Sostituzione etnica
Oltre cinque secoli fa, nel 1504, il re Ferdinando di Spagna, committente insieme alla consorte Isabella della missione di Cristoforo Colombo, aveva girato a un gruppo di filosofi e di giuristi la seguente domanda: «Le espropriazioni compiute dagli europei nel Nuovo continente e la riduzione in schiavitù dei nativi americani sono compatibili con la legge umana e quella divina?». I saggi dell’epoca conclusero che «in natura esistono uomini meno capaci, destinati a diventare schiavi». Nel 2023 l’eco di quella risposta non si è ancora spenta. Negli Stati Uniti e in Europa l’ideologia del «suprematismo bianco» continua a fomentare l’ostilità verso gli immigrati e a inquinare pericolosamente il dibattito pubblico. (…). Sono parole che trovate in chiusura dell’articolo “Sostituzione etnica. Chi l’ha fatta davvero” del Dataroom di Milena Gabanelli e Giuseppe Sarcina, sul Corriere della Sera del 5 Giugno. Sconfiggere queste tesi e i derivati “più morbidi” è un compito primario dei progressiti e del movimento sindacale. Abdicare a questo ruolo significa far dilagare l’opinione di destra radicale e suoi “derivati”.
<< La «sostituzione etnica» è l’incubo che turba il sottobosco razzista e xenofobo dell’Occidente: i bianchi sono destinati a diventare una minoranza minacciata, nei loro stessi Paesi, da orde di immigrati. L’ultimo in ordine di tempo a rilanciare il timore è stato il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida il 18 aprile scorso. Parlando all’assemblea della Cisal, Lollobrigida ha detto: «Dobbiamo pensare anche all’Italia di dopodomani. Vanno incentivate le nascite. Non possiamo arrenderci alla prospettiva della sostituzione etnica».
Pochi giorni dopo il ministro ha spiegato di essere stato frainteso e di non conoscere le teorie del complotto che da anni fioriscono negli ambienti dell’estrema destra. Eppure ne parla anche il sito della presidenza del Consiglio: «La teoria del complotto del piano Kalergi è la credenza secondo la quale esiste un piano d’incentivazione dell’immigrazione africana e asiatica verso l’Europa al fine di rimpiazzarne le popolazioni. Prende il nome dal filosofo austriaco Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi (1894-1972), cui viene attribuita la paternità di tale piano». In realtà Kalergi predicava la necessità di ampliare l’identità dei singoli Stati per dar vita all’integrazione europea. Il suo pensiero fu manipolato soprattutto da Gerd Honsik (autore neonazista austriaco condannato nel 2009 a 5 anni di carcere per aver negato l’Olocausto), nel libro «Addio Europa».
I sostenitori del complotto
In passato anche Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno usato spesso l’espressione della «sostituzione etnica». Nel 2011 ne fu affascinato il fondatore del Front National, Jean-Marie Le Pen. La figlia Marine, invece, ritiene che la massiccia immigrazione sia alimentata dalle imprese europee che cercano manodopera a basso costo. Sedotto dal complotto anche Éric Zemmour, candidato per il partito di estrema destra «Reconquête» alle presidenziali del 2022.
L’idea dell’«uomo bianco minacciato da orde di stranieri» viene evocata in Olanda dal «Partito per la libertà» guidato da Geert Wilders; in Austria troviamo Herbert Kickl, a capo dell’Fpö, autore dello slogan: «Il sangue deve essere viennese, quello straniero non va bene per nessuno». In Europa il più convinto e rumoroso sostenitore della «sostituzione etnica» è il presidente dell’Ungheria Viktor Orbán. Ma l’ondata più massiccia di intolleranza xenofoba è partita dall’altra parte dell’Atlantico nel 2014, e ha accompagnato l’ascesa di Donald Trump.
Il libro di Federico Leoni, «Fascisti d’America» (Paesi Edizioni), descrive con precisione il mondo dell’Alt-Right, la «destra alternativa» americana. Sono decine di formazioni, alcune diventate note in tutto il mondo per aver partecipato all’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio 2021, come i «Proud Boys» o gli «Oath Keepers». Un groviglio di ideologie accomunate da una convinzione: «È in atto una cospirazione delle élite (finanzieri, politici, grandi industriali, intellettuali) per schiavizzare le masse, instaurando un Nuovo Ordine Mondiale». In sostanza, l’establishment utilizza consapevolmente l’immigrazione incontrollata per spazzare via i bianchi, rimpiazzandoli con i più docili migranti. Un delirio che ignora le lezioni della storia.
Le malattie esportate dagli europei
Nel 1492, l’anno in cui Cristoforo Colombo scoprì il nuovo Mondo, nell’intero continente americano (Nord, Centro e Sud) vivevano 75 milioni di persone, in Europa 60. Nell’attuale Messico c’era Tenochtitlan: 250 mila abitanti, quando Londra e Roma in quello stesso periodo ne avevano 50 mila, mentre Madrid non arrivava a 5 mila. Facciamo un salto di cinque secoli: nel 1990 si stimava che gli immigrati irregolari negli Stati Uniti fossero 3,5 milioni. Nel 2014 la cifra era salita a 11 milioni (su una popolazione totale di 318 milioni di abitanti). È in questo periodo che la propaganda dell’estrema destra diffonde sulle piattaforme web il virus della xenofobia: i migranti rubano il lavoro, sono dei criminali, portano nuove malattie.
Nella realtà americana non ci sono statistiche serie a sostegno di questi fenomeni. La ricerca storica, invece, ha dimostrato come i bianchi venuti dall’Europa, con le loro barche cariche di mucche, capre, maiali, polli e cavalli portarono nel Nuovo continente malattie sconosciute: vaiolo, morbillo, difterite, tracoma, peste bubbonica, malaria, febbre gialla, scarlattina e altro ancora. Tra il 1500 e il 1800 morirono circa 50 milioni di indigeni, privi com’erano di difese immunitarie, lasciando le loro terre non solo ai conquistadores armati, ma anche ai «pacifici» migranti in arrivo da Germania, Inghilterra, Irlanda.
L’era della rimozione forzata
Sempre tra il 1500 e il 1800, 2,5 milioni di europei sbarcarono nelle Americhe, trascinando con la forza quasi 12 milioni di africani. La civiltà europea ha prodotto l’era della schiavitù, che ha segnato la nascita e la crescita degli Stati Uniti, passando poi dalla piena sottomissione dei «black people», alla segregazione, fino alle scorie del «razzismo sistematico» che tuttora intossicano la società americana.
Secondo le più gettonate teorie del complotto, diffuse negli ambienti più sovranisti dell’America contemporanea, la «sostituzione etnica» prevede la costruzione di campi di concentramento in cui rinchiudere i bianchi. È utile ricordare che fu proprio un presidente bianco, Andrew Jackson, considerato dalla storica Jill Lepore «il primo populista alla Casa Bianca», a promulgare nel 1829 «l’Indian removal Act», ordinando la rimozione forzata dei nativi americani.
La legge, approvata di misura dal Congresso, portò al trasferimento di circa 47 mila uomini, donne e bambini delle «cinque tribù civilizzate»: Cherokee, Chickasaw, Chocktaw, Creek e Seminole che vivevano in Alabama, Florida, Georgia, Louisiana, Mississippi e Tennessee. Furono tutti deportati nelle terre del «Selvaggio West». I Cherokee, stanziati in Georgia, cercarono di resistere, appellandosi alla Corte Suprema con questa dichiarazione: «Ci chiedete di andarcene, ma noi non siamo stranieri. Noi siamo gli abitanti originari dell’America». I giudici si pronunciarono a loro favore. Ma Jackson ignorò la sentenza e, minacciando l’uso della forza, convinse una parte del gruppo dirigente della tribù a firmare l’accordo di trasferimento in Oklahoma. Accettarono di andarsene solo 2 mila Cherokee. Gli altri 16 mila furono sloggiati dall’esercito, con un viaggio a tappe forzate, in cui morirono circa 4 mila persone.
Chi viaggia nel Sud degli Stati Uniti può ritrovare ancora oggi tracce del «Trail of Tears», il sentiero delle lacrime, percorso da tutti i nativi cacciati dalle loro terre. Il vuoto fu presto colmato dai bianchi, a partire dai cercatori d’oro, visto che nel 1828, giusto un anno prima dell’«Indian Removal Act», in Georgia era stato scoperto un giacimento del più prezioso dei metalli.
Cinque secoli dopo
Ed ora eccoci qui, a quasi due secoli di distanza dalla «rimozione etnica» voluta da Jackson, alle prese con teorie che pretendono di rimuovere la Storia. Negli Stati Uniti e in Europa l’ideologia del «suprematismo bianco» continua a fomentare l’ostilità verso gli immigrati e a inquinare pericolosamente il dibattito pubblico.
Senza neppure porsi la domanda che è alla base del nostro ordine mondiale e che nel 1504, il re Ferdinando di Spagna, committente insieme alla consorte Isabella della missione di Cristoforo Colombo, aveva girato a un gruppo di filosofi e di giuristi: «Le espropriazioni compiute dagli europei nel Nuovo continente e la riduzione in schiavitù dei nativi americani sono compatibili con la legge umana e quella divina?». I saggi dell’epoca conclusero che «in natura esistono uomini meno capaci, destinati a diventare schiavi». Nel 2023 l’eco di quella risposta non si è ancora spenta. >>
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