UN ANNIVERSARIO SU CUI RIFLETTERE – F.Astengo – storia & eventi 3/2/012

Un anniversario da ricordare. I giorni che dipaneranno la matassa di questo 2012 appena iniziato contengono un anniversario importante, proprio da ricordare: 120 anni fa, nel 1892, fu fondato a Genova il Partito dei Lavoratori Italiani, poi diventato dodici mesi dopo, a Reggio Emilia, Partito Socialista.Principiava in allora la lunga, gloriosa e drammatica storia della rappresentanza politica del movimento operaio italiano, tra grandi lotte, grandi divisioni tra riformisti, massimalisti, rivoluzionari, grandi conquiste e altrettante tragedie, in un Paese provinciale, diviso, dominato da quello che Antonio Gramsci definì il “sovversivismo delle classi dirigenti”, quel sovversivismo che abbiamo visto all’opera anche nei tempi più recenti e che è stato capace di generare il fascismo.

Non è certo questa la sede per ripercorrere una storia che tutti conoscono o di fornirne più o meno originali interpretazioni, stante anche la limitatezza culturale di chi prova a stendere queste poche note: la realtà di oggi è quella, incontrovertibile, che i lavoratori italiani, del braccio e della mente secondo le definizioni arcaiche, oppure quel complesso ”mondo del lavoro” come disegnato dalla moderna sociologia attenta ai nuovi processi di internazionalizzazione e di innovazione tecnologica, è oggi priva di una adeguata rappresentanza politica.

 

I 120 anni dalla fondazione del Partito dei Lavoratori debbono essere ricordati chiedendo a tutti di riflettere seriamente su questo dato di fondo.Sono a conoscenza di seri tentativi di affrontare questo problema che stanno organizzando e studiando compagne e compagni molto attenti e preparati: non entro nel merito del loro lavoro, spero vivamente che da quel versante si possa produrre iniziative positive e importanti nella direzione di affrontare questo vuoto.

 

Una lettura della gravissima crisi economico – finanziaria che stiamo vivendo ci dice come, pur nelle mutate condizioni di quadro internazionale, di spostamento nella realtà del lavoro dovuto all’avvento dell’informatica, nel quadro assolutamente diverso dal passato del rapporto tra generazioni, il tentativo dell’avversario sia stato comunque quello di ristabilire condizioni di “classe”, ristabilire l’egemonia ideologica delle grandi banche e del grande padronato delle multinazionali, di farci arretrare da un quadro di conquiste strappate con le lotte, anche sul piano stesso del confronto democratico: questa è stata la sostanza della vicenda italiana di questi anni, in un Paese incapace di affrontare i grandi temi dello sviluppo e del futuro in un quadro internazionale adeguato, privo della capacità di individuare gli obiettivi principali, primo fra tutti quello dell’Europa come soggetto politico.

 

Non indago adesso, ovviamente, sulle ragioni per le quali negli altri paesi europei di grande tradizione industriale, il movimento operaio (intendo con questa definizione, egualmente “classica”, l’intero mondo del lavoro) abbia mantenuto, pur tra alti e bassi, i propri soggetti politici di riferimento anche in una forma e dimensione plurale, ancora legata alle divisioni storiche di un ‘900 da noi forse buttato via con un’ansia eccessiva.

 

Così come non affronto il tema dei contenuti prioritari e di fondo sui quali impostare fattivamente il dibattito su questi 120 anni: Senza guardarsi alle spalle e rinfacciarsi la primigenie degli errori ma puntando in avanti. Anche in questo caso però il richiamo ad alcuni antichi strumenti sicuramente riutilizzabili apparirebbe d’obbligo: respiro internazionale, idea della programmazione e dell’intervento pubblico in economia, welfare state, contrasto secco all’ideologia della crisi agitata dal liberismo monetarista dei banchieri, politici, gran commis che vivono in condizioni materiali tali da renderli moralmente impermeabili a qualsiasi idea che non sia quella del loro ulteriore arricchimento collettivo e personale.

 

Agire politico capace di esaltare il collettivo e la pluralità delle opinioni politiche, senza delegare nulla alla personalizzazione e al culto esasperato di una idea della governabilità ormai giunta ai limiti dell’agibilità democratica.

 

Il mio invito, invece, è molto semplice: utilizzare questa scadenza dei 120 anni dalla fondazione del Partito dei Lavoratori non semplicemente in chiave di ricostruzione storica ma, preso atto di questa evidente assenza di soggettività nel contesto di quel “caso italiano” (sempre da proiettarsi in Europa, beninteso) che dall’avanguardia e retrocesso, nel corso di questi ultimi anni, alla coda, ragionare collettivamente su di un concetto molto ampio di “ricostruzione dalle fondamenta”.

 

Mi aspetterei, forse ingenuamente, su questo terreno un atto di generosità da parte dei tanti dirigenti politici della sinistra che hanno condotto alle tante sconfitte propedeutiche a questo esito negativo: forse m’illudo, ma riflettendo su questa storia, sulle donne e sugli uomini che – umilmente, con grande fatica – l’hanno costruita e percorsa forse a qualcuno potranno venire in mente tre parole distintive del nostro agire politico: unità, eguaglianza, solidarietà.

Savona, li 1 gennaio 2012 Franco Astengo
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