Flop del concordato fiscale…

Chiara Brusini in “Evadere conviene ancora: il concordato fiscale fa flop“, su Il Fatto Quotidiano del 2 Luglio, commenta alcune parti della Relazione sul rendiconto generale dello Stato: crollano gli accertamenti e le entrate del fisco, il nuovo strumento per convincere i lavoratori autonomi a non evadere viene snobbato, mancano gli incassi previsti per finanziare la nuova legge di bilancio. Qual’é il commento della Cisl che non si è opposta alla riforma fiscale e alla delega fiscale rilaciata al Governo? Qual’è la valutazione di Luigi Sbarra che ha rotto su questo tema, a suo tempo, l’unità d’azione con Cgil e Uil? Che senso può avere insistere per un patto sociale in una simile prospettiva?

Questo il testo << Accertamenti in calo del 34% rispetto a prima del Covid. Entrate da controlli sostanziali crollate del 56% tra 2013 e 2023.Banche dati sfruttate in maniera insufficiente. Milioni di contribuenti che pur avendo dichiarato non versano le tasse, contando su successive rottamazioni. Infine una riscossione – il momento in cui l’amministrazione dovrebbe mostrarsi in grado di pretendere il dovuto – che fa acqua da tutte le parti. L’ultima Relazione sul rendiconto generale dello Stato, pubblicata qualche giorno fa dalla Corte dei Conti, spiega numeri alla mano perché la lotta al nero continua ad avere le armi spuntate .http://www.corteconti.it

E chi può – lavoratori autonomi e piccole imprese  – ha tutta la convenienza a evadere, con la ragionevole certezza di non subire conseguenze. Lo spaccato aiuta a “leggere” gli esiti di un sondaggio del Sole 24 Ore tra commercialisti e consulenti  sull’appetibilità del nuovo “concordato preventivo biennale”, lo strumento con cui il viceministro all’economia Maurizio Leo contava di allineare le partite Iva ai requisiti della piena fedeltà fiscale. Nove professionisti su dieci hanno fatto sapere che al momento i loro clienti non sono interessati. Pessime notizie per il governo Meloni, a caccia di gettito per finanziare la prossima manovra. Servono 18 miliardi solo per prorogare le misure in scadenza e dal concordato se ne attendevano 1,8, prima che l’ampliamento dei paletti di accesso convincesse ad azzerare per prudenza gli incassi previsti. Ma le risposte alla survey, che prefigurano un flop non diverso da quello registrato nel 2003 dal concordato tremontiano, sono tutt’altro che stupefacenti se lette insieme ai dati messi in fila dalla magistratura contabile.

FACCIAMO passo indietro: da due settimane i 2,7 milioni di contribuenti soggetti agli Indici di affidabilità fiscale (Isa) hanno a disposizione il software con cui calcolare il reddito da dichiarare per poter firmare l’accordo con l’agenzia delle Entrate.  Le simulazioni producono cifre indigeste per chi fa parte della platea degli “inaffidabili” – leggi i probabili evasori. Il ministero dell’economia ha infatti scelto la linea dura, stabilendo che per aderire al concordato occorrerà raggiungere a fine biennio un punteggio Isa pari a 10, il più alto. Risultato: gli autonomi con punteggi sotto la sufficienza sarebbero tenuti a dichiarare – e pagarci le relative imposte – decine di migliaia di euro in più rispetto ai redditi attuali. Perché dovrebbero? Il fisco offre l’esclusione da alcune tipologie di accertamenti (non tutte), insieme a piccoli benefici già concessi a chi ha pagelle fiscali da 8. Troppo poco per accettare il salasso. Servirebbe una spinta più convincente: il timore, in caso di rifiuto, di verifiche che facciano emergere i soldi nascosti all’erario.

Ma il tentativo di Leo di rispolverare il redditometro come spauracchio per i recalcitranti è naufragato tra gli strali del resto della maggioranza. E la previsione di un’attività di controllo “intensificata” su chi non aderisce lascia il tempo che trova se la situazione di partenza è quella descritta nei tomi della Corte.

L’agenzia delle Entrate, a corto di personale causa blocco del turn over e pensionamenti non colmati dal piano di assunzioni, non riesce ad andare oltre volumi di accertamento “modesti tenuto conto dell’ampiezza e numerosità dei fenomeni evasivi”, spiega la relazione.

L’anno scorso, per dire, la quota di contribuenti Isa che ha subito un controllo si è arenata in media al 4,2%. Tra gli oltre 97mila idraulici ed elettricisti a subire un accesso sono stati in 3.178, il 2,7%. E solo 863 sfortunati commercianti di alimentari al dettaglio, su un totale di 55.799, hanno ricevuto una visita. Se gli accertamenti ordinari sono scesi a 175mila dai 267mila del 2019, pure quelli automatizzati sono diminuiti a 176mila dai quasi 240mila del pre pandemia. Ma si è trattato almeno di azioni mirate grazie alle informazioni ottenute dall’incrocio delle banche dati? Nonostante il governo abbia proseguito nella messa a punto di quello che in passato Giorgia Meloni bollava come “Grande fratello fiscale”, i magistrati contabili segnalano che l’analisi del rischio per far emergere posizioni sospette è ancora ai primi passi e “andranno attentamente monitorati gli effettivi risultati”.

IL QUADRO peggiora ulteriormente mano a mano che ci si avvicina al momento di riscuotere. Almeno un quarto dei già scarsi controlli finisce in nulla, con il contribuente che non contesta l’avviso ricevuto né accetta di pagare con lo sconto. Così quella che sulla carta risulta come maggiore imposta accertata – 7,4 miliardi di euro nel 2022 – si traduce in incassi pari a zero per lo Stato. Le cifre mancanti vanno a ruolo: l’agenzia delle Entrate Riscossione deve a quel punto tentarne il recupero. Ma non è un mistero come la sua efficacia sia risibile: tra 2000 e 2023 gli incassi si sono fermati al 14,6% del carico affidato.

Del resto la politica, invece di darle più strumenti, ha via via allargato le rateizzazioni attribuendole quello che per la Corte è un “improprio ruolo di ente di concessione di credito nei confronti di una massa di debitori a elevato rischio di inesigibilità”.

Morale: chi non paga sa che alle brutte potrà accordarsi per farlo (con lo sconto) a rate. Per poi versare solo la prima e tornare a inabissarsi, tanto per accedere non serve dare garanzie. Un fisco fin troppo “amico”.

ARTICOLO CORRELATOFisco, ecco la mappa dell’evasione legalizzata di Chiara Brusini e Maurizio Leo su Il Fatto Quotidiano 22 Jun 2024 – Gli indicatori sintetici di affidabilità: Ristoranti, bar, lavanderie ma pure notai, elettricisti, commercianti, tassisti: l’identikit degli autonomi che “tradiscono”. << Se professionisti e piccoli imprenditori rischiano un controllo fiscale ogni 30 anni. Se per bar e ristoranti le probabilità di una verifica sono poco più dell’1%. Se il 98% degli idraulici ed elettricisti in un anno non ha incontri ravvicinati con le Entrate. Se le sospensioni della licenza ad attività che non fanno ricevute e scontrini sono poco più di 300 all’anno. Se il sistema funziona così, chi non vuol pagare le tasse vive sereno alle spalle di milioni di contribuenti che versano tutto per convinzione o perché non hanno alternativa. Al netto dell’invocato incrocio delle banche dati, partito da poco, in Italia finora è andata così: lavoratori autonomi e imprese individuali evadono più di due terzi del dovuto…>> per proseguire aprire l’allegato

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