La Lega di Zaia è una componente delle tre destre italiane (Meloni, Salvini, Berlusconi) che hanno vinto le elezioni politiche formando il governo di Giorgia Meloni, la prima premier donna nel nostro paese. Molti commentatori politici vedono in Luca Zaia, 54 anni, il successore di Matteo Salvini che prima ha portato la Lega oltre il 30% per poi farla ridiscendere, per macroscopici errori, sotto il 10%.

Ripubblichiamo la lunga intervista a Luca Zaia, a cura di Aldo Cazzullo, su il Corriere della Sera, nella quale ben si può individuare quel “pensiero di destra” che ha consentito di raggiungere la maggioranza di voti per guidare la Regione Veneto, ora al terzo mandato. Poniamo anche questa domanda: quanti sono gli esponenti nazionali e territoriali del Pd (perno per un schieramento alternativo alla destra italiana) che hanno ben poco da dire di diverso dalle risposte politiche di Zaia? Pochi o tanti?

In allegato potete leggere il testo completo con le 30 domande/risposte, tra le quali queste.

Come si mantenevano i suoi nonni?

«Erano mezzadri, hanno conosciuto la fame e la povertà. Poi nel dopoguerra pian piano si sono affrancati. Negli anni ’70 gli zii crearono un’azienda agricola all’avanguardia. Compravano in Olanda vacche frisone, facendole arrivare con un treno speciale. In casa ospitavano imprenditori e studenti, che volevano conoscere il loro modello. Tra questi un giorno arrivò un senegalese. Era la prima volta in vita mia che vedevo una persona di colore».

E cosa pensò?

«Ai re magi del presepe, tra cui ce n’era uno nero: segno che Gesù nasceva per tutti. Il senegalese si chiamava Francesco, era stato battezzato in un villaggio missionario. Lo ricordo altissimo, sorridente, riflessivo. Parlava lento, e i suoi racconti dell’Africa erano i nostri romanzi di Salgari. Da allora ho sempre avuto orrore per il razzismo. Anche grazie alla mia maestra».

Perché?

«Ci fece vedere, come nuovo modello di formazione, lo sceneggiato tv Radici, tratto dal libro di Alex Hailey. Kunta Kinte strappato dalla sua Africa e ribattezzato Toby, sua figlia Kizzie…».

Non è proprio la politica della Lega.

«La Lega è antirazzista. Ed è antifascista. Il tema che poniamo sui migranti è un tema di coerenza, di rispetto della dignità umana e di legalità. Il Veneto è terra dove l’accoglienza è un faro, dove il modello di integrazione è sotto gli occhi di tutti, ma è anche una comunità che chiede il rigoroso rispetto delle regole».

«Non è un paese per giovani» è il titolo di un capitolo. Cosa bisogna fare?

«Non rassegnarci all’emigrazione. All’estero i ragazzi devono andarci per scelta, non per necessità. Purtroppo, le politiche a favore dei giovani cozzano spesso con il consenso, in un Paese dove gran parte degli elettori sono adulti. Dobbiamo buttare il cuore oltre l’ostacolo affinché nelle azioni di governo, sia nazionale sia dei territori, i giovani siano il nostro riferimento».

Lei nel libro parla di «battaglie di retroguardia, che fanno perdere energia». Cosa intende?

«Non possiamo parlare dell’omosessualità come se fosse un problema. Vuol dire essere fuori dalla storia. La politica deve garantire le libertà e i diritti, non limitarli o reprimerli. Anche i temi dell’etica, del fine vita, dei diritti della persona vanno affrontati, non lasciati alla sinistra».

Lei scrive: «Libere scelte in libero Stato».

«Appunto. Mi ha profondamente toccato la storia di Elena, la signora veneta di 69 anni che, malata terminale, ha scelto di andare in Svizzera per il suicidio assistito. Ha lasciato un videomessaggio per confermare la sua volontà e le sue motivazioni».

E lei Zaia che conclusione ne ha tratto?

«Che la politica deve tutelare la libera scelta, garantendo comunque ogni forma di sostegno sanitario, psicologico ed economico alle persone malate. Non dobbiamo giudicare, ma saper rispettare».

Lei era ministro al tempo di Eluana Englaro.

«Eravamo vicini a un passo importante dal punto di vista giuridico. Invece si arenò tutto. Eluana ha concluso la sua vita prima che la politica desse una risposta; che arrivò invece dalla magistratura. I giudici autorizzarono la progressiva fine dell’alimentazione forzata. La politica sprecò l’opportunità di poter scrivere una pagina alta del Parlamento».

Perché è così importante per il Veneto?

«Perché il Veneto fu uno Stato per più di mille anni. E la Repubblica veneta fu il primo esperimento di democrazia, per quanto imperfetta, nella storia. I rapporti con Bisanzio e l’Oriente, la capacità di dialogo, il riconoscere le altre culture preservando una forte identità: sono i nostri valori, ancora oggi. La nostra storia è un esperimento inclusivo, aperto alle varie religioni, a tutte le etnie: pensi al fondaco dei turchi, a quello dei tedeschi, al contributo della comunità ebraica, ancora oggi presente e attiva».

Il ghetto di Venezia fu razziato dai fascisti nel dicembre 1943.

«Ripeto: i nostri valori, i miei valori, sono quelli dell’antifascismo, oltre ovviamente alla condanna assoluta delle leggi razziali».

Di solito si contrappongono Venezia e la terraferma veneta.

«Per i veneti di terraferma, Venezia è un sogno. Pietra adagiata sull’acqua, una città nata su milioni di pali. I mosaici dorati, le tradizioni, una cucina meticcia, pensi alle sarde in saor, con l’uva passa e le spezie: dentro c’è l’Africa, c’è l’Oriente… I miei genitori andarono a Venezia in viaggio di nozze. Abitavano a pochi chilometri e non ci erano mai stati». (…) per proseguire aprire l’allegato

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