SCIOPERI IN CINA: QUALI CONSEGUENZE ? T. FERIGO

Scioperi alla Honda nella provincia di Guandong, scioperi e manifestazioni nella regione di Shangai, raddoppio dei salari alla Foxconn in seguito ad una ondata di suicidi…In Maggio la stampa internazionale ha riportato 27 scioperi in diverse regioni cinesi. Un risveglio del movimento operaio proprio nel paese della “dittatura del proletariato” ? Siamo alla vigilia di una situazione alla “polacca” con la nascita di una Solidarnosc cinese ? Oppure è una strategia del gruppo dirigente per alzare i salari, aumentare la domanda interna, ridurre le diseguaglianze ?

In realtà gli scioperi non sono una novità assoluta. Nel 2006 già si parlava di carenze di manodopera nella zona di Canton e della moltiplicazione dei conflitti di lavoro, con accordi nelle multinazionali senza il sindacato ufficiale.

La crisi finanziaria internazionale ha però costretto diverse aziende a licenziare su grande scala e a imporre una riduzione dei salari. All’inizio del 2009 la stampa cinese annunciava che più di venti milioni di lavoratori erano rientrati al loro paese nell’interno della Cina. Per rispondere a questa situazione nelle provincie dell’interno sono stati lanciati dei grandi lavori in infrastrutture . Una parte dei lavoratori rientrati vi ha trovato occupazione sia pure ad un salario inferiore a quello che percepiva in precedenza.

Nella seconda metà del 2009 le esportazioni sono ripartite ed è di nuovo comparsa la “carenza di manod’opera “ in alcune province costiere. Alcune aziende offrivano condizioni di lavoro eccezionali, fuori della norma: salari superiori del 15% alla media, protezione sociale, casa.

La carenza di forza lavoro in queste  province è ormai strutturale, legata non solo all’andamento economico ma anche a quello demografico. Si calcola che a partire dal 2015 la popolazione attiva comincerà a decrescere in particolare quella tra i 16 e 24 anni. Questa riduzione potrà forse permettere miglioramenti sia delle condizioni di lavoro che di salario.

 

La nuova classe operaia

 

Altri fattori giocano un ruolo negli avvenimenti recenti. Vi è un cambiamento di mentalità: i giovani lavoratori sono culturalmente diversi da quelli della generazione precedente. Nati dopo le riforme di Deng hanno beneficiato dell’attenzione dei loro parenti che inviavano denaro risparmiato al paese d’origine. Grazie a questo molti sono, a differenza dei loro padri, in possesso di una formazione scolastica, sanno non solo leggere e scrivere ma usare le tecnologie moderne di informazione. Meglio informati grazie alla TV o internet conoscono il trend de vie “moderno” e sono andati a lavorare nelle aziende per accedere a questo stile di vita non per fuggire alla miseria. Una buona parte di questi lavoratori sono studenti dei licei professionali che devono pagare i loro studi e il permesso di residenza in città  passando un anno “ in stage” presso un’azienda. Quando arrivano sul posto di lavoro sono spesso delusi perché ben lontano dall’acquisire la formazione auspicata sono costretti a lavori non qualificati per salari di miseria. Chiusi in dormitori affollati senza possibilità di svago in assenza di soldi e di tempo,sottomessi ad una disciplina militare in fabbrica e per le numerose ragazze spesso a soprusi  maschilisti dei piccoli capi. La vita di fabbrica diviene insostenibile.

In quanto ai laureati impiegati nelle grandi fabbriche della zona costiera devono lavorare 10 ore al giorno ,compreso il sabato. Questa vita non corrisponde alle loro attese e aspirazioni.

Alla sera o alla Domenica, unici spazi di tempo libero il loro svago principale è internet o scambiare SMS con i loro amici.Sono così informati su cosa succede non solo nell’azienda in cui lavorano ma nella Cina intera grazie anche alla presenza di compaesani in quasi tutte le provincie. E’ attraverso internet che è circolata la notizia sugli scioperi. E’ attrverso internet che  si sono coordinate anche  forme di lotta e le tattiche da seguire.

Può così succedere che quando la sezione di Forshan ( provincia Pekino ) del sindacato ufficiale ha inviato il servizio d’ordine per spegnere gli scioperi alla Honda, i giovani in sciopero si sono difesi fisicamente, ma invece di dare vita ad un sindacato autonomo, hanno richiesto la “riforma “ dei sindacati, evitando uno scontro diretto con il potere. Si sono anche dimostrati abili nella popolarizzazione delle loro lotte attraverso SMS e invitando i giornalisti alle porte delle fabbriche. Durante lo sciopero alla Honda una delle organizzatrici si è messa in contatto con un professore all’Università di Pekino chiedendogli di fare il consigliere giuridico, cosa che lui ha accettato.

Gli scioperi non sono però esclusiva dei giovani nelle zone costiere. Anche diverse province dell’interno ne sono state interessate. A Henan si sono avuti diversi scioperi in fabbriche di proprietà statale con tanto di manifesti con la faccia di Mao e Chiu En Lai e con scritte: “ Partito Comunista tu sei la nostra madre. Vogliamo mangiare, vivere, noi ci opponiamo alla banda di Zhang. Deve dimettersi da ogni incarico “. Questa denuncia della corruzione fa appello alla tradizione ed è tipica della classe operaia più anziana. Si citano a sostegno discorsi di dirigenti nazionali,  del primo ministro. Il comportamento è ben differente da quello dei giovani ma nonostante ciò gli operai di Henan hanno avuto uno scontro violento con gli uomini d’ordine del sindacato uficiale e hanno dichiarato ai giornalisti arrivati da Hong Kong : “ i sindacati sono peggio della mafia “. Non tutti gli scioperi hanno successo. Si hanno notizie di interventi violenti della polizia in diverse occasioni per reprimere scioperi.

Il successo delle lotte alla Honda , la risposta (aumento 100% dei salari ) alla Foxcom segnalano l’apparizione di un vasto movimento operaio in Cina ? E’ ancora presto per dirlo. Nessuno può assicurare che i leader non subiranno repressioni da parte di imprese e potere politico nel prossimo futuro. Già la Honda ha tapezzato i muri della città di Foshan di manifesti con offerte d’impiego sperando di rimpiazzare gli scioperanti con nuovi immigrati venuti dall’interno del paese.

 

Cosa succede nel partito Comunista ?

 

Alcuni osservatori, come abbiamo già segnalato sul sito, ritengono che lasciar agire il movimento faccia parte di una strategia deliberata in seno al partito Comunista preoccupato del crescere delle diseguaglianze e desideroso di sviluppare la domanda interna E’ una tesi discutibile. E’ vero che il Partito ha annunciato l’intenzione di rilanciare il consumo interno ma nulla prova che intenda appoggiarsi sugli operai per realizzarlo. Le promesse fatte per la creazione di un sistema di sicurezza sociale sono restate, per il momento  lettera morta. Nessuna riforma del sistema di registrazione delle residenze , fattore principale delle ineguaglianze. Dopo i giochi olimpici a tutti gli immigrati che avevano lavorato nei cantieri furono allontanati dalla capitale. Molti sono andati a crescere i ranghi dei clandestini.

Ma d’altro canto la Cina non è così monolitica come si dice . Se il potere centrale sembra non intenzionato a prendere provvedimenti a favore degli esclusi dal “miracolo”, da un anno a questa parte diverse voci si sono alzate nei media e tra gli intellettuali per chiedere cambiamenti. Un editoriale comune a tredici testate giornalistiche ha chiesto una riforma del sistema di registrazione alla vigilia dell’assemblea nazionale del Partito. Non è successo nulla e uno degli organizzatori della petizione è stato licenziato.

Uno studio fatto dall’Università ha messo in discussione il concetto che la stabilità deve essere il primo obiettivo  della politica del partito,  affermando che senza dialogo con la società finirà per costruire un circolo vizioso repressivo. Lo studio sollecita il rispetto dei diritti individuali dei cittadini e la possibilità di creare dei canali d’espressione indipendenti

In questo clima non sorprende che i media si siano interessati ai suicidi di Foxcon e abbiano informato sugli scioperi alla Honda. L’importanza degli avvenimenti si è accresciuta quando sono entrati in gioco la stampa internazionale e le OnG di Hong Kong. Sono numerosi i commentatori che si domandano se questi conflitti annunciano la fine di un modello economico basato sulla disponibiltà di  manodopera quasi illimitata, adattabile a meraviglia alle richieste di produzione, in condizioni di lavoro molto dure nella fabbricazione di prodotti per l’export. Alcuni economisti parlano già di aumenti dei prezzi al consumo, di delocalizzazione di imprese dal Sud della Cina in altri paesi asiatici in sviluppo ( es. Vietnam ).

 

La fine dell’officina del mondo ?

 

Non siamo ancora a questo punto. Bisogna tenere presente che una parte degli aumenti salariali sono un recupero di perdita d’acquisto reso necessario da una ripresa dell’inflazione. Non sembra dai dati che l’aumento dei salari possa far aumentare di molto i prezzi dell’export. Il modello economico non è pertanto in pericolo nel breve periodo.

Ma l’emergere di una coscienza operaia che si traduce in rivendicazioni e domanda di rispetto e di diritti è un fatto nuovo che può modificare il quadro politico.

Scontrandosi a volte violentemente con il sindacato ufficiale gli attivistici si rendono conto che il potere si schiera , il piu’ delle volte, con il management delle imprese. Si assiste ad un risveglio del conflitto di classe e il Partito si trova piu’ dalla parte di chi possiede che da quello degli operai. Sarà capace di avere la pace sociale convincendo padronato e multinazionali di cedere alle rivendicazioni materiali degli operai ? Oppure il sostegno di giovani giornalisti, di ricercatori, giuristi condurranno il giovane movimento a cercare rifugio sotto l’ombrello del movimento per i diritti civili sorto all’inizio del secolo ?La mediatizzazione degli scioperi ha dimostrato che il movimento non è isolato e che incontra una certa simpatia tra la popolazione oltre che in certi settori dell’elite. Le autorità considerano questo una minaccia o ,invece, approfitteranno della situazione per avere interlocutori rappresentativi della società e del mondo del lavoro ? Cercheranno di inglobare il movimento nel sindacato ufficiale al fine di rinnovarlo ? L’avvenire del regime poggia sulla risposta a domande come queste. Non mancano le voci di una lotta interna al partito proprio su questi temi.

La Cina , in fondo, sta mostrando che non è così differente dal resto del mondo come spesso si afferma o si è indotti a pensare. Ricordiamo che negli anni 80 i giovani operai delle imprese Sud Coreane si sono rivoltati contro condizioni di lavoro impietose, diventando anche il riferimento dell’opposizione alla dittatura. Anche loro rappresentavano una generazione piu’ esigente rispetto a quella precedente. Si sono battuti per avere sindacati indipendenti ( vedi altro articolo su sito ) oltre che salari piu’ alti. La Cina non è la Korea del Sud e il Partito Comunista non è l’esercito koreano. Ma sicuramente i dirigenti cinesi non si sentono molto sicuri quando guardano la storia recente del loro vicino.

 

 

T.F
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