BRASILE SESTA POTENZA ECONOMICA – A.Tridente – globalmondo 23/1/12

Il Brasile è divenuto nel 2011 la sesta potenza mondiale , classificandosi davanti al Regno Unito e all’Italia. Gli Usa conservano il primo posto, il secondo la Cina, terzo il Giappone, quarto la Francia  e via di seguito. La conferma viene dal Fondo Monetario Internazionale:  il PIL brasiliano ammonta alla straordinaria cifra di oltre 2.440 miliardi di dollari, con una crescita record nel 2010 pari al  7,50%. Le previsioni per il 2011 lo vedono in crescita seppure solo al 3,5 % a causa della crisi  mondiale ed europea, in particolare.

Straordinario appare l’attivo della bilancia commerciale: quasi 30 miliardi di dollari nel 2011, maggiore di oltre un quarto rispetto al 2010, con un valore delle esportazioni che supera i 256 miliardi di dollari, in aumento del 24,5% rispetto al 2010.

Tutto bene dunque per il Brasile, il grande emergente dei Brics, come vengono definiti i paesi del  gruppo delle economie emergenti, e cioè Cina, Russia, India, Cina e Sudafrica. Così sembrerebbe se  il Pil fosse il solo parametro utilizzato per misurare il livello di sviluppo umano. L’indice che l’Onu definisce di sviluppo umano classifica il complessivo e consolidato valore dei diritti goduti dalla popolazione in ogni settore della vita: dalla sanità alla scuola; dai servizi ai diritti generali della cittadinanza.

Non sorprende che il Brasile, secondo questa classifica  si collochi solo al 73° posto: un conto è la ricchezza prodotta dal sistema, un conto la polarizzazione crescente della ricchezza e quindi la crescita delle differenze  sociali.

Se vengono utilizzati uequeqoi parametri che indica l’Onu la musica cambia e obbliga ad approfondire la realtà che misura il reale stato di benessere della popolazione nei vari settori.

Il maggiore periodico di San Paolo, “l’Estadao”, pubblicava a fine dicembre 2011 una ricerca dell’Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica(IBGE)che indicava in 11 milioni  e mezzo i brasiliani che vivono nelle favelas, case su palafitte, in zone irregolari e di fortuna, esposte a rischi di smottamenti e frane: ovvero , cioè il 6% della popolazione del Paese!

Nella sola San Paolo due milioni di abitanti vivono in favela sommati a quelli di Rio de Janeiro (la metropoli che ospiterà nel 2016 i Giochi Olimpici e Belem, nello stato del Parà) rappresentano il 43,7% del totale degli agglomerati urbani da terzo mondo dell’intero Paese, con l’agglomerato di Belem che batte ogni record negativo con il 54% della popolazione che vive in abitazioni simili a favelas. 

Lo stesso Istituto segnala che rispetto al 1991 la popolazione che vive in queste condizioni è raddoppiata, il che vuol dire fuga della campagne. E le  non rappresenta altro che l’ulteriore faccia da realtà peggiori dalle quali si è fuggiti. Le ragioni della fuga sono presto dette:  principalmente  ricerca di lavoro e una speranza di vita migliore, il che lascia immaginare quale  la condizione dalla quale si fugge.

Ma non solo di abitazioni si tratta. La disponibilità di acqua potabile è solo per il 50% dei comuni dell’intero paese, e il trattamento delle acque reflue è presente in solo il 45-50% dei comuni.               

Nel suo ultimo decreto il presidente uscente Lula indicava perentoriamente la necessità di “Luce per tutti”. Era l’ambizioso programma far giungere anche nel più remoto villaggio amazzonico l’energia elettrica.

Nuovo, ambizioso programma per rendere il grande Paese un paese capace non solo di crescita economica, ma anche capace di dare ai suoi abitanti i fondamentali diritti di cittadinanza. Non a caso, infatti, nel ritornare a San Paolo Lula torna a far rivivere l’istituzione che l’aveva portato alla presidenza: l’Istituto per la Cittadinanza.

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