Carrello spesa e tariffe
Le Confederazioni Cgil, Cisl,Uil sventolano i loro vessilli identitari (leggi di iniziativa popolare, referendum abrogativi), ma marciano sempre più divisi proprio quando i lavoratori hanno bisogno di grande unità per risolvere l’annosa questione salariale che da tempo, per la maggioranza di essi, non salvaguardia più neppure il potere d’acquisto, la stabilità di un tenore di vita che si misura principalmente sul carrello della spesa, delle tariffe energetiche, della sanità, delle assicurazioni.
I comunicati Istat informano che l’inflazione rallenta ma si somma a quella accumulata, quella pregressa in gran parte prodotta dall’aumento speculativo e dai superprofitti delle grandi aziende che producono e regolano i flussi energetici. Le Confederazioni Cgil,Cisl e Uil nonostante i comizi con toni da tribuni non sono state tutt’ora in grado di formulare una richiesta unitaria, definita nei dettagli, che modifichi la famigerata formula dell’IPCA con la quale si misura il tasso dell’inflazione al netto di quanto indotto dai costi esterni energetici. Se l’inflazione importata, ad esempio è del 5%, non se ne tiene conto pur ripercuotendosi su prezzi e tariffe. I rinnovi contrattuali nazionali sono vincolati a questa norma. Nella maggioranza dei casi si rinnovano dopo la loro scadena, a volte di anni. La contrattazione di secondo livello, quella aziendale e territoriale, si attua per circa 5 milioni di lavoratori. E’ tempo di un profondo ripensamento unitario, sia per la dinamica salariale con adeguamento automatico, sia per il controllo delle tariffe energiche (sia per le accise per la benzina, sia per la doppia tassazione per l’energia dove si paga Ipef e IVA, sia per le tariffe assicurative auto).Sia per le prestazioni sanitarie non più garantite dal servizio sanitario.
C’è ancora qualche sindacalista che fa inchieste campione territoriali con i propri tesserati per avere dati sul carello della spesa, per misurare la grande differenza tra la realtà di chi vive con reddito da lavoro con sostituto d’imposta e le medie Istat depurate da gran parte dell’inflazione reale? E’ tempo di cambiare modo d’essere del sindacato!
Alleghiamo per sollecitare la riflessione due articoli:
Massimo Mascini, su Il Diario del lavoro, commenta il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici e così inizia <<Il salario non sembra essere tra le prime opzioni del sindacato. Ne fa fede la piattaforma rivendicativa dei metalmeccanici per il rinnovo del contratto nazionale della categoria: la richiesta di aumento salariale arriva solo al nono posto tra le undici avanzate dai rappresentanti dei lavoratori. Eppure, la prima sessione vera di trattative per il contratto dei metalmeccanici, dopo il primo incontro che è servito da apripista, verterà proprio sul tema del salario. Una novità assoluta, perché l’aumento salariale è sempre l’ultimo argomento da trattare, perché è il più complesso, il più difficile da affrontare e le due parti preferiscono arrivarci quando già altri capitoli sono stati chiusi positivamente. Ma stavolta l’ordine è invertito su una precisa richiesta della parte datoriale che ha preferito partire dal tema più caldo. I termini della querelle sono precisi. I sindacati hanno chiesto un aumento di 280 euro mensili per il livello C3, quello che una volta era il quinto livello, il più diffuso. Federmeccanica, l’associazione delle aziende del settore, ha subito fatto notare che si tratta di un aumento troppo alto, che nei fatti viola gli impegni che le confederazioni avevano assunto con il Patto della fabbrica nel 2018. Questa intesa affermava infatti che gli accordi per i rinnovi dei contratti nazionali non dovevano decidere aumenti superiori alle previsioni di crescita dell’Ipca depurato degli aumenti dei prodotti energetici importati..>> Per proseguire aprire l’allegato
Giovanni.Trovati, in “L’inflazione del 2022-23 annulla dieci anni di tagli dell’Irpef” su Il Sole 20-6-24, così inizia <<Due anni di inflazione in corsa sono bastati a mangiarsi gli effetti di un decennio di tagli all’Irpef. Il conto, impietoso, emerge dalle tabelle del capitolo fiscale nel ricchissimo rapporto annuale presentato ieri dall’Ufficio parlamentare di bilancio. Gli analisti dell’Autorità parlamentare sui conti mettono a confronto il reddito disponibile oggi con quello del 2014, a parità di potere d’acquisto. Il risultato è il conto dell’impatto reale di un decennio avviato dal Bonus Renzi da 80 euro, proseguito con la sua estensione a 100 euro operata dal Governo Conte-2 per arrivare alle quattro aliquote targate Mario Draghi poi ridotte a tre per quest’anno dalla scorsa legge di bilancio del Governo Meloni…>> per proseguire aprire l’allegato
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