Camminare contro la guerra

Cammini di pace per spezzare la violenza e la crescita dell’odio. “Ascolto e accoglienza per cammini di pace”. Questo il tema dell’incontro che si è svolto, il 21 gennaio, a Prato, con la partecipazione di Savino Pezzotta.  L’iniziativa è stata promossa da Pax Christi, “per riflettere sull’ascolto della storia, senza l’attenzione, lo studio, l’approfondimento di quanto accade nella storia dell’umanità, non si può impostare per l’oggi nessun percorso di costruzione della pace”. Savino Pezzotta è tra le poche voci sindacali che si dichiarano apertamente contro la politica perseguita con la guerra, contro la crescita degli armamenti proponendo una strategia alternativa fondata sulla nonviolenza, da costruire con un cammino “controcorrente”, con voci “fuori dal coro” sopportando la superficiale critica di “essere dei visionari, utopisti”.

Minoranze consapevoli controcorrente….

Savino Pezzotta è impegnato nella sezione di Pax Christi di Bergamo, è il presidente dell’Associazione Prendere parola. Sul suo blog In ricercahttp://savinopezzotta.wordpress.com –  ha recentemente pubblicato due articoli per sostenere le analisi e i percorsi di pace per un futuro di convivenza nel mondo.  

Il primo La pace è il futuro è il testo integrale del suo intervento a Prato del 21 gennaio. Nove cartelle che si concludono con questo richiamo “..,L’unico mezzo per rompere i cicli della violenza è riconoscere la devastazione a breve e lungo termine della guerra, esaminare le decisioni e le dinamiche che perpetuano questi cicli e prendere le decisioni difficili necessarie per respingere la violenza e garantire la pace. Possano coloro che hanno convinzioni pacifiche e tutti le persone che auspicano e si impegnano per un mondo giusto  e di pregare e lavorare insieme per la pace.”.  Il testo è in allegato.

Il secondo “La nonviolenza funziona, ma ha un costo”analizza e proponela scelta della cultura della nonviolenza alternativa alla guerra. Ricorda cosa è successo nella storia e cita voci internazionali a sostegno della nonviolenza. Così inizia <Da quando è iniziata la guerra di Putin  contro l’Ucraina abbiamo assistito a un vorticoso aumento della spesa militare in tutto l’Occidente, ma mi domando : si crede davvero che più armi portino più sicurezza?Sono convinto e la riprova di questa mia convinzione è data dal continuo intensificarsi di questa guerra, sembra quasi che la si voglia congelare e renderla di lunga durata. Quanti morti, feriti, mutilati e profughi ci vogliono ancora perché cessi. Ho l’impressione di trovarmi innanzi alla piramide dei sacrifici. Sono mesi che questa guerra va avanti e ogni giorno si dice che ci troviamo dinnanzi a un punto di svolta. Credo che solo tra molto tempo saremo in grado di dire quando c’è stato il punto di svolta che non può che essere l’avvio di una trattativa diplomatico preceduta da una tregua totale…>. Per proseguire nella lettura https://savinopezzotta.wordpress.com/2023/02/04/la-nonviolenza-funziona-ma-ha-un-costo/

La nonviolenza è utopia? A che serve l’utopia? Serve alle “minoranze consapevoli” di guardare avanti, serve per sospingere l’umanità a camminare, a non ripetere gli errori e gli orrori del passato.

Eduardo Galeano, scrittore uruguayano, in una delle sue ultime interviste, nel 2014,  disse < «La miglior prova che la diversità della realtà merita di essere progettata in tutte le sue possibilità di sviluppo e cambiamento è proprio nella capacità di sorpresa che la realtà ci offre, sempre…L’utopia è là nell’orizzonte. Mi avvicino di due passi e lei si distanzia di due passi…A che serve l’utopia? Serve per questo: perché io non smetta mai di camminare.»

Marie Catherine Colvin è stata una giornalista statunitense. Ha lavorato per il quotidiano britannico The Sunday Times dal 1985 fino alla morte, a 44 anni, avvenuta sotto le bombe nell’assedio di Homs, in Siria, rasa al suolo nell’indifferenza mondiale dai generali di Assad. È stata una delle reporter di guerra più famose degli ultimi decenni, operando in diversi scenari di crisi in tutti i continenti. Ripeteva cheper raccontare, fare conoscere cos’è la guerra bisogna andare dove si corre il rischio di morire, nei luoghi dove si vive la disperazione della distruzione, dove muoino donne, anziani, bambini e soldati.”.  Sottolineava Il mio lavoro è testimoniare. Non sono mai stata interessata a sapere quali modelli di aerei avessero appena bombardato un villaggio o se l’artiglieria che aprì il fuoco su di esso fu 120mm o 155mm”

Raccontando l’orrore della guerra si generano anticorpi per farla cessare spezzando la crescita dell’odio che s’ingigantisce con il prolungamento dei conflitti armati lasciando cicatrici risanabili dopo più generazioni, ancor più quando sono presenti atti di guerra civile, come avviene sempre più e sta avvenendo massicciamente in Ucraina.

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