Natali speciali
Natale 2020: certamente speciale a causa della pandemia, per l’assenza delle tradizionali celebrazioni religiose, dei tradizionali cenoni e del festival del consumismo più sfrenato, ma certamente speciale per quella parola “scartato” collegata al bambin che nasce nella grotta, contenuta nell’Omelia natalizia di Papa Francesco, con pacatezza ha scandito queste parole:«Il Figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni scartato è figlio di Dio…», ha proseguito descrivendo la forza che scaturisce dal sentirsi amati e quanto trasforma chi compie un atto d’amore gratuito, indispensabile per cambiare l’umanità e la vita del mondo.
Parole che vanno dritte al cuore, credenti o meno! In allegato il testo dell’omelia e a questo link l’audio video
Natale speciale anche per Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano, come già sottolinea il titolo del suo articolo “Il senso radicale di questo Natale” nel quale le sue riflessioni e indicazioni sono conseguenti alla constatazione che “La pandemia ci sta costringendo a immettere di nuovo nella nostra vita in termini seri la questione delle questioni. Con quali occhi potremo guardare al futuro? L’attesa di qualcosa o di qualcuno è ancora decisiva..” (vedi allegato)
Natale speciale anche per Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano, come già sottolinea il titolo del suo articolo “Il senso radicale di questo Natale” nel quale le sue riflessioni e indicazioni sono conseguenti alla constatazione che “La pandemia ci sta costringendo a immettere di nuovo nella nostra vita in termini seri la questione delle questioni. Con quali occhi potremo guardare al futuro? L’attesa di qualcosa o di qualcuno è ancora decisiva..” (vedi allegato)
Natale ancora speciale e faticosissimo per chi opera nel settore socio-assistenziale, negli ospedali, nei reparti Covid, nella terapia intensiva, nelle Rsa, nei distretti sanitari territoriali. «Non sono, non siamo degli eroi. Forse è la gente che, nella situazione fatale della pandemia, si aggrappa a chi la può salvare e ci crede tali». Annalisa Malara, 38 anni, anestesista-rianimatrice dell’ospedale di Codogno (Lodi), nella categoria delle persone con poteri superiori è stata infilata di diritto; è sua l’intuizione di forzare i protocolli, quel cruciale 20 febbraio 2020, sottoporre al tampone il paziente Mattia Maestri, e scoprire che il Covid-19 circolava in Italia. Nelle pieghe di un lavoro “matto e disperatissimo”, Annalisa Malara ha trovato lo spazio per scrivere un libro (“In scienza e coscienza”, edito da Longanesi, il ricavato in beneficenza sotto forma di borsa di studio per studentesse universitarie del Collegio Nuovo di Pavia, dove ha studiato) in cui si apprende che, se non la specializzazione, la vocazione del medico l’ha avuta fin da piccola. (…)
Chiosa: «L’eroismo va oltre le possibilità umane, e noi siamo semplicemente esseri umani che hanno cercato di dare il meglio, spendendoci fino allo stremo, con il desiderio di fare del bene. E del resto, nessun altro poteva prendere il nostro posto. Toccava a noi». (…) La sua scelta di anestesita-rianimatore è maturata per caso, durante un corso all’università. Ricorda: «Successe a Cardiologia, li professore ci raccontò di un ragazzo che aveva avuto un arresto cardiaco e ci chiese se sapessimo chi fosse il rianimatore. Quindi spiegò: è quel medico che arriva quando il paziente sta morendo, acciuffa la sua anima che sta scappando via e la reinfonde nel corpo». Fu colpita come da una rivelazione. (…) . In allegato l’articolo completo “La sfida di riacciuffare l’anima” di Gigi Riva su L’Espresso
Speciale è anche il film “Il nuovo Vangelo” di Milo Rau, che unisce denuncia e sacra rappresentazione, presentato presentata da poco all’Idfa, Festival del Documentario di Amsterdam. Gloria Napolitano in “Oggi Gesù Cristo è un sindacalista dalla pelle nera”, su L’Espresso, riporta il commento del regista “..è un film che cerca di portare metaforicamente Gesù ai giorni nostri senza essere, però, mera propaganda politica…Il mio desiderio era quello di collegare i due aspetti mantenendo le loro complessità specifiche. E un film sulla difficoltà legata alla conquista di un cambiamento….Nel suo tempo Gesù è un perdente, perde contro i suoi nemici e viene crocifisso».
Il Gesù scelto per questo Nuovo Vangelo è quindi un sindacalista dalla pelle nera. La storia di Yvan Sagnet somiglia a quella di tanti altri migranti: nel 2011, infatti, scaduta la borsa di studio presso il Politecnico di Torino si è spostato a Nardo, in Puglia, durante la stagione estiva, per lavorare alla raccolta dei pomodori e mantenersi agli studi. È qui che ha organizzato una prima rivolta che ha dato inizio a un percorso da attivista che lo vede tuttora portavoce delle lotte dei braccianti in tutto il Mezzogiorno, dopo aver fondato “No Cap”, associazione nata per promuovere la legalità nel sistema produttivo del comparto agroalimentare. (…) per leggere il testo completo aprire l’allegato
Un Natale speciale è stato certamente anche quello del lontano 1943. Nel suo libro «Fischia il vento – Il canto dei ribelli» la giornalista e scrittrice ligure Donatella Alfonso ha raccontato una storia di Natale speciale: quella della prima volta in cui venne cantata «Fischia il vento»,poi diventata l’inno delle Brigate Garibaldi. Era la notte di Natale del ‘43, nella piccola frazione Curenna di Vendone, sulle colline immerse negli olivi dell’entroterra di Albenga. Donatella Alfonso scrive oggi: (…) «”Andiamo giù in paese a cantarla, comandante?”…Tutti in fila, silenziosamente, i ragazzi scendono verso il paese, una piccola frazione che si chiama Curenna, arrampicata sul costone. Hanno deciso, a modo loro, di fare un regalo alla gente di lì, che non solo li ha accolti con due pentoloni di castagne, ma che ha già detto al comandante che il giorno dopo, per quello che potrà, inviterà tutti i partigiani a pranzo a casa, rischiando e non poco se i fascisti e i tedeschi lo venissero a sapere. Aspettano l’ite missa est della messa di mezzanotte e quando si apre la porta della chiesa loro cominciano a cantare. Magari un po’ stonata, ma è la prima esecuzione di Soffia il Vento, come c’è scritto sul taccuino del dottore. Ascoltano in silenzio, stupiti, le donne e gli uomini di Curenna. La canzone viene eseguita due volte, perchè Ivan la canta orgoglioso anche in russo». (…) Il testo della canzone fu scritto da Felice Cascione, capo partigiano originario d’Imperia, che fu ucciso ad Alto. E proprio nel piazzale della chiesa del paesino, nell’Epifania ’44, l’inno partigiano venne diffuso per la prima volta ufficialmente. Lì, nei prati della micro-comunità, l’ultima della provincia di Cuneo, oltre la collina che guarda al mare di Albenga, il 27 gennaio di 76 anni fa Cascione fu trucidato dai fascisti. Per leggere il testo completo dell’articolo, con immagini, fate un clic su qusto link https://www.lastampa.it/cuneo/2020/12/24/news/quella-notte-di-natale-in-cui-cantarono-per-la-prima-volta-fischia-il-vento-1.39697850
Giulio Cometto – Una bellissima E TOCCANTE raccolta di NATALI SPECIALI.
Grazie alla Redazione di Sindacalmente Tanti Auguri, BUON ANNO !! Giulio