PERCHE’ VINCITORE E POI PERDENTE – Lula e America latina – golpe istituzionale o cecità? –

Ciò che possiamo imparare dalla storia. Lula e Rousseff hanno vinto con il cambiamento sociale del paese, è sono stati sconfitti perché non hanno osato trasformare il sistema politico (corruzione dei partiti). Liquidare il problema con lo slogan “colpe istituzionale” è chiudere gli occhi su un problema ben più complesso che da sempre investe la sinistra quando dall’opposizione va al governo. Ad Est come a Ovest. Alleghiamo cinque articoli.

In difesa di Lula e Rosseff non della loro cecità, Aldo Grazia, su Il Manifesto, evidenzia i dati del grande balzo del Brasile grazie a Lula e Rousseff, con una composizione sociale fatta di 50% di classi medie impegnate soprattutto nei servizi, 27% di poveri in senso lato, 20% di ricchi e 3% di inclassificabili. Importanti investimenti sono stati fatti pure in tecnologia, ricerca e innovazione. Ma proprio quei risultati positivi hanno provocato nuovi problemi incrinando quello che sembrava un modello vincente. Mentre la destra liberista, molto potente in Brasile, faceva il suo mestiere usando la vulnerabilità del Pt, Lula e Rousseff hanno sottovalutato il virus che stava infettando il partito. Il potere, a volte può diventare una malattia che rende ciechi. Dopo gli anni dei successi politici e sociali, sono tornati i problemi di sempre del Brasile: debolezza dei partiti e della democrazia, nuova classe media non rappresentata, destra sempre in agguato che gioca sulle insoddisfazioni e sulle promesse facili, economia dipendente dall’esterno facili occasioni di guadagno. La destra ha colto l’occasione per prendersi le rivincite. La sinistra dovrà cercare di ricostruirsi intorno alla difesa di Lula e Rousseff. Lo stesso sta accadendo in Argentina e Cile, dopo le presidenze di Cristina Kirchner e Michelle Bachelet.

Angela Nocioni in “Il patibolo di Lula”, un’intera pagina de Il Foglio, mette in rilievo alcuni punti finora nodali, come ad esempio: solo indizi, non una prova per la condanna dell’ex presidente. (…) Giusto così per il suo giudice, che si ispira a Mani Pulite ed è già eroe popolare. Si è creata una nuova figura giuridica: il reato di attribuzione, capace di configurare poi quelli di corruzione e riciclaggio.(…) L’appartamento di cui si favoleggia è in realtà in una brutta zona, davanti a un mare orrendo. E non è stato mai abitato. (…). Chi denuncia la violazione del diritto alla difesa passa per un pericoloso agente dei ladri. Dubbi di ordine costituzionale sull’arresto e soprattutto sulla norma che consente di non attendere il terzo grado di giudizio.

Paolo Mieli in “La sinistra e i diritti degli amici”, su Il Corriere della Sera, prende di mira un documento firmato da politici (tra cui Romano Prodi)  e sindacalisti italiani a difesa dell’ex-presidente del Brasile, sottolineando che tra le righe emerge una convinzione di certezza sull’inconsistenza delle prove a suo carico. Così conclude l’editoriale. Avranno sostenuto anche, Prodi e gli altri, che la solidarietà di appartenenza non dovrebbe modificare il giudizio, neanche nel caso in cui un atto giudiziario modifichi i termini della competizione politica (ciò che qui da noi è capitato più di una volta). E cosa è cambiato adesso? Quando tocca a uno dei «nostri» valgono criteri diversi? Quel manifesto, diciamolo, sarebbe stato un atto davvero rilevante se, invece che essere stato steso a favore di una personalità della propria «famiglia», fosse stato redatto per difendere i diritti di un politico del campo avverso. In questo caso, apporre quella firma, sarebbe stato un modo per dimostrare che, per gli autorevolissimi sottoscrittori, i principi valgono più di ogni spirito familistico di appartenenza. Sarà per un’altra volta.

Luciana Castellina, editoriale su Il Manifesto, in “La colpa di Lula? Aver reso possibile un altro mondo” non ha dubbi e scrive “Solo la popolarità dell'ex presidente spiega la ragione di un accanimento giudiziario che non ha precedenti e ha portato a un processo impensabile in qualsiasi paese democratico (..) e cita alcuni messaggi. Il più bello da Belo Horizonte, del cantastorie Erton Gustavo Prado: «Fine corsa per lei, ex presidente alejado (dalle dita amputate), non è a causa dei tre appartamenti che lei sarà condannato. È a causa della sua audacia nell’aiutare i ragazzi a diventare avvocati, nel contribuire all’ascensione del nero della favela che oggi crede di poter studiare medicina, uscire dalla miseria e perfino di conoscere la Cappella Sistina. Fine corsa per lei ex presidente stupido: lei viene condannato non per aver rubato, perché questo non è stato provato. Il suo sbaglio è stato essere storia e fare storia sulla dimensione del Brasile – l’80 % di approvazione popolare – per aver creduto nell’uguaglianza, per aver saputo governare. Fine corsa per lei ex presidente».

Giuseppe Bizzari in Perché Lula è condannato, su Il Fatto Quotidiano, riassume imputazioni e sentenza.

Per i critici e per i sostenitori di Lula ricordiamo il suo ottimismo e la sua speranza. Il suo slogan in carovana per il Brasile è stato: “Se mi arrestano divento un eroe, se mi ucci­dono mi trasformo in un martire e se mi fanno uscire torno a essere eletto presidente”.

Sulla eleggibilità dell'ex presidente dovrà comunque pronunciarsi il tribunale elettorale. Intanto è stato creato il Comitato internazionale di solidarietà al presidente Lula e per la democrazia in Brasile, che intende promuovere diverse iniziative per attivare un' intensa solidarietà verrso il popolo brasiliano nella difesa della democrazia e dello Stato di diritto. Una delle iniziative già in corso è il manifesto «Elezione senza Lula è frode», che ha raggiunto oltre 250.000 firme. Così informa il web de Il Sole 24ore

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Allegato:
difendo_lula_e_dilma_non_la_loro_cecita_garzia_manifesto.doc
il_patibolo_di_lula_nocioni_il_foglio.doc
la_sinistra_e_i_diritti_degli_amici_mieli_corsera.doc
la_colpa_di_lula_aver_reso_possibile_un_altro_mondo_castellina.doc
perche_lula_e_stato_condannato_bizzarri_fq.pdf

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