TURISMO SACRO A TORINO – A.Pomatto – cultura & laicità 16/4/10

Migliaia e migliaia di persone accorrono in questi giorni a Torino per contemplare, venerare e pregare davanti all’immagine di un volto. A quell’impronta sul lino si attribuiscono più significati: prezioso cimelio storico, o raffigurazione di un evento salvifico , o semplicemente, segno di una comune , condivisa, sofferenza umana che si dipana lungo i secoli. E nella tragicità dei tratti lascia il messaggio di un comune patire; tributo della vita umana ai limiti della natura stessa, o, peggio, alla cattiveria che l’uomo compie sull’uomo.

Ogni volto effonde una luce che illumina il cammino di chi incontra. Con il richiamo  di fatiche e vessazioni subite, o nella serena tranquillità dell’essere lì di fronte a noi. Tra i due sguardi si proietta la linea retta dell’incontro, dell’interpretazione , dell’ingresso nella vita dell’altro attraverso quella eloquente, finestra dell’occhio che proietta la luce di quel volto.

Gesù di Nazareth indica ai discepoli due strade per raggiungere l’intimità e la profondità del volto rivelatore del Maestro, la condivisione di un pane , fraterno segno del dono assoluto, e l’incontro con il fratello che reclama attenzione e misericordia: il volto dell’altro negli ultimi, ed il suo appello  al momento della condivisione fraterna. Pane e uomo vilipeso, i due sacramenti posti dal fondatore del cristianesimo come accesso alla verità del dono di Dio manifestato nell’uomo Gesù. Sacramenti, cioè segni di un di più, di una alterità che si fa vita, e nutrimento, senso e destino comune. Segni che indicano e donano,spingono al compimento e realizzano in chi li compie, la verità prefigurata.

L’immagine raffigurata sul lenzuolo di Torino appartiene ad un altro genere: anche se fosse il lino autentico della sua sepoltura e quindi la trasparenza del suo volto tramandato a noi, resterebbe pur sempre “ oggetto”, mai segno portatore di più alte realtà. Lasciamo agli storici ed alla scienza le indagini, i cui risultati non possono aggiungere o togliere nulla dell’annuncio lasciatoci dal protagonista dei giorni della Passione e del sepolcro vuoto di Gerusalemme. A suo tempo già il card. Ballestrero accolse con la sua imperturbabile saggezza gli esiti dei primi referti sulla datazione della Sindone. La comunità dei credenti è chiamata ad accorrere e sanare le ferite di altri volti…. In questo senso, la Sindone e le manifestazioni che la circondano, ancora una volta rischiano di distogliere l’attenzione su priorità ed impegni di ben altra natura.

Le file dei bimbi neri in coda per attingere un po’ d’acqua, i volti consunti di naufraghi sulle coste di Lampedusa, le braccia levate per difendere un posto di lavoro, richiamano ben diversamente la nostra responsabilità di cittadini e la coerenza di chi si dice credente.

L’immobilità del volto di Torino resta quindi un anonimo squarcio, sulle innumerevoli sofferenze che ogni giorno posso  scoprire scorrendo internet o aprendo la TV, o guardandomi attorno con occhi meno frettolosi e disincantati.

Ho bisogno di una comunità che mi aiuti a “ leggere” i volti d’oggi, a cogliere nella loro indifferenza, nella loro disperazione o nell’adorabile luminosità del loro sorriso, la presenza di un Altro che attraverso loro si fa appello, fratello, gesto creatore e rinnovatore di questa umanità.

“Pensa che la responsabilità per l’altro uomo o, se preferisci, l’epifania del volto umano costituisce una varco nella crosta dell’ “ essere che persevera nel suo essere” e si prende cura di sé. Responsabilità per altri; il “per l’altro “ disinteressato della santità. Non dico che gli uomini siano dei santi o vadano verso la santità. Dico solo che la vocazione della santità è riconosciuta da ogni essere umano come valore e che questo riconoscimento definisce l’uomo.”( Emmanuel Levinas, Alterità e trascendenza, pagg. 94-96,144)

 
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