Salario minimo e precarietà
Sì al salario minimo e stop alla precarietà. Sveglia ai sindacati confederali. Sullo scenario sindacale ci sono grandi questioni da tempo irrisolte ben più importanti delle giustificazioni del dividersi “..fra Cgil e Uil che fanno la faccia feroce e la Cisl che fa la faccia responsabile”. La perdita del potere d’acquisto dei salari, progressiva da trent’anni, e il salario minimo erga omnes, unitamente alla precarietà di contratti di lavori brevi sono problemi intrecciati e urgenti a fronte della ricomparsa di un’inflazione elevata. Cgil,Cisl,Uil sono colpevoli di mettere in scena diversi per autocertificare una propria identità mentre i lavoratori si allontanano sempre più dai richiami dei leader nazionali.
Savino Pezzotta sul suo blog In ricerca sul problema del salario minimo dopo l’approvazione della Direttiva Europea, così inizia. Che il lavoro dipendente italiano in questi ultimi dieci anni abbia subito una trasformazione e che la pandemia Covid 19 l’abbia accentuata è sotto gli occhi di tutti, anche se non se ne discute molto, eppure l’Italia è uno dei pochi Paesi europei senza salario minimo erga omnes.Iminimi retributivi sono infatti stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale, che però subisce gli effetti di una forte frammentazione associativa, della robusta presenza di lavoro “povero” e di enormi tassi di elusione contrattuale. (…) Così conclude, dopo numerose considerazioni (…) Quando detto incide sulla storica posizione della Cisl che ha sempre inteso affidare questa questione alla contrattazione o chiedere l’attuazione del salario minimo attraverso il ricorso all’Erga Omnes che assumesse i minimi tabellari dei CCNL. Ma questo, a mio parere, implicherebbe l’attuazione dell’articolo 39 della Costituzione. La resistenza Cislina era motivata dalla situazione storica in cui il sindacato si trovava a operare e da un sistema economico industriale segnato da ampi settori omogenei quasi sempre coperti dal CCNL. Oggi la situazione è molto diversa e questo chiede un adeguamento strategico delle politiche salariali. Il testo completo con questo link https://savinopezzotta.wordpress.com/
Il sito il9marzo.it pubblica “Lo sciopero generale e la Cisl” che inizia così. “Riprendiamo la nota n.30/2021 dell’Isril, inviata da Giuseppe Bianchi, che affronta il tema dei rapporti sindacali e dello sciopero generale in maniera corretta. Vale a dire come un problema di rappresentanza del lavoro che deve recuperare molto del terreno perduto negli anni passati. Un terreno perduto che ha come prima emergenza quella salariale alla quale – questo è il nostro parere – le organizzazioni sarebbero chiamate a dare risposte serie. Più serie del dividersi fra Cgil e Uil che fanno la faccia feroce e la Cisl che fa la faccia responsabile. A cominciare da chi, purtroppo, guidala Cisl. (…) per proseguire https://www.il9marzo.it/?p=8753
Anna Paschero in “Bassi salari e precarietà bloccano crescita e dignità del paese” sul sito www.laportadivetro.it scrive. Lo sciopero generale promosso da Cgil e Uil, un successo nelle piazze, ha posto, al di là delle polemiche e delle strumentalizzazioni tipiche di ogni sistema politico, e dello strappo (si confida momentaneo) con la Cisl, una nuova attenzione per le condizioni dei lavoratori italiani, sempre più precari e sfruttati, sempre più esposti per assenze di tutele e prevenzioni a infortuni mortali sul lavoro (ieri se ne sono registrati 4, di cui due hanno riguardato persone che lavoravano in nero), ma soprattutto alle prese con un potere d’acquisto in caduta libera….Ebbene sì, i lavoratori italiani sono oggi mediamente più poveri di 30 anni fa come ricordato nell’ultimo rapporto del Censis… L’Italia al 13° posto in Europa per salari medi annuali…Intanto ritorna prepotente l’inflazione (…) per proseguire https://www.laportadivetro.org/bassi-salari-e-precarieta-bloccano-crescita-e-dignita-del-paese/
Come redazione di Sindacalmente.org ci riconosciamo pienamente in questi tre articoli, rimarcando che il salario “povero” in Italia è fortemente influenzato dalla precarietà del reddito conseguente alle tante modalità di rapporti di lavoro a termine, anche di brevissima durata. La precarietà è la conseguenza di una variegata multiforme di contratti a tempo, mal pagati comunque denominati formalmente per consentire la flessibilità e la temporalità di prestazioni lavorative. Pensiamo sia possibile definire unitariamente, Cgil-Cisl-Uil, una richiesta per abbattere il lavoro precario e povero, con un’agenzia pubblica nazionale (articolata in ogni Regione), o pubblico-privata, che gestisca i flussi di flessibilità verso le aziende che fanno richieste di prestazioni lavorative temporanee. Tale agenzia dovrà operare assumendo i lavoratori disponibili alla flessibilità con contratti a tempo indeterminato, con buoni salari e garantendo una formazione periodica di aggiornamento per più abilità, come richiede una corretta gestione della flessibilità. Si può!
Articoli correlati- L’Italia del working poor – su www.collettiva.it – Avere un lavoro non rappresenta più un’assicurazione contro il rischio d’indigenza. Lo riconosce anche il governo Draghi che ha incaricato una commissione di esperti di definire il fenomeno ed elaborare proposte. Scacchetti, Cgil: “Finalmente si affronta una questione su cui ci battiamo da anni”. In Italia il lavoro non è più un’assicurazione sicura contro il rischio povertà. Si può essere poveri anche lavorando, come ricorda spesso nei suoi interventi il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Ma per contrastare il fenomeno e tentare di risolvere il problema non basta affidarsi a una legge che introduca un salario minimo uguale per tutti. È questa la convinzione che sembra prendere corpo da alcuni studi di esperti ai quali il governo Draghi si è affidato per tentare di delineare per la prima volta un quadro organico. In particolare è il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che sta raccogliendo diverse analisi dettagliate che dovrebbero portare a breve alla definizione di una serie di proposte. Alcune anticipazioni le abbiamo lette sui quotidiani, come quella di Paolo Baroni su La Stampa del 27 dicembre. (…) per proseguire https://www.collettiva.it/copertine/lavoro/2022/01/12/news/l_italia_dei_working_poor-1779618/
Tutele del lavoro: la Spagna volta pagina di Fulvio Perini su www.volerelaluna.it– Così inizia. Il 31 gennaio 2021 sono state pubblicate nella Gazzetta ufficiale spagnola le nuove norme che regoleranno i rapporti di lavoro, la contrattazione collettiva e le politiche attive del lavoro e di integrazione ai redditi in caso di riduzione dei tempi di lavoro. Vengono così cancellate le peggiori norme introdotte dal Governo Rajoy alcuni anni or sono. Succede in Spagna dove c’è un governo del socialista Pedro Sánchez con ministro del lavoro Jolanda Díaz di Izquierda Unida. In Italia, invece, tra i primi atti del Governo del neoliberale Mario Draghi e del ministro del lavoro neoliberale Andrea Orlando si sono cancellate le norme sul blocco dei licenziamenti e modificate in peggio le norme del cosiddetto “decreto dignità” liberalizzando, con limiti ridicoli, gli abusi del contratto a termine. L’altra differenza importante è stata l’unità e la determinazione dei due più importanti sindacati dei lavoratori, le Comisiones Obreras (CCOO) e la Unión General de Trabajadores (UGT). Le nuove norme – frutto di un accordo tra i sindacati dei lavoratori e le associazioni degli imprenditori, perseguito dal Governo spagnolo avviando un tavolo di confronto (mesa del diálogo social) – entreranno in vigore tra tre mesi per il contratto a termine e tra sei mesi per il contrato de obra, il nostro contratto di prestazione occasionale. Il giudizio delle CCOO e della UGT è stato espresso in un comunicato congiunto (…) per proseguire https://volerelaluna.it/lavoro/2022/01/19/tutele-del-lavoro-la-spagna-volta-pagina/
Il sito www.il9marzo.it pubblica Arrivano i mille, ma non da noi. Dopo i 12 all’ora in Germania, arrivano i mille al mese (per 14 mensilità) in Spagna: qui il salario minimo legale è stato aumentato dal governo su richiesta delle organizzazioni dei lavoratori, con effetti che riguarderanno due milioni di lavoratori. Un po’ in tutta Europa ci si rende conto che è necessario sostenere le retribuzioni, a cominciare da quelle più basse, e ci si regola di conseguenza aumentando i minimi salariali. Ma in Italia, si dice, non c’è bisogno della legge sul salario minimo, perché i minimi sono quelli contrattuali. Bene, e allora quando arrivano gli aumenti che ci sono in Germania, in Spagna e altrove? (…) Proseguire con questo link https://www.il9marzo.it/?p=8844
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