Da dove arrivano i redditi degli italiani? Un articolo di Massimo Bordignon, Federico Neri e Cristina Orlando  sul sito Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani (CPI) < l dibattito sulla distribuzione dei redditi in Italia è molto concentrato su salari e stipendi, cioè sulla remunerazione del fattore lavoro. Ma i redditi degli italiani derivano da molte altre fonti. Un’analisi intertemporale mostra che mentre negli anni ’70 i redditi da lavoro costituivano più della metà di tutti redditi, la loro quota si è ridotta fortemente nei decenni successivi per riprendersi in parte solo nell’ultimo ventennio. Queste tendenze sono comuni ad altri paesi europei, ma in un contesto internazionale l’Italia spicca per il valore molto basso dei redditi da lavoro sul totale dei redditi. E in Italia sono cresciute fortemente le rendite immobiliari che costituiscono adesso quasi il 13% del PIL. Ne seguono importanti considerazioni in termini di disuguaglianza delle risorse e delle opportunità che il sistema fiscale dovrebbe correggere.

Da dove arrivano?

Da dove arrivano i redditi degli italiani? Siamo abituati al dibattito mediatico che insiste soprattutto sui salari, cioè sulla remunerazione del fattore lavoro (dipendente), ma questa rappresenta solo una parte e nemmeno quella prevalente del complesso dei redditi degli italiani. I residenti in Italia svolgono anche attività imprenditoriale e ne ricevono i profitti, investono il loro risparmio in attività finanziarie, e dunque ricevono i redditi relativi (interessi, dividendi, capital gains), oppure semplicemente affittano una casa di proprietà e ne incassano i canoni corrispondenti. Naturalmente, poiché molti di questi redditi che non provengono dal lavoro dipendono dalla dotazione del patrimonio, il tema dell’equità nella distribuzione della ricchezza gioca un ruolo importante nel determinare anche la distribuzione dei redditi, come gioca una parte importante anche il modo con cui il patrimonio e i diversi redditi vengono trattati dal fisco.

Ma prima di affrontare questi ultimi aspetti, che rimandiamo ad una prossima nota, è importante discutere invece come si formano i vari redditi degli italiani e come il loro peso si è modificato nel corso del tempo, anche rispetto ad altri paesi europei. Il punto di partenza per l’analisi è il PIL, la ricchezza netta prodotta dall’economia in un anno, che per definizione è anche uguale al totale dei redditi distribuiti ai suoi componenti. Il prodotto interno lordo è infatti uguale al reddito aggregato della popolazione (sia delle famiglie che delle imprese) e al totale della spesa interna (consumi, investimenti e spesa pubblica).

Considerando il Pil come reddito aggregato se ne possono individuare le diverse componenti:

  • I redditi da lavoro dipendente (a) definiti come compenso complessivo riconosciuto a un lavoratore per il lavoro svolto durante l’anno, comprensivi di retribuzioni lorde e contributi sociali versati dal datore di lavoro e dal lavoratore stesso. Questa componente non include i redditi da pensione in quanto questi sono contabilmente trasferimenti dallo Stato agli individui e pertanto non rientrano nel computo dei redditi da lavoro;
  • I redditi da capitale (b) che si distinguono a loro volta in risultato lordo di gestione (Rlg) e redditi misti e rappresentano la remunerazione di tutti i fattori produttivi diversi dal lavoro dipendente. Per le imprese il risultato lordo di gestione (Rlg) è costituito dai profitti; per le famiglie, rappresenta invece il valore delle attività destinate al consumo proprio, includendo il valore figurativo dell’affitto e della manutenzione degli immobili occupati dai proprietari. Il reddito misto è una voce separata che include anche i redditi prodotti da ditte individuali, lavoratori autonomi e liberi professionisti per i quali non si può facilmente distinguere il reddito generato dal lavoro e quello generato da altri fattori. Quindi, anche se inseriti fra i redditi da capitale, i redditi misti presentano una parte che è riconducibile alla prestazione di manodopera.
  • Le imposte sulla produzione e sull’importazione (c), ovvero prelievi obbligatori in denaro o di diversa natura effettuati dalla Pubblica Amministrazione nazionale o sovranazionale sulla produzione o l’importazione di beni e servizi. Queste includono le imposte sui prodotti (IVA, dazi doganali, etc.) e imposte sulla produzione, che gravano sull’attività produttiva a prescindere dal settore e dalla quantità di prodotto (tasse e bolli per le concessioni, imposte sul capitale impiegato, contributi antinquinamento, etc.).
  • I contributi alla produzione (d) sono l’unica componente negativa, che va sottratta dalle imposte su produzione e importazione per ottenere il gettito netto per lo Stato relativo alla produzione interna. I contributi alla produzione sono infatti trasferimenti ai soggetti produttivi eseguiti dalle Amministrazioni pubbliche.

Il Prodotto interno lordo è la somma di tutte queste componenti, PIL = a+b+(c-d). Le imposte sulla produzione (inclusa l’IVA) e i contributi alla produzione sono rimasti all’incirca costanti negli ultimi 25 anni in percentuale al PIL (rispettivamente, circa il 14,5 per cento e il 2 per cento), mentre le altre componenti mostrano una maggiore variabilità. Nella nostra analisi ci concentriamo quindi solamente sui redditi da lavoro dipendente e da capitale, considerando solo la somma fra i due (a+b). (…) > l’articolo prosegue con altre considerazioni e grafici per poi concludersi con questi due capitoli

  • L’evoluzione dei redditi da lavoro
  • Le conclusioni per l’Italia

per il testo completo attivare questo link https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-da-dove-arrivano-i-redditi-degli-italiani

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