La speranza brasiliana e la lezione inglese
La speranza brasiliana e la lezione inglese – Il voto nel mondo – Nei prossimi giorni – tra le tante votazioni nel mondo – due hanno un particolare peso per le ripercussioni sociali e paesi e per quanto potranno influenzare le relazioni internazionali: l’una, il 30 Ottobre in Brasile, richiama al voto il popolo per il ballottaggio tra il presidente uscente Bolsonaro e lo sfidante, l’ex-presidente Inacio Lula; l’altra – dopo il voto italiano che potete leggere in altro articolo – per la votazione del nuovo premier brittanico, proposto dal partito conservatore, che subentrerà alla dimissionaria Litz Truss, privata della fiducia dopo appena tre settimane dall’incarico.
Il voto in Brasile inciderà profondamente per l’assetto futuro, sociale e economico, non solo di quel grande paese – oltre 8,5 milioni di Kmq. Il 47% dell’America latina, con circa 217 milioni di abitanti- ma avrà ripercussioni sulla politica internazionale, sulle relazione economiche-commerciali.
Recenti sondaggi, a pochi giorni dal voto, stimano in 9 punti il vantaggio di Lula ma ricordiamo quanto siano stati diversi i dati al primo turno tra sondaggi e voti reali (vedi allegati) sottovalutando i consensi per Bolsonaro. La situazione politica in Brasile non è affatto buona anche nel caso, auspicato e probabile, che si affermi un leader prestigioso come Lula. Infatti alla Camera dei Deputati i partiti della alleanza di Bolsonaro avranno la maggioranza (187) contro i 108 dell’alleanza pro Lula.
Lula teme il compra voti di Bolsonaro con un clientelare utilizzo di Auxilio Brasil – Lula è in vantaggio ma teme l’onda conservatrice e reazionaria delle chiese evangeliche e l’azione di Bolsonaro che mobilita quei predicatori, distribuendo promesse e soldi per conquistare quei 6 milioni di voti che lo distanziano dall’ex presidente. Mobilita e organizza indirettamente anche milizie. Auxilio brasil – una legge, una sorta di reddito di cittadinanza temporanea per i poveri – è lo strumento legale per moltiplicare i voti proprio nel bacino dei poverissimi fedeli per tradizione a Lula. Bolsonaro prima ha cancellato la legge creata da Lula “Bolsa familia” poi l’ha ribattezzata per fare dimenticare il passato.
Angela Nocioni nei suoi reportage per Il Riformista, che commentano il voto del primo turno, raccoglie notizie e testimonianze (vedi allegati) < ..Il principale timore lulista è che da qui al 30 ottobre la rete delle chiese evangeliche compia il miracolo di moltiplicare i voti per il presidente uscente. Un’indagine fatta tra gli evangelici prima del primo turno dava il 46% di quei voti a Bolsonaro e il 27% a Lula. La potenza delle comunità evangeliche è impossibile da arginare. Sono delle vere e proprie sette e costituiscono lo zoccolo duro della destra più retrograda. Attraverso la religione forniscono identità, protezione, una rete sociale di riferimento. Si contendono con le milizie (un esercito informale di ex militari a volte al soldo dei narcos e a volte dei narcos rivali) il controllo del territorio delle favelas e dei suburbi, ma politicamente sono alleate delle milizie dalla parte di Bolsonaro. Si tratta di una destra assai temibile. una destra popolare, non oligarchica. Oscurantista e antilibertaria. L’unica libertà individuale che contemplano le sette evangeliche è quella di portare armi. Per il resto si nutrono della adorazione collettiva di un dio vendicativo, ma festaiolo, da omaggiare con musica, balli e canti…>.
Il Minas Gerais. il piccolo Brasile, si prepara al voto pro Lula , reportage di Federico Nastasi, Il Manifesto 26 ottobre. Lo Stato termometro politico della sfida di domenica prossima al ballottaggio. Dove Lula e Bolsonaro al primo turno hanno avuto un risultato fotocopia del voto a livello nazionale, decimali compresi. «Dal 1950, nessuno è diventato presidente senza vincere anche qui» . L’ultimo sondaggio sorride a Lula con il 53% contro il 47% di Bolsonaro . Vedi allegato.
Vedi articolo correlato su questo sito https://sindacalmente.org/content/lula-vs-il-trump-dei-tropici/
Il voto per un nuovo premier in Inghilterra si propone di dare una risposta, per quanto parziale, alla crisi che investe il partito conservatore, che è diventata clamorosa prima con il “caso Johnson” per le sue trasgressioni morali e per aver mentito di fronte alle istituzioni, poi con le fallimentari decisioni (sulle tasse e sull’economia) della neo-premier Litz Truss, presentatasi con le velleità di una novella Margaret Thatcher.
Sarà Rishi Sunak il nuovo premier britannico: il primo di radici familiari indiane e di fede induista. Sunak, 42 anni, si è garantito la successione a Liz Truss per la leadership del Partito Conservatore di maggioranza e automaticamente candidato come nuovo premier a Downing Street. Già ministro delle Finanze con Boris Johnson, ha avuto la via spalancata dopo il ritiro della ministra Penny Mordaunt, unica rivale rimasta per il ballottaggio. Mordaunt entrerà nel suo governo. Il giorno prima si era ritirato Boris Johnson che aveva raccolto 102 endorsement da parte di deputati conservatori (per essere ammessi alla votazione era necessario raggiungere quota 100), ritenendo di non potere tornare a guidare “efficacemente” l’esecutivo senza un sostegno più vasto e unitario del gruppo parlamentare di maggioranza. Sunak è stato eletto per acclamazione segretario del partito contando sull’endorsement di 150 deputati (sui 357 del gruppo Tory) pescati trasversalmente dall’ultradestra pro Brexit alle correnti più moderate. Sarà il primo capo di governo britannico le cui radici familiari affondano in India, un tempo gioiello dell’Impero. Sunak eredita una delle situazioni più difficili in cui si è mai trovato il Regno Unito. Da una parte le conseguenze reali della Brexit, dall’altra l’inflazione alle stelle, la crescita del Paese in stallo, l’aumento di mutui e bollette e il valore della sterlina ai minimi storici rispetto al dollaro. Un clic qui https://www.avvenire.it/mondo/pagine/londra-sunak-verso-premier-sfuma-ipotesi-johnson
Quanto succede in Inghilterra inciderà sia sulle dinamiche politiche-economiche dell’Europa sia sulle prospettive di una tregua con l’avvio di un negoziato internazionale o di un “avanti con le armi” in Ucraina. Sono eventi che chiamano in causa una riflessione sulla Brexit, come ben ricorda l’articolo “La lezione inglese” di Carlo Cottarelli. (vedi alleagato)
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