ex Carrozzeria Bertone.

La contrapposizione fra Cisl e Uil, da una parte, e Cgil dall’altra è stata solitamente ricondotta, prima della disputa sulle relazioni industriali alla Fiat, a un diverso atteggiamento nei confronti del Governo di centro-destra. In realtà, il confronto è tra due modelli diversi d’intendere e praticare l’azione e la tutela del sindacato. Schematizzando, nel caso di Cisl e Uil saremmo di fronte a un metodo sindacale che privilegia una logica di cooperazione nei confronti dell’impresa, allo scopo di salvaguardare investimenti e occupazione, laddove nel caso della Cgil (ma soprattutto della sua categoria metalmeccanica, la Fiom) prevarrebbe una linea imperniata sui contenuti non negoziabili della condizione operaia, i "diritti", considerati non soggetti a variazioni col mutare del contesto economico e dell’assetto organizzativo della fabbrica. Due concezioni antitetiche al punto di essere divenute inconciliabili, si potrebbe dire.

 

Cgil e Fiom tendono a rifarsi alla loro storia, al momento di presentare la loro visione del ruolo del sindacato, una storia centrata sulla rappresentanza dei lavoratori in quanto classe. Al contrario la Cisl, il vero soggetto portante dell’altro polo sindacale, si rifà a un corpus di principi, idee e anche tradizioni che la distinguono, fondato su una cultura autonoma, dotata di proprie basi teoriche.

 

Guido Baglioni, uno dei più noti studiosi italiani di questioni sindacali, si è interrogato sul cammino che la Cisl, la confederazione con cui collabora da sempre, ha compiuto nell’arco di sessant’anni, con un libro singolare (La lunga marcia della Cisl 1950-2010, il Mulino), in cui la riflessione del ricercatore si mescola con l’osservazione-partecipante propria di chi milita in un’organizzazione. Ne è derivato un saggio che per misura, qualità di sintesi e analisi meticolosa degli studi si raccomanda a tutti coloro che si interrogano sulle prospettive del sindacato italiano.

Baglioni, com’è naturale, è un assertore convinto del valore dell’esperienza cislina, che descrive e giudica come un vettore di modernizzazione, pur senza rinunciare a discuterne carenze, limiti e anche errori storici. In pagine di notevole equilibrio dà un contributo di livello per comprendere lo stallo in cui rischia di finire il movimento sindacale nel suo complesso, se non viene a capo di una divisione che non può essere cristallizzata all’infinito, pena un blocco delle relazioni industriali che non può far bene né al mondo del lavoro né a quello dell’impresa.

 

Basta leggere le pagine che Baglioni scrive su Pomigliano (il referendum di Mirafiori era ancora di là da venire quando ha ultimato il libro) e la questione degli accordi separati per capire che lì c’è un nodo da sciogliere e che se continuerà a venire procrastinato rischia di pregiudicare il futuro del sindacato in Italia.

 

Si può pensare che una situazione bloccata tra i due modelli sindacali possa ancora durare a lungo? Il pluralismo sindacale – specie se si tratta di un pluralismo aspramente conflittuale qual è diventato il nostro – non può paralizzare all’infinito l’operatività delle relazioni industriali.

Occorre definire un metodo che non solo faccia emergere un indirizzo maggioritario in merito agli accordi che dividono le organizzazioni sindacali, ma che poi lo legittimi pienamente.

 

Non si può procedere a colpi di referendum, tanto più se i referendum non sono mai dirimenti e ne vengono in seguito impugnati gli esiti davanti alla magistratura.

 

Baglioni ricorda la riluttanza della Cisl per le soluzioni legislative; non di meno, una via d’uscita andrà trovata, e presto, se non si vuole condannare all’inefficacia la contrattazione collettiva e spingere i sindacati italiani verso un triste destino di declino, tale da ricalcare quello della Francia.

 
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