Addio al padre della sociologia
Addio a Ferrarotti il grande padre della sociologia italiana – La sociologia come scienza della società nasce in Francia all’inizio dell’Ottocento, allo scopo di descrivere, interpretare e comprendere i fenomeni sociali e i meccanismi che governano il funzionamento della società. La riflessione sulle caratteristiche e sul mutamento delle società umane è assai antica, e si può ritrovare nella filosofia, nel pensiero politico, nelle dottrine economiche e giuridiche. Con queste discipline la sociologia conserva stretti legami, ma si è resa sempre più autonoma, sviluppando nel tempo strumenti e tecniche di indagine specifici. Vedi Sociologia – Wikipedia
Nel secolo scorso Franco Ferrarotti è stata una voce innovativa e controcorrente, la fabbrica è stata un suo campo di indagine, non allineata ai criteri del marxismo classico o italiano, ma seguendo prevalentemente la linea culturale del pragmatismo americano. E’ stato seguito istintivamente da molti sindacalisti, in particolare nelle file della Cisl, con più prudenza nella Cgil dove non sono mancate le “frenature” della componente che seguiva l’ortodossia comunista.
Oggi è palese il progressivo declino del ruolo e delle analisi del sindacato. Sarebbe interessante conoscere quanti siano i sindacalisti che sanno chi era Franco Ferrarotti e se hanno letto alcuni dei suoi libri. La Cisl è organizzata con 36..841 dirigenti sindacali a tempo pieno, di cui 4.334 sono segretari di categoria, territoriali, nazionali econfederali.[1]. Non è certamente essere Cassandre pensare che sia molto bassa la percentuale di chi alimenta la propria formazione con la lettura delle opere di Ferrarotti, in particolare quelle che riguardano il lavoro e i sindacati, stante il linguaggio codificato e generico, le analisi approssimative che connotano l’immagine e il ruolo della stragrande maggioranza dei sindacalisti.
Marco Belpoliti in “Addio a Ferrarotti il grande padre della sociologia” – su La Repubblica del 14 novembre – saluta e rende omaggio al 98nne appassionato studioso. Negli anni Sessanta spostò il suo interesse di studioso verso le periferie urbane Una lunga vita per un osservatore acuto del secolo breve. È stato il primo docente universitario di questa materia nell’Italia postbellica L’ha trasformata in una disciplina accolta nella cultura.
<<“Ambasciatore” di Adriano Olivetti negli Stati Uniti, ha scritto saggi sulla nuova società industriale e i sindacati Deputato per una legislatura, si definiva un outsider. Franco Ferrarotti è stato la sociologia italiana. Lui l’ha fondata diventando nel 1960 il primo docente universitario di questa materia nell’Italia postbellica. L’ha trasformata in una disciplina accolta nella cultura italiana e, come un albero dai rami frondosi, la sociologia è cresciuta e s’è differenziata al proprio interno.
Nato da una famiglia di medi proprietari terrieri a Palazzolo Vercellese nell’aprile del 1926, ha attraversato il Novecento con il piglio di uomo sicuro e risoluto. Rovinato dalle crisi economiche postbelliche, il padre perde gran parte del suo patrimonio e il gracile Franco viene mandato a studiare a Sanremo in un istituto di religiosi. Ma la fortuna, come gli è capitato spesso, gli è favorevole. Scopre nelle biblioteche della città rivierasca libri che riguardano il passato positivista della cultura italiana del secolo precedente, ora dominata dal binomio Benedetto Croce e Giovanni Gentile: il neoidealismo è ostile alla scienza e alla cultura tecnologica. Ferrarotti studia Filosofia a Torino nel 1944.
Ha imparato l’inglese da autodidatta per cui tradurrà per Einaudi nel 1949 nella mitica collana viola di Pavese Il rito religioso di Theodor Reik e nello stesso anno Thorstein Veblen, La teoria della classe agiata. Ragazzo prodigio, si racconta che abbia scritto una lettera a Adriano Olivetti in cui si scagliava contro il capitalismo italiano ammalato di familismo ereditario e che l’industriale ne sia rimasto colpito e l’abbia assunto nella sua azienda senza obblighi di timbrare il cartellino. Nel 1951 fonda con Nicola Abbagnano i Quaderni di sociologia di cui è direttore, mentre il suo professore è solo il suo vice.
L’inquieto e anche ambizioso Franco lascia quella rivista per fondarne una tutta sua, La Critica sociologica, nel 1967. Nel 1951 è andato in America con un viaggio finanziato da Olivetti, di cui è l’osservatore privilegiato oltreoceano. Gli Stati Uniti determineranno il suo orientamento culturale nei decenni a seguire. La sociologia che Ferrarotti pratica e porta in Italia è una scienza nata nel Nuovo Mondo a contatto con la nuova società industriale, i sindacati e gli insegnamenti nelle giovani e dinamiche università americane. La fabbrica sarà un suo campo di indagine, non secondo i temi e i problemi del marxismo classico o italiano, ma seguendo la linea culturale del pragmatismo americano.
Nel 1954 pubblica presso le Edizioni di Comunità, ora trasferite a Milano, Il dilemma dei sindacati americani. Intanto ha conosciuto il mondo accademico statunitense e anche i sociologi di quel Paese, i quali saranno tradotti dalle edizioni di Olivetti e dal Mulino, i due centri della sinistra non marxista legata alla tradizione laica, da un lato, e al cattolicesimo sociale dall’altro.
La carriera di Ferrarotti è segnata anche da un’esperienza politica nelle file del Movimento di Comunità di Adriano Olivetti che, eletto in Parlamento nel 1959, si dimette e lascia il posto al giovane sociologo. Deputato nella terza legislatura, quella che poi porterà al centrosinistra, ne ha dato un resoconto a posteriori in un libro del 2006, Nelle fumose stanze (Guerini e Associati). Insegna a Roma, alla Sapienza, nella facoltà di Magistero; dirige collane di classici della sociologia e si reca di frequente in America per ricerca.
Negli anni Sessanta sposta il suo interesse di studioso verso le periferie urbane; pubblica nel 1970 Roma da capitale a periferia presso Laterza, studio dell’effetto del cambiamento che è avvenuto nella società e nella cultura italiana dopo il Sessantotto. La cultura da cui viene Ferrarotti resta tuttavia estranea ai movimenti di contestazione del periodo e con la morte di Adriano Olivetti, avvenuta anni prima, il progetto utopico dell’imprenditore piemontese non avrà alcun seguito: nessuno ne raccoglie l’eredità intellettuale. Ferrarotti pubblicherà numerosi studi e saggi, avendo anche un ruolo nella fondazione della Facoltà di Sociologia di Trento.
Curiosamente nel 1975 pubblica un volume sul suo colloquio con il filosofo marxista György Lukács, quasi un ritorno di interesse per quel pensiero politico che aveva criticato negli anni Cinquanta. Per quanto il sociologo piemontese abbia avuto un ruolo significativo nello svecchiare la cultura italiana, resta una figura solitaria o, come lui stesso diceva, un outsider. Nonostante questo, incarna una delle figure più attive e pugnaci della cultura universitaria con la sua attività di promozione editoriale.
Negli ultimi anni l’editore Marietti ha pubblicato i volumi della sua opera omnia, divisi tra teoria, ricerche e scritti autobiografici, questi ultimi particolarmente interessanti per le frequentazioni di Pavese, Natalia Ginzburg e di altri intellettuali e scrittori che ruotavano tutte intorno alla casa editrice torinese. La sua attività di “diplomatico” per conto di Adriano Olivetti negli Stati Uniti, nel mondo sindacale e nelle università e tra i sociologi di quel Paese, costituisce senza dubbio un’esperienza unica. La sua lunga vita ne ha fatto un osservatore acuto del secolo breve, che in Italia ha prodotto figure eccentriche come la sua.
https://www.avantionline.it/addio-a-franco-ferrarotti-padre-della-sociologia-italiana/
https://www.lafeltrinelli.it/libri/autori/franco-ferrarotti sono 266 i libri pubblicati da Feltrinelli
[1] Bilancio Sociale 2019-20 pagina 33 https://www.cisl.it/cose-la-cisl/bilanci-tesseramenti-e-retribuzioni-segretari-confederali/
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