Pezzotta: riflessioni sul 16 dicembre
La Cisl è qualcosa di più di un sindacato pragmatico. Savino Pezzotta, presidente dell’associazione Prendere parola, pubblica sulla relativa pagina Facebook e sul blog In Ricerca, le sue riflessioni a commento delle divisioni sindacali per lo sciopero generale del 16 dicembre e commenta la lettera del segretario generale dell Cisl al Corriere della Sera . Pezzotta contesta inoltre che la definizione di “sindacato pragmatico”, richiamata da Luigi Sbarra, possa descrivere l’identità e l’idealità storica della Cisl. Le riflessioni di Pezzotta sono state ripubblicate anche su il sito www.il9marzo.it Ecco il testo.
Ho letto con molta attenzione la lettera che il Segretario della Cisl , Luigi Sbarra , ha inviato al Corriere della Sera per spiegare la mancata adesione della Cisl allo sciopero generale proclamato dalla Cgil e dalla Uil. Iniziativa che non ho condiviso perché non mi era chiara la strategia complessiva che generava le ragioni dello sciopero e poi perché ritengo che si possano attuare iniziative di mobilitazione più coinvolgenti e capaci di attrarre maggior simpatia dell’opinione pubblica. Nello stesso tempo non apprezzo e mi turba la canea preventiva che si è scatenata contro lo sciopero . Certamente lo sciopero generale ha sempre un contenuto politico e esprime un disagio politico in chi lo proclama.
Avrei visto bene che la proclamazione di una iniziativa di mobilitazione a maggior coinvolgimento , tenendo conto del poco tempo disponibile prima dell’approvazione in Parlamento della manovra come potevano essere due ore di sciopero con assemblee sui luoghi di lavoro (le misure di protezione anti Covid sono già in atto con mascherine e distanziamento) per dare la possibilità di comprendere quali margini esistessero di ulteriore negoziato e come procedere rispetto ipotesi di sciopero generale oppure altre iniziative.
In questi ultimi anni ho maturato la convinzione che in futuro si debbano proporre referendum deliberativi tra i lavoratori iscritti alle tre confederazioni.
Per venire alla lettera del segretario generale della Cisl (confederazione a cui aderisco e pago regolarmente il mio contributo mensile) Luigi Sbarra, debbo dire che condivido alcuni contenuti e in particolare quelli di orientamento politico generale sulla situazione pesante del paese e la necessità di fare un bilancio dei confronti con il Governo sviluppati in questi mesi.
Quello che non condivido è semplificare l’identità della Cisl definendola come un sindacato pragmatico . Sicuramente la Cisl è stata un sindacato aideologico, laico e aconfessionale ma non pragmatista in quanto si è sempre nutrita di ragioni ideali centrate su una visione umanistica e personalista dell’uomo e della donna al lavoro. Il fondatore della Cisl , Giulio Pastore diceva : “Noi evidentemente non abbiamo inteso né intendiamo costruire una organizzazione che fondi le sue premesse ed abbia obiettivi di natura esclusivamente economici ; noi intendiamo il sindacato anche come scuola sul piano morale, sul piano spirituale ”
Da questa visione del sindacato discende la griglia del discernimento sindacale in merito ai risultati scaturiti dal confronto con le controparti. Quando sul tappeto della discussione ci sono questioni come gli ammortizzatori , le pensioni, il sistema fiscale, il Governo diventa di fatto una controparte e lo si giudica sui risultati scaturiti dal confronto e non da semplici e pure ragioni politiche.
Il fare una comparazione tra la situazione attuale e quella del dopoguerra mi sembra un paragone improprio per quanto riguarda il contesto socio-economico e l’era di riconversione ecologica e digitale, e poi per quanto riguarda il sindacato in campo non ci sono né Pastore né Di Vittorio.
Il pericolo incombente che il sindacato dovrebbe cercare di evitare nell’attuale situazione economica, di profonde trasformazioni tecnologica guidate dal digitale e dal mutarsi degli equilibri internazionali è quello di procedere giorno dopo giorno al traino delle proprie consuetudini e gesti e pensieri noti, ma inventando nuove procedure e nuove strategia per – non già invocare – ma conquistare un innovativo patto sociale.
Un patto sociale che per essere tale deve includere come priorità almeno i seguenti grandi problemi sociali, sindacali e politici: equità fiscale e progressiva, garanzia dell’erogazione dei servizi universali quali sanità e scuola, ammortizzatori sociali che garantiscano la mobilità da posto a posto di lavoro con adeguati percorsi di formazione e di aggiornamento professionale, superare la precarietà(abolendo molte forme contrattuali) con un accesso al lavoro potenziando l’apprendistato e poi consentendo la flessibilità (prestazioni lavorative a termine in questa o quell’azienda) con lavoratori assunti a tempo indeterminato con un contratto, ben retribuito e con aggiornamenti professionali programmati, in capo ad un’agenzia pubblico-privata.
Credo sia giusto che in questa situazione entri in vigore il principio di responsabilità che vale per il rapporto con le controparti , ma anche e soprattutto tra le confederazioni. Ho avuto l’impressione che si sia corso verso la rottura guardando alle relazioni con il Governo senza valutare adeguatamente le ricadute sull’oggi e il domani del sindacato.
Un sindacato attento alla realtà e a comprendere gli accadimenti che insistono sulla sua esperienza quotidiana deve agire un surplus di democrazia partecipata che renda protagonisti le lavoratrici e i lavoratori delle scelte che si vogliono fare, non basta una manifestazione nazionale o uno sciopero generale per rendere effettivamente partecipi i lavoratori e le lavoratrici e in particolare i giovani, servono assemblee degli iscritti e dei lavoratori ove ognuno possa esprimere il suo parere. Solo una reale democrazia sindacale può esaltare e rendere forte il significato umano e sociale del sindacalismo, e mettere a tacere le cassandre che stanno non attaccando lo sciopero di CGIL E UIL, ma che sotto sotto mirano al diritto di sciopero.
Oltre lo sciopero Cgil-Uil e la manifestazione Cisl, diventa necessario riprendere una iniziativa unitaria, per quanto difficile ma necessaria quanto mai, e decidere il come e con quali chiari punti prioritari proseguire (anziché una lunga sommatoria di richieste molte delle quali indefinite) coinvolgendo per tali scelte, con apposita informazione e assemblee, le migliaia di Rsu, gli iscritti, i lavorator e le lavoratrici, anziché decidere solo con gli organismi statutari nazionali.
ARTICOLO CORRELATO – 8 ore di sciopero per dividere. quante ne occorreranno per unire? di Adriano Serafino . Così inizia. Non ho dubbi sul fatto che sia una iattura la divisione sindacale per uno sciopero generale. Non ho dubbi perché così si rompe l’unità d’azione confederale che si era costruita, seppure su una piattaforma datata, definita ancora prima dell’inizio della pandemia Covid-19. Certo, può servire per accendere il dibattito su grandi problemi, ma molto meno per ricostruire l’unità tra i lavoratori selezionando le priorità decisive in questa fase per una direzione di marcia diversa del nostro sistema socio-economico.(…) per proseguire un clic qui https://www.laportadivetro.org/8-ore-di-sciopero-per-dividere-quante–ne-occorreranno-per-unire/
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